Fu la forza della disperazione ad aiutarli a portare la botte sotto il pertugio. Tossivano entrambi, senza riuscire a fermarsi. Nihal prese l’orcio con l’acqua, lo svuotò per metà addosso all’amico e il resto su se stessa. Laio aveva gli occhi rossi e respirava a fatica.
«Premiti quel fazzoletto sulla bocca e non ti muovere. Hai capito?»
Laio annuì.
Nihal tornò nella dispensa e svuotò un grosso forziere. Gettò a terra candelabri, pile di piatti d’oro, bracciate di monili, finché non vi rimase nulla. Quindi lo trascinò nell’altra sala. Fece cenno a Laio di aiutarla a issarlo sopra la botte.
Ora non restava che la parte più complicata.
Nihal si voltò verso Laio. «Dobbiamo uscire da dove sono entrata. È stretto e non ci sarà molta aria, ma non spaventarti, d’accordo? Possiamo farcela. Tu vai avanti, io ti seguo. Tira dritto e non voltarti indietro, chiaro?»
Laio annuì, il petto che si alzava e si abbassava alla ricerca d’aria; si arrampicò su quel rialzo improvvisato.
Era un’impresa disperata. Il cunicolo era lungo e sarebbe stato soffocante. Le possibilità di arrivare all’estremità opposta sani e salvi erano poche.
«Prendi un bel respiro e vai verso l’alto più rapido che puoi!» urlò Nihal, quando vide che Laio era arrivato all’imboccatura.
Il ragazzo obbedì e in un lampo fu inghiottito dalle tenebre.
Nihal si inerpicò su per la botte e si infilò a sua volta nel condotto.
Appena entrata le mancò il fiato. All’odore di muffa si era aggiunta la puzza acre del fumo. Le pareti erano bollenti e sembravano stringersi sui due fuggiaschi come una membrana molle e viva. I loro corpi impedivano al fumo di uscire e dall’alto filtrava poca aria pulita.
Laio avanzava lento.
«C’è aria fresca, la senti? Non manca tanto» cercava di spronarlo Nihal, ma la verità era che erano circondati da un lezzo di morte e da tenebre impenetrabili.
Schiacciata dal corpo di Laio, Nihal si sentiva soffocare. Il fumo filtrava attraverso ogni interstizio, saliva avvolto in spire, in cerca come loro di una via di fuga.
«Non ce la faccio» ansimò Laio. Si fermò.
«Sì che ce la fai!» urlò Nihal, con una voce così roca che non la riconobbe. Tossì. Un sudore appiccicoso e rovente la ricopriva da capo a piedi. «Avanti!» disse ancora. «Ci sono io qui sotto a sorreggerti, appoggiati a me se sei stanco, ma non ti fermare!»
Laio si fece forza e riprese a strisciare. Nihal sentiva il suo respiro affannoso e lo sospingeva in avanti con una mano. Aveva i polmoni in fiamme, le girava la testa e la voce dell’amico le risuonava nelle orecchie come una nenia: «Non ce la faccio... non ce la faccio...». Nihal sentì esplodere la rabbia. «Smettila con questa lagna!» sbottò. «Hai fatto tutta questa strada per morire come un sorcio? Muoviti!»
Laio accelerò il passo e le sue parole si spensero nel ritmo sempre più affannato del suo respiro. Nihal, dietro di lui, perse lentamente coscienza di sé e continuò a issarsi senza più capire dove fosse.
L’aria arrivò improvvisa. Fresca, tanta. Troppa.
Nihal si sentì cadere. Una mano esile l’afferrò.
Entrambi ci misero un po’ a riprendersi. Rimasero a lungo ad ansimare stesi sulla roccia, tremando nella brezza della notte, che dopo l’inferno del cunicolo era fredda come il gelo dell’inverno.
Fu Laio a riaversi per primo. Si voltò piano verso l’amica e allungò un braccio fino a toccarle la mano.
«Credevo che fossi morta» mormorò.
Nihal socchiuse gli occhi. Sopra di lei il cielo estivo era pieno di stelle. Strinse forte la mano di Laio.
14
La guerra entra a Zalenia.
I giorni volarono. Dopo i pericoli corsi per mare, a Sennar quel viaggio sembrò una passeggiata. Il paesaggio era incantevole, il cavallo docile e il vitto quanto di meglio potessero avere. E c’era Ondine al suo fianco.
Le donne con cui aveva avuto a che fare fino allora erano state molto diverse da lei. La prima era stata Soana, la sua maestra di magia, bella e altera. In seguito aveva conosciuto altre giovani maghe, ma le aveva trovate tutte fredde e presuntuose; con quella zazzera spettinata e l’aria svagata, Sennar non poteva certo aspirare alla loro amicizia. E poi c’era stata Nihal. Ma Nihal era un’altra cosa. E Sennar non ci voleva pensare.
Da quando aveva dato a Ondine quell’unico bacio, Sennar era confuso. Non era riuscito a impedirle di accompagnarlo nel viaggio, ma dentro di sé sapeva di non averci davvero provato. La sua compagnia era così piacevole, i suoi sorrisi così spensierati, che il mago aveva rinunciato a porsi troppe domande. Dopo diciannove anni di seriosità, gli sembrava di avere diritto a un po’ di leggerezza. Voleva prendersi il tempo di capire che cosa provava per lei. Chissà, forse alla fine di quell’avventura si sarebbe reso conto di esserne innamorato.
Le cose andavano per il meglio, la sua missione era su una buona strada, il Mondo Sommerso era pieno di meraviglie. Perché preoccuparsi?