Читаем La missione di Sennar полностью

Il passaggio era stretto e, nonostante la ragazza fosse di corporatura minuta, in molti punti ebbe difficoltà a procedere. Mancava l’aria e quella poca che c’era puzzava di muffa e di marcio. Nihal continuò ad avanzare alla cieca, le mani che scivolavano sul muschio, tra le pareti infestate da insetti e lombrichi. Si aspettava da un momento all’altro uno sbarramento di roccia che la costringesse a tornare in superficie, ma non lo trovò. La discesa proseguì, lunga e disagevole. Nihal seguitò a strisciare sul ventre, aiutandosi con le ginocchia e i gomiti, finché non vide in lontananza un vago chiarore. Procedette con più cautela. Se davvero il cunicolo conduceva al covo, doveva assolutamente evitare di farsi scoprire.

In fondo al pozzo trovò una stretta fessura da cui filtrava una lama di luce, che tagliava l’oscurità. Si avvicinò. La parete era sottile. Probabilmente sarebbe bastata una spallata a farla crollare.

Nihal sbirciò attraverso il buco e il suo cuore ebbe un tuffo. Poche braccia sotto di lei c’era Laio, legato, seduto sopra un pagliericcio di fortuna. Era lacero e sporco, ma sui suoi abiti non si vedevano macchie di sangue. Nonostante il pallore e il viso tirato, sembrava stesse bene. Nihal ebbe l’impulso di buttare giù quella maledetta parete e correre a salvarlo, infischiandosene della strategia e dei piani. Strinse gli occhi. Non mandare tutto all’aria come al solito! Quando fu più calma, guardò di nuovo.

La caverna era un ambiente piuttosto vasto, delimitato da alte pareti di roccia. Era una cavità pressappoco circolare, con un diametro di almeno una ventina di braccia. Quattro torce incuneate in altrettante nicchie mandavano riverberi rossastri. C’erano giacigli improvvisati lungo le pareti e in un angolo la roccia era stata scavata per far posto a un rudimentale focolare. Vide anche il ladro ferito; era steso su una branda e aveva una gamba fasciata. Oltre a lui c’erano cinque uomini, gli altri dovevano essere nell’ambiente accanto. A meno che non ci fosse una seconda entrata che le era sfuggita. Nihal imprecò tra sé. Una volta risalita, le sarebbe toccato continuare a strisciare come un verme in tutti i pertugi che non aveva ancora perlustrato.

Studiò i ladri. Nulla di particolare: un gruppo di persone nerborute e con le facce truci. Non sono soldati addestrati. Ce la posso fare.

Il ritorno in superficie richiese tempo e pazienza. Non c’era spazio a sufficienza per girarsi e Nihal fu costretta a rifare il percorso strisciando all’indietro. Si sbucciò le ginocchia e i gomiti e quando infine rivide la luce, le sembrò di nascere di nuovo. L’aria le parve quasi profumata.

Fino al calare del sole non fece altro che scendere e salire per cunicoli più o meno stretti, finché non fu certa che non vi fossero altri ingressi alla caverna.

Quando finalmente tornò ai piedi dell’erta, la notte era calata da un pezzo. Era esausta. Divorò con avidità le provviste che il vecchio le aveva lasciato e si stese a riposare tra le fronde di un’ampia quercia. Si sforzò di pensare alla strategia migliore per salvare Laio, ma la stanchezza ebbe il sopravvento, i pensieri si ingarbugliarono per sentieri sempre più astrusi e il sonno la avvolse.


Si svegliò e il primo sole del mattino le ferì gli occhi.

Scese rapida dall’albero e, come il giorno precedente, tuffò la testa nell’acqua. Era gelida ma piacevole. Niente di meglio per svegliarsi.

Passò l’intera giornata a preparare trappole. Non era una cosa che le avessero insegnato all’Accademia; là si parlava solo di guerra e tattiche così vili, da ladri, non venivano nemmeno contemplate. Aveva imparato quell’arte da piccola. Era stato Barod, un ragazzo della sua banda, a insegnargliela; avevano catturato parecchi uccelli con le loro trappole. In seguito Ido le aveva spiegato come applicare quelle tecniche alla guerriglia. Da vero guerriero, lo gnomo non trascurava alcun mezzo per giungere alla vittoria. “L’onore sta altrove, non nelle tattiche che si adottano” diceva.

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