…Cominciato l’assalto di Volterra: il Ferruccio con la sua mente pens`o quell’assalto e con le sue mani lo vinse; preso da furore, cominci`o da ferire quanti tra i suoi mostravano vilt`a, e fatta una testa di cavalleggieri armati a piede, si caccia avanti e riesce a capo della Via Nuova. Allora presero a rompere i muri delle case e sforzarsi di entrare; la disperazione da un lato e la speranza presentissima di vincere dall’altro riaccendono la mischia; di qua e di l`a, morti e ferite. Pur finalmente i muri furono rotti, i Ferrucciani si spandono nelle case. Allora comincia una guerra spicciolata su pei tetti, nelle cantine, di stanza in stanza, con molta strage dei soldati e dei cittadini di Volterra. I Ferrucciani, dalla dura resistenza inacerbiti, non serbano pi`u modo, ed agli orrori gi`a tanti aggiungono il fuoco, il quale apprendendosi agli antichi edifizii, come voglioso di primeggiare nella opera della distruzione, in breve ora riduce in cenere quaranta case: le avrebbe distrutte tutte, se all’improvviso squarciandosi il cielo con procella di saette e di tuoni non avesse mandato gi`u un acquazzone, il quale spense il fuoco e le forze degli assalitori spossati dal cammino e da sei ore di affannoso combattimento.
Nel giorno 13 giugno gi`a tre furono gli assalti: il primo con dodici compagnie, il secondo con diciotto, il terzo con venticinque, combatterono dall’alba fino alle 23 ore di sera, e dei nimici morironvi 400, altrettanti i feriti: ai nostri manc`o la munizione di polvere. Il Ferruccio rimase ferito nel secondo, non gi`a nel primo assalto: molti dicono di una sola ferita: il Varchi ne parla in plurale: nella lettera del 6 luglio scritta dai commissari di Volterra ai Dieci, oltre la percossa ricevuta alla batteria, si rammenta la cascata da cavallo: e il Diario dello Incontri riporta del pari di una mala ferita che si fece al ginocchio, per esserglisi abbattuto sotto il cavallo mentre con gran impeto si spingeva ad ammazzare un Volterrano che vide starsene scioperato invece di accorrere ai bastioni: alla quale si aggiunse la febbre: e si fe’ portare dove si combatteva per essere veduto dai soldati. Questo secondo assalto incominci`o il 21 giugno, un’ora prima del giorno; dopo 500 cannonate che atterrarono in pi`u parti le mura riparate con botti, materasse e terra, alle ore 20 salirono all’assalto: tre volte si spinsero su la breccia, e tre furono respinti cos`i duramente che dopo quattro ore si dettero alla fuga lasciando sul campo 800 tra morti e feriti. Quando l’esercito imperiale si part`i con tanta vergogna, i Ferrucciani gli corsero dietro menando rumore con teglie, padelle e corni, dicendogli villania. Fabrizio aveva tratto seco 500 fanti e 5000 cavalli: il marchese 4000 fanti: bagaglioni e marraioli non si contano.
Capitolo Ventesimonono
La battaglia della Gavinana
I Dieci, pressurati dal popolo, il quale, non trovando pi`u sozzure e schifezze da cibare, urlava con l’urlo della fame, scrissero al Ferruccio che per amore di Dio si avacciasse; che se non poteva andare lui, spedisse ad ogni modo tutta quella gente preponendole Giovanbatista Corsini detto lo Sporcaccino, o quale altro gli paresse pi`u idoneo; nel qual caso davano a colui che mandasse la medesima autorit`a. Presentata questa lettera al Ferruccio, dopo averla letta e poi ripiegata, tenendola in mano, la prese da un lato co’ denti dicendo:
“
Senz’altro indugio il Ferruccio si pose in via, lasciata Pisa il 1 agosto 1530 e movendo per la Valdinievole: chiesta e non ottenuta dai Pesciatini la vettovaglia, fatto mostra di prendere la via maestra e piana, prevalendosi dell’oscurit`a della notte, tralascia l’agevole sentiero e si getta tra i monti che gli sorgono a mano dritta nelle vicinanze di Collodi. Diventando la notte pi`u nera, ed essendo ormai pervenuto a Medicina, castello del contado lucchese, gli parve di qui rimanersi, tanto pi`u che in questo luogo aveva dato ritrovo a certi capi di parte cancelliera, per propria prestanza e pi`u per le molte parentele ed amicizie a sostenere le cose della Repubblica pericolante adattissimi.
“Voi non dite la verit`a. Lasciate l’uomo arbitro di giudicare i casi secondo i quali deve o no mantenere la fede, ed lui vi prover`a ch’ebbe sempre ragione. Rispondete, vi prego, messere commessario, alla mia domanda; che fareste voi?”
“Io! – manterrei la fede data e mi romperei il cuore”.
“Ed io serber`o la fede, e, senza pure rivedere la faccia de’ miei in questa stessa notte, con le armi ed il danaro che mi trovo addosso, me ne vado in Ungheria per combattere contro il Turco e spendere la vita in favore della cristianit`a”.