Читаем La missione di Sennar полностью

Sul banco era esposta una serie di disegni che sembravano rappresentare luoghi immaginari: paesaggi idilliaci, campagne fertili, boschi selvaggi. All’improvviso il mago capì perché quella bancarella l’aveva attirato: in bella mostra c’era un dipinto con una specie di osservatorio e tanti omini intenti a scrivere e a guardare attraverso un enorme cannocchiale. Sennar si avvicinò alla tela e osservò con più attenzione. Ebbe un tuffo al cuore: le figure del quadro erano slanciate, avevano i capelli blu e le orecchie a punta. Mezzelfi.

In quello strano avventore incappucciato il mercante vide profilarsi un affare. «Benvenuto, straniero» disse con voce melliflua. «Ti piace? Sono gli astronomi della Terra dei Giorni. Te lo vendo per poco.»

Sennar non rispose. I suoi pensieri erano lontani mille miglia, persi dietro l’immagine di Nihal. Dov’era? Come stava? Pensava ancora a lui?

«Sennar» mormorò Ondine, sfiorandogli un braccio.

Il mago tornò in sé. «Dove l’hai preso?» chiese al venditore.

Il mercante strizzò l’occhio a Ondine. «Si vede che viene da lontano. L’ho fatto io, straniero! Pelavudd in persona, per servirti.»

«Conosci i mezzelfi?» insistette Sennar.

«E chi non li conosce?»

«Intendo dire, li hai visti?»

«E come? È gente di Sopra. Questo quadro l’ho fatto pensando alle ballate dell’esodo. È un bel dipinto, lo vuoi?» tornò alla carica il mercante, ma Sennar aveva già preso Ondine sottobraccio e si era allontanato.

«Ti piaceva?» chiese la ragazza.

«No, ero solo curioso.»

Nihal. Già, Nihal... Come aveva potuto illudersi?


La sera attesero il conte nella taverna della locanda dove alloggiavano.

«È tardi, Ondine» disse Sennar, quando ebbero finito di cenare. «È meglio che tu vada a dormire.»

«Veramente pensavo di aspettare insieme a te.»

Il mago la guardò con dolcezza. «Non è necessario, davvero. E poi si vede che sei stanca. Vai nella tua stanza, forza.»

Ondine obbedì senza protestare.

Sennar voleva stare solo. Ora tutto gli appariva spietatamente chiaro. Che cosa aveva creduto di fare con Ondine? Non era lei che voleva. Non era lei che popolava i suoi sogni.

Si stava dibattendo tra i sensi di colpa, quando percepì di nuovo la sensazione di minaccia che aveva avuto nel pomeriggio. Si sforzò di non pensare e chiuse gli occhi, poi li riaprì e si concentrò sulle persone che lo circondavano. Iniziò a scartarle a una a una: l’uomo seduto in fondo no, la donna al banco neppure, l’uomo ubriaco al tavolo... D’un tratto la sensazione scomparve. Sennar scattò in piedi, in tempo per vedere il lembo di un mantello nero che scivolava oltre la porta. Si gettò all’inseguimento, ma quando varcò la soglia andò a sbattere contro il conte Varen.

«Avete visto chi è uscito prima di me?» chiese agitato.

«Non ci ho fatto caso» rispose Varen. «Che cosa succede?»

Sennar scosse la testa. «Niente. Venite, rientriamo, ditemi del re.»


Seduto al tavolo più in disparte della taverna, Sennar ascoltava il conte con attenzione.

«Ho parlato con Sua Maestà. È stata una discussione lunga e difficile. Voglio parlarvi in tutta franchezza, consigliere: il re non è ben disposto verso di voi.»

«Non mi aspettavo che lo fosse» disse Sennar. In quel momento gli avrebbe fatto bene un bello Squalo. Ordinò da bere. «Insomma, non vuole vedermi.»

«No, sono riuscito a farvi ottenere un incontro. Sarà domani, nella piazza d’armi del palazzo reale, alla presenza del popolo. Dovrete essere incatenato, perché il re vi teme. E poi...» Il conte esitò. «Se le vostre parole non lo convinceranno, vi mozzerà la testa seduta stante. E lo stesso farà con me.»

Sennar si irrigidì, con il bicchiere a mezz’aria. «Volete dire... che avete messo in gioco la vostra vita per me?»

Varen guardò il mago negli occhi. «Ascoltatemi, Sennar. Quando fui nominato conte ero pieno di sogni. Voi siete come ero io allora. Io non sono riuscito a realizzare i miei. Se riuscirete nel vostro intento, sarà il mio riscatto. Altrimenti... be’, ho vissuto a sufficienza. E nessuno sentirà la mia mancanza.»

Sennar tacque a lungo, confuso. «Io... sono contento che crediate in me. Ma avete una contea da governare, gente la cui vita dipende da voi. Non posso permettere che facciate questo sacrificio.»

«Non lo faccio per voi, consigliere. Lo faccio per me» mormorò il conte. Poi prese il bicchiere di Sennar e lo bevve tutto d’un fiato.


Sennar entrò nella sua stanza e si avvicinò alla finestra. La città di vetro sembrava immobile, avvolta da un blu profondo che al mago parve improvvisamente minaccioso. Che cosa sta succedendo? Chi c’è là fuori?

Si sedette a terra con le gambe incrociate e rifletté. Una delle prime cose che si insegnavano a un mago era percepire la presenza di altri maghi. Non si trattava di un vero e proprio incantesimo, era piuttosto una tecnica di individuazione. A lui avrebbe dovuto essere preclusa, a causa dell’incantesimo del vecchio Deliah, ma quella sensazione di pericolo non poteva essere interpretata in altro modo: avvertiva la presenza di un mago.

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