“Il diavolo riposi le tua ossa”, mormora tra i denti Ludovico, e subito dopo riprese:
“Ebbene, tostoch`i giunge l’
E quinci si partiva sdegnoso; ma appena fu in lui un poco queto quel primo impeto d’ira, ripensando come il Ferruccio, avendo tolto l’arduo incarico di ripristinare l’onore della milizia italiana, doveva mostrarsi zelantissimo della disciplina, e il danno poco ed incerto che poteva derivare dal soverchio rigore non era da paragonarsi a gran pezza al danno immenso e sicuro che sarebbe nato dalla troppa rilassatezza, – concluse, siccome gli avveniva il pi`u delle volte, di dar torto a s'e, ragione al Ferruccio.
Si ridusse ai quartieri – apre la porta rimasta socchiusa, penetra nella stanza e vede Annalena e il padre di lei seduti davanti al focolare e cos`i sprofondati nelle proprie meditazioni che non si accorsero della sua presenza, presa pertanto una scranna, lui si pose dall’altro lato del focolare di faccia a Lena.
Lucantonio all’improvviso, senza muovere ad atto alcuno le membra, senza quasi agitare le labbra, come se la voce partisse da precordii di pietra, in suono roco parl`o:
“Annalena…, voi cesserete d’ora in poi di chiamarmi padre… Perch'e… Perch'e voi non siete mia… figlia…”
Pass`o forse mezza ora di tempo, a capo della quale Lucantonio, ma questa volta con voce tremula, che l’umanit`a tornava a soperchiare sul cuore del vecchio, riprende:
“E mi era cos`i dolce sentirmi chiamar padre…! e da te, Lena! ed ora mi chiamerai Lucantonio senz’altro, Perch'e non mi sei figlia”.
La passione gitt`o gli argini; scoppi`o da’ suoi occhi irrefrenato il pianto; strinse con impeto convulso tra le sue braccia Annalena, ed Annalena lui: pareva ambedue s’ingegnassero mantenere a forza di amore quanto avesse potuto perdere per natura il vincolo che da tanti anni gli univa.
“Ahim'e!” – riprese il vecchio ponendo una mano sopra la fronte alla fanciulla, “questo tuo capo innocente non seppe immaginare il male neppure all’insetto che ti pungeva, ed ora dovr`a contenere il germe dell’odio ch’io vi semino dentro… Dio voglia che rimanga senza frutto! D’ora in poi, quando camminerai tra i campi nel bel mese di maggio, i fiori non avranno pi`u profumi per te, non pi`u canto gli uccelli, non pi`u sorriso la natura: occuper`a l’anima intera una tremenda contemplazione di misfatti; i tuoi sogni verginali cesseranno, atroci fantasmi ti sveglieranno nella notte, e tu stenderai paurosa la mano sul guanciale, Perch'e nel sogno ti sar`a apparso temperato di sangue: ascoltami, io ti racconto una storia funesta; tu la crederai appena, tanto ella `e truce; io la vidi con questi occhi, con questo cuore io la sentii, e forse non ti rendo con le parole la millesima parte del vero. E Lucantonio riprese: Quel uomo che avete veduto, or non `e guari, cadavere miserabile sotto le zampe del mio, era Naldo Monaldeschi, traditore e omicida dei tuoi genitori e della mia famiglia, Annalena. Tu nasci dei Tosinghi e sei di Prato; io nacqui in Casa di tuo padre; a lui per fortuna sarei stato famiglio, ma l’amore ammendando i torti della fortuna ci volle fratelli, imperciocch'e mor`i nascendo lui la madre sua, noi bevemmo la vita dal medesimo seno, e le nostre braccia s’intrecciarono da pargoli sopra un medesimo collo”.
Vico, Annalena e Lucantonio si strinsero in un solo abbracciamento e proruppero in grido doloroso. Annalena giunse le mani e alzandole al cielo diceva:
“O Signore, io sperava tu mi avessi conceduto la vista della mia genitrice”.
…I giovani stavano per consolare Lucantonio, quando furono trattenuti da un secondo colpo pi`u fortemente bussato.
Capitolo Ventesimoquinto
Volterra
Era Francesco Ferruccio. Lui s’inoltr`o con passi gravi, e in sembiante severo; ma quando vide la fanciulla atteggiata di dolore, quasi statuetta che un bel pensiero di artista abbia posto sul sepolcro di un primogenito o di sposa nuovamente divelta dalle braccia – forse dal cuore – dell’amato consorte quando dal volto di Vico e di Lucantonio conobbe l’angoscia esser passata col`a, di severo divenne mesto ed appoggi`o il gomito destro sul pomo dello spadone, sopra la mano la faccia. E dopo alcun tratto di tempo incominci`o:
“Ludovico, io sono venuto a dirvi addio. Prima che nasca il sole, mi `i forza partire in servizio della Repubblica per impresa piena di pericolo e di gloria. I giorni dell’uomo sono uguali ai passi del viandante, – i giorni del soldato trovano appena paragone nei passi del cavallo che fugge”.
Ludovico alz`o gli occhi attonito e rispose:
“Perch'e rimango io?”
“Per ordine dei signori Dieci consegner`o” la terra al nuovo commissario Andrea Giugni…”