Ardono in terra alcune lampade, le quali quando il sole illumina il nostro emisfero partoriscono effetto sempre solenne nell’uomo, imperciocché accennino la presenza della morte – o Dio.
La morte con la mano grave chiudeva gli occhi al Ferruccio, ma l’animoso, sforzandosi scoterne il peso, avventava la pupilla coruscante a modo di baleno verso il balcone. Allora il Ferruccio non contese più oltre la potenza della morte, lasciò abbassata la palpebra e sospirò con mestissimo accento:
“È caduto! È caduto!”
All’improvviso le porte sfasciate si disfanno, irrompe il nemico nelle sale del castello. Di stanza propagato in istanza, ecco percuote le orecchie del nemico una cantilena di sacre preci, un singhiozzare sommesso; un suono di pianto, siccome avviene nelle case che sta per visitare la morte. Entrarono e videro l’agonia del campione della Repubblica, o piuttosto dell’ultimo fra i grandi Italiani.
Ciò dicendo mosse per aggiungere alle parole l’esempio e già stendeva le mani su quelle sacre membra, quando Vico Machiavelli saltando all’improvviso in piedi lo respinse lontano, poi levatasi la destra dalla ferita strinse la spada ottusa nel taglio, troncata nella punta, e l’alzò per percuoterlo. Ahimé! Il sangue spiccia a zampilli fuori della ferita, lui vacilla com’ebbro e, dopo alcuni vani conati per sostenersi, stramazza duramente per terra. Annalena gittando un urlo disperato abbandona il capo del Ferruccio e si protende smaniosa sul corpo del marito.
Dirimpetto alla chiesa della Gavinana sorge una casa, una volta Battistini, oggi appartenente ai Traversari. La porta principale essendo elevata assai dal terreno, vi si salisce mediante una scala a due branche che lasciano uno spazio di alquante braccia quadrate davanti la porta.
Qui sta Maramaldo volgendo di tratto in tratto lo sguardo verso la porta Apiciana per vedere e il Ferruccio giungesse. Finalmente l’empia voglia gli rimase soddisfatta; si apre la folla, e il Ferruccio, tratto a vituperio con ineffabile angoscia sopra i bastoni delle picche, si avvicina alla casa Battistini.
Maramaldo con subito alternare diventa in volto bianco e vermiglio. Glielo distesero ai piedi, e lui stette lungo tempo a guardarlo senza potere profferire parola, poi cominciò tra lo scherno e la rampogna:
“Infelice! Vedi a che ti ha ridotto il folle pensiero di resistere alle armi di sua maestà Carlo V imperatore e re, e del Beatissimo Padre? Vedi, sconsigliato, come in mala ora lasciavi il fondaco? Credevi forse che il combattere battaglia fosse così agevole che misurare panni? Stolto!
Tu hai senza scopo empito i sepolcri di tuoi concittadini. Tu, alla vanità che ti rode compiacendo, hai sagrificato migliaia di uomini. Dio ti ha riprovato, Dio ti confonde ai miei piedi; io potrei calpestarti, e tu lo meriteresti; ma rispetto in te il segno del cristiano e ti risparmio. Il Signore nella sua misericordia ti concede spazio sufficiente di vita per riparare ai tuoi falli; adempi al comando dell’Eterno e chiedi pubblica perdonanza all’imperatore…”
E questi vedendoselo ormai venire addosso, lo guarda in volto e sorridendo gli dice:
“Tu tremi! Ecco… tu ammazzi un uomo morto”.
E il ferro dell’assassino penetrò fino al manico nell’intemerato petto del prode Ferruccio. La bandiera nemica serve di lenzuolo funerario al Ferruccio… Lui lo vede… esulta e spira l’anima immortale.
Epilogo
La donna fuggendo e il vecchio inseguendo scorrono in piano di Doccia, rivedono la fonte dei Gorghi, il rivo delle Catinelle, si accostano a Gavinana, piegando a destra lungo le mura, e finalmente ansanti si fermano nel bosco delle Vergini a piì di un castagno. In verità uno dei più belli che crescano in quel campo, dove ne vegetano dei bellissimi, e nel suo tronco, ad arte scortecciato, mostrava una croce.
Cadendovi davanti genuflessa, appoggiandovi le mani una sopra l’altra, e su le mani declinando la testa, stette la donna immobile, bianca e, dove il palpito del seno non l’avesse dimostrata viva, uguale in tutto a statua di marmo.
E il vecchio le veniva accanto piegando anch’egli i ginocchi e, come lei, le mani e il capo appoggiando al tronco del castagno, senza parlarle, senza consolarla, senza pure toccarla; i suoi dolori erano di quelli che per parole non si placano; soltanto piangeva.
Immemore dapprima di ogni cosa terrena, la derelitta per quel pianto incessante si sentiva a mano a mano, dai truci fantasmi della immaginazione chiamata agli affanni della vita; allora si accorgeva del vecchio, che le plorava a canto e le si abbandonava nelle braccia, con le sue guancie premeva le guancie di lui, e confondevano insieme l’alito, i sospiri, le lagrime. Quanta inenarrabile angoscia aveva accumulato il Signore sul capo di quelle due creature!