L’unico che non si fece vedere fu Benares. Dodi disse che aveva fatto più di una sfuriata ad Aires, ma Sennar non ci badò. Aveva superato una tempesta terribile, poteva tener testa a un fidanzato geloso.
Quando si sentì più in forze, il mago decise che era ora di riprendere quel che aveva interrotto. Si alzò e si affacciò sul ponte. Le Vanerie lo aspettavano.
L’isola dove avevano attraccato era ammantata da foreste rigogliose. C’era un unico grande villaggio, abbarbicato sulle pendici del vulcano spento che si ergeva al centro dell’isola. Sennar aveva viaggiato molto, ma non aveva mai visto un luogo simile. Al centro dell’abitato c’era una torre che assomigliava a quelle della Terra del Vento, mentre il palazzo del governatore era massiccio e decorato come si usava nella Terra del Sole. Una parte del villaggio, inoltre, si allungava fino a un piccolo lago, dal quale spuntavano le stesse palafitte dei paesi della Terra dell’Acqua. Verso la cima del vulcano, invece, si apriva una serie di costruzioni scavate nella roccia.
Nel complesso il villaggio sembrava un mosaico, eppure aveva una sua grazia. Girare per le sue stradine era come fare un rapidissimo viaggio attraverso il Mondo Emerso. La popolazione era eterogenea quanto le abitazioni, le razze più svariate convivevano senza alcun problema. L’equilibrio raggiunto dalle varie etnie pareva perfetto e imperturbabile.
Sennar era in cerca di notizie. Aveva bisogno di tutto l’aiuto possibile per terminare il suo viaggio.
Fu Rool a indirizzarlo verso una persona che potesse dargli le risposte che voleva. Lo portò in una locanda e l’oste indicò loro la casa di Moni, la donna più anziana delle Vanerie.
Sennar si aspettava una vecchietta decrepita e con la mente offuscata, invece si trovò di fronte una donna con la pelle dorata e liscia come quella di un bambino, e perfettamente in sé. Solo una larga striatura di capelli bianchi denunciava l’età avanzata.
La donna li fece accomodare a un tavolo all’ombra di un pergolato, sul retro della piccola casa di pietra. La sua espressione dolce piacque subito a Sennar.
«E così è questo il giovane che vuole morire» esordì Moni, mentre prendeva una mano di Sennar tra le proprie.
Parlava una lingua comprensibile al mago, ma con un accento che apparteneva al passato. Il modo in cui pronunciava le parole e il ritmo che imprimeva alle frasi ricordarono a Sennar le antiche ballate che i cantastorie intonavano nei giorni di festa. Era la lingua del Mondo Emerso, ma di due secoli prima.
«Io non voglio morire. Ho solo una missione da compiere» rispose Sennar imbarazzato.
La donna sorrise. «Lo so. Lo vedo. Il tuo cuore è limpido, giovane mago.»
«Come sai che sono un mago?»
La donna gli lasciò la mano. «Ho il dono della veggenza. O forse dovrei dire la condanna. Da che ho memoria, mi dischiude le porte del tempo e dello spazio, mi svela a suo piacimento brandelli del futuro e del passato.» Moni si sporse verso Sennar e lo guardò intensamente. «Quando arrivammo qui, trecento anni fa, i nostri occhi erano ancora pieni degli orrori a cui avevamo dovuto assistere. Ma ci guidava la speranza.»
«Eravate tra quelli che abbandonarono il Mondo Emerso?» chiese Sennar stupito.
«Noi
Moni fece una lunga pausa. Nei suoi occhi, grigi come la pietra della casa in cui viveva, brillavano pagliuzze dorate. Sennar e Rool attesero in silenzio che ricominciasse.