«Ascolta, Ondine. Non credo che sia il...»
La ragazza lo interruppe posandogli un dito sulle labbra. «Ti ho salvato la vita, consigliere. Ho qualche diritto su di te.»
Dopo aver mangiato ciò che Ondine aveva portato nel cestino, si misero in cerca di un posto dove dormire. La ragazza cedette a Sennar il suo mantello e lo aiutò a coprire il più possibile il viso e i capelli, quindi si avviarono verso una locanda.
L’uomo che li accolse fece loro mille domande e trattò Ondine con scortesia, ma lei non sembrò farci caso.
«Abbiamo solo una stanza libera» disse infine il locandiere.
Ondine non si scompose. «Va bene, la prendiamo.»
A Sennar l’idea di passare la notte con Ondine risvegliò pensieri poco consoni alla situazione. Si rimproverò tra sé.
Quando varcarono la soglia, però, a Sennar prese un colpo: nella stanza troneggiava un unico grande letto. «Non ti preoccupare» balbettò. «Io starò per terra.»
La ragazza lo guardò di sottecchi. «Sì, certo. Come vuoi.»
13
Salvataggio.
Si mossero con il buio. A Nihal non parve una scelta saggia. Certo, così erano protetti dall’oscurità, però la notte è un’arma a doppio taglio. Non ti possono vedere, ma neppure tu puoi distinguere con chiarezza il nemico. Tutti gli attacchi che Nihal aveva subito erano avvenuti di notte.
«Non era meglio aspettare l’alba?» chiese alla schiena del vecchio che, davanti a lei, sgusciava rapida tra cespugli e alberi.
«No, è meglio così» sussurrò lui.
I suoi piedi nudi non facevano rumore sull’erba. Si sentiva solo, di tanto in tanto, il tintinnare lento e inquietante delle catene. Sembrava che quel bosco gli appartenesse. Per muoversi con tanta sicurezza doveva conoscerne ogni palmo.
Nihal invece procedeva a fatica. I suoi occhi erano allenati all’oscurità, ma la macchia era fitta e quell’intrico di piante metteva a dura prova la sua agilità.
Non impiegarono molto a raggiungere il luogo che cercavano. Sbucarono dal folto e davanti a loro, in lontananza, apparve un alto costone di roccia punteggiato qua e là dai ricami dell’edera. La base della parete sprofondava fra cespugli e alberelli. Sembrava completamente liscia.
Sulle prime Nihal non vide nulla. «Allora?»
«Là.» Il dito rinsecchito del vecchio indicò un punto.
Alla luce della luna si intravedeva una minuscola apertura dietro uno dei tanti arbusti. Il covo dei briganti. Neppure un occhio attento sarebbe riuscito a distinguerne l’ingresso.
«Non sembra, ma la caverna è molto grande, due ambienti spaziosi collegati tra loro» bisbigliò il vecchio. «Nascosta tra le frasche c’è una sentinella. Di notte fanno turni di due ore, di giorno invece l’entrata è quasi sempre sguarnita.»
Nihal fu stupita dalla quantità di informazioni di cui disponeva il vecchio.
Doveva conoscere bene i briganti. Quell’uomo era davvero un mistero.
«Quanti sono?» chiese la ragazza.
«Erano in dieci, ma due sono morti; un altro è ferito e non esce mai.»
Restarono in silenzio per qualche minuto, poi il vecchio contemplò il cielo e si alzò. Sembrava aver fretta di andarsene. «Questo è tutto» disse. «Non c’è altro che possa fare per te.»
Anche Nihal si alzò. «Grazie. Per avermi salvata e per i tuoi consigli. Spero di potermi sdebitare, un giorno.»
Il vecchio scrollò le spalle. «Chissà. Forse quando le nostre strade si incroceranno di nuovo. Fino allora, buona fortuna.» Un attimo dopo era scomparso tra i cespugli.
Nihal osservò l’apertura del covo, la mano stretta sull’elsa della spada. I giorni di attesa nella caverna l’avevano sfibrata. Era preoccupata per Laio e si ripeteva che doveva agire il più presto possibile, ma la superiorità numerica dei briganti la frenava.
La lama nera stridette mentre usciva piano dal fodero. Il rumore incrinò la quiete della notte e Nihal si bloccò. Nessun movimento, né nelle sue vicinanze né dinanzi alla caverna. Ma lì c’era qualcuno in attesa, la ragazza lo sentiva: un uomo all’erta e pronto a combattere. Restò immobile per qualche istante, la spada ancora a metà nel fodero.
Nihal si strofinò il viso con le mani. Detestava l’attesa e più ancora la tattica.