Il problema era che nessuno poteva restarsene tranquillamente seduto a guardare un film, qualunque esso fosse, pensò Beth poco dopo. Si erano subito messi a discutere se vedere
Quando i Beatles cominciarono a cantare Maddie uscì nuovamente. «Tenetemi il posto» disse a voce alta. «Torno tra un po’. Magari nel frattempo quei quattro si saranno dati una calmata. Non sapevo che fossero dei cartoni animati!»
Uscendo, Maddie udì Laura dire qualcosa che non riuscì a comprendere, sicuramente qualcosa di maligno o sgradevole. Maddie era stufa, stufa di tutti loro, di quello stupido gioco, delle scenate di Gary e del cattivo umore di Bruce. Era sólo stanca, pensò. Forse stava invecchiando. Era solita stare alzata quanto chiunque altro, bere quanto chiunque altro, divertirsi, ridere, scherzare. Ma quello era un fine settimana orribile, e lei si sentiva semplicemente stanca. Aspettò l’ascensore. Si sarebbe andata a sdraiare un pochino, si sarebbe riposata. Era troppo presto per andare a dormire, ma riposare un po’ le avrebbe fatto bene. La porta si aprì silenziosamente e Maddie si fermò.
«Per amor del cielo!» disse. Quel dannalo gioco! Quel maledetto gioco! Rich Schoen era sdraiato sul pavimento dell’ascensore e questo era troppo, davvero troppo. «Rich, alzati. Smettila.» Poi capì. Con una certa esitazione fece un passo indietro, poi un altro, e incominciò a gridare senza riuscire a fermarsi.
Accaddero troppe cose perché Beth riuscisse a coglierle tutte. Avrebbe voluto spiegare a chiunque che non poteva essere morto. Quella cosa sulla testa era un sacchetto di rete aperto, non poteva essere pericoloso. Quando Milton disse a tutti di andare in soggiorno e di restarci e nessuno fece discussioni, Beth pensò che questo avrebbe reso furioso Gary. Non sopportava che altri dessero ordini, quella era una prerogativa sua e di nessun altro. Bruce accompagnò Maddie in camera perché non la smetteva più di gridare. Era una reazione assurda perché era un gioco, pensò Beth, solo un gioco. Rich stava partecipando al gioco. Poi qualcuno la scosse leggermente e i suoi occhi misero a fuoco il volto di Jake.
«Fatti coraggio» disse. «Cerca solo di farti coraggio, d’accordo?»
Beth annuì e subito si sentì meglio. Il viso di Jake era grinzoso, con rughe profonde che gli solcavano i lati delle guance come un’incisione su legno, pensò, come se avesse indossato una maschera. «Pensi ci sia qualcosa che dovremmo fare?» domandò infine Beth. «Per esempio chiamare la polizia, un’ambulanza? Dove sono gli altri?»
«Milton li sta cercando. Ha già chiamato l’ufficio dello sceriffo. Puoi aiutarmi a preparare del caffè? Temo che ci aspetti una notte piuttosto lunga.»
Beth annuì. Laura era seduta su uno dei divani e sembrava uno zombi. Con lei c’erano anche Bruce e Harry.
«Stiamo andando a fare del caffè» disse loro Jake. «Milton vuole che aspettiamo tutti qui. Lo porteremo in soggiorno quando sarà pronto.»
Milton Sweetwater era il legale della società, pensò distrattamente Beth, una sorta di Perry Mason che aveva preso in mano la situazione. Beth seguì Jake fuori dalla stanza. Ma avevano appena cominciato a cercare il caffè quando Milton comparve sulla soglia e chiese loro di tornare in soggiorno.
«Non riusciamo a trovare Gary» spiegò. Era pallido e talmente adombrato da dare a Beth l’impressione che anche lui indossasse una maschera. Tutti loro indossavano delle maschere, pensò quasi con ferocia. «Mettiti al computer e apri la sua stanza» ordinò Milton ad Alexander.
Alexander Randall affrontò Milton mangiandosi nervosamente le unghie. «Mi ucciderà se toglierò la protezione alla sua porta» protestò.