Читаем La missione di Sennar полностью

Erano una lunga carovana. Apriva la colonna la portantina del conte, preceduta da due guardie a cavallo e seguita dal corteo degli inservienti e dei portatori, che conducevano sui muli vettovagliamenti e quant’altro potesse servire. Sennar e Ondine chiudevano la fila, controllati a vista da due guardie dietro di loro.

Camminavano per tutto il giorno e si fermavano solo dopo il tramonto. Nella zona di sua giurisdizione, il conte aveva varie residenze; vi trascorreva i periodi di vacanza e le utilizzava come basi una volta all’anno, quando era tenuto a visitare tutti i villaggi sotto il suo controllo.

Usciti dalla contea, invece, alloggiarono in locande lungo la strada o presso le residenze di altri conti. Ovunque si fermassero, ricevevano un trattamento principesco. Il conte godeva di buona fama e veniva ossequiato anche da chi non era suo suddito. Non mancavano tuttavia gli sguardi maligni. In molti si domandavano che cosa ci facessero una nuova e uno di Sopra con il conte Varen, di cui si diceva tanto bene.


La sede del palazzo del re era nella capitale del regno, Zirea, una città enorme e tentacolare, che occupava un’intera ampolla. La capitale era diversa da qualsiasi altra città del Mondo Sommerso. Tutto era di vetro: case, palazzi, botteghe, piazze, monumenti. Vetro opaco, per nascondere da sguardi indiscreti ciò che avveniva nelle abitazioni. Vetro colorato, che formava giochi di luce sulle strade. Vetro scabro, per deformare in modo magico i contorni delle cose.

A Zirea, Sennar vide per la prima volta le sirenidi. Erano simili agli altri abitanti di Zalenia, ma avevano due vistose branchie alla base del collo e talvolta li si scorgeva sfrecciare fuori, in mare aperto.

La capitale pullulava di vita, ma non aveva nulla a che fare con il caos che regnava in una grande città del Mondo Emerso come Makrat. Le attività quotidiane venivano svolte con una calma esemplare, niente urla, strepiti o confusione. I cittadini, tutti in abiti bianchi o grigi, si aggiravano per le vie della metropoli con aria compassata.

Anche dove la luce è più fulgida, però, non mancano le ombre. La città era circondata da miseri sobborghi, che sembravano cingerla d’assedio. Erano i quartieri destinati ai poveri, per lo più nuovi o gente malata: per legge, non potevano varcare le porte della candida Zirea. Mentre li attraversava, Sennar si chiese per l’ennesima volta se un mondo in cui regnasse la fratellanza fosse possibile.

Il castello del re era un’enorme costruzione al centro della città. Si sviluppava attraverso una teoria infinita di pinnacoli e guglie, bianchi, trasparenti o opalescenti, che si innalzavano al cielo. Non c’erano finestre vere e proprie: l’aria entrava direttamente dalla colonna portante dell’ampolla e la luce era fornita da piccoli oblò ogivali. Solo a una seconda occhiata si notava la cosa più straordinaria: parte dell’edificio era sott’acqua. Il castello era diviso in due ali, di cui una immersa nelle profondità marine. L’ala sommersa era la residenza dei regnanti di sirene e tritoni ed era stata costruita ai tempi della fondazione di Zalenia, in segno di eterna gratitudine da parte degli abitanti verso coloro che li avevano aiutati nella realizzazione del loro sogno.

I governi erano totalmente disgiunti. Tritoni e sirene si erano semplicemente comportati da buoni ospiti. D’altra parte, i nuovi arrivati non avevano mai dato segni di ostilità verso il popolo sottomarino, né avevano insistito per un’impossibile fusione. Anche se le relazioni tra i due popoli erano strette e di buon vicinato, insomma, la logica che regnava era quella di un’assoluta indipendenza.


«Credo sia meglio che parli prima io con Sua Maestà. Stasera verrò a riferirvi l’esito del colloquio» disse il conte e Sennar pensò che fosse una saggia decisione.

Il mago e la ragazza, seguiti dalla scorta, vagarono tutto il giorno, osservarono i maestosi palazzi governativi e gli altissimi templi delle divinità di quel regno, girovagarono per i mercatini che animavano le vie fuori mano. Ondine non era mai stata in città ed era attratta da tutto. Sennar invece era inspiegabilmente a disagio; non ne capiva il motivo, ma aveva una sensazione di pericolo incombente. La gente intorno a lui camminava senza fretta, per le strade e le piazze risuonava un mormorio discreto, eppure il mago non era tranquillo.

«C’è qualcosa che non va?» gli chiese a un tratto Ondine, distogliendolo dai suoi pensieri.

«No, tutto bene.» Sennar le sorrise. «Vieni, andiamo a vedere quella bancarella.»

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