Читаем La missione di Sennar полностью

La cerimonia proseguì nel cortile interno, dove si festeggiavano abitualmente le consacrazioni. Mentre la sua allieva era al centro dell’attenzione, circondata da leziosi cortigiani, dignitari impomatati e cavalieri che le dispensavano congratulazioni, consigli e pacche sulle spalle, Ido se ne rimase in disparte sotto un porticato. Osservava i festeggiamenti con distacco e un vago senso di nausea: sapeva bene quanta finzione ci fosse in tutti quegli ossequi. Non c’era nessuno, in quel cortile, che non si stesse domandando che cosa ci faceva una donna nell’esercito, o che non pensasse che la sua presenza era in qualche modo disdicevole. Non vedeva l’ora di poter tornare alla base a farsi una fumata in santa pace. Una voce interruppe il filo dei suoi pensieri.

«Non crederai di avermi colpito con il tuo gesto di prima.»

Ido si voltò. Raven sorrideva sarcastico, nella sua parodia di armatura.

«Supremo Generale! Anche tu da queste parti?» rispose lo gnomo in tono beffardo, poi afferrò il primo bicchiere che gli capitò sotto mano e ne ingollò il contenuto in un colpo solo. «Non ti ho mai fatto atto d’obbedienza quando ero giovane e malleabile, non vedo perché dovrei fartelo ora che sono un vecchio scorbutico.»

«Vedo con piacere che non sei cambiato.»

«Potrei dire altrettanto di te» ribatté Ido con freddezza.

I due uomini si guardarono a lungo, in silenzio.

«Non riesci proprio a dimenticare, vero, Ido?» disse infine Raven.

Lo gnomo agguantò un secondo bicchiere. «Già. Chissà come mai?»

Raven fece un gesto d’insofferenza. «Hai mai pensato alla mia posizione? Se tu fossi stato al mio posto, ti saresti comportato come me.»

Ido sentì montare la rabbia. «Chiudiamo qui questa conversazione. È molto meglio per entrambi.»

«Sai bene che io credo che tu sia un gran guerriero» ribatté Raven. «E... sì, anche la tua allieva... Ammetto di aver sbagliato quando ho cercato di impedirle di entrare all’Accademia. Ti basta, come atto di contrizione?»

La mano di Ido giocherellava nervosa con l’elsa della spada. «Per quanto ancora mi considererai un soggetto pericoloso?»

Il Supremo Generale non rispose. «Nihal lo sa?» chiese a tradimento.

La dita di Ido strinsero l’impugnatura e il suo volto si fece paonazzo. «Questo che cosa c’entra?»

«Pura e semplice curiosità. Allora?» insistette Raven, mentre un sorriso sottile gli affiorava alle labbra. «Non gliel’hai detto, vero?»

«No» rispose Ido.

«Visto?» ghignò Raven. «La verità è che sei tu il primo a non aver dimenticato il passato. Non hai il coraggio di parlarne nemmeno con la tua allieva prediletta. Come puoi pensare che possa dimenticarlo il Supremo Generale che regge questo Ordine? Magari potrei dirglielo io. Che ne pensi?»

La spada di Ido scivolò lentamente fuori dal fodero. «Lasciami in pace, Raven, o quello che dimenticherò saranno i gradi e le buone maniere» sibilò.

Raven non si scompose. «Calma, calma. Il mio era solo uno scherzo innocente. In battaglia sei controllato, ma fuori dalla mischia ti va subito il sangue al cervello.»

Il Supremo Generale si allontanò sorridendo e Ido allentò la presa sulla spada. La cosa peggiore era che quell’idiota aveva ragione: dopo tutto quel tempo, non era ancora riuscito a dimenticare. Quanto ci sarebbe voluto perché potesse finalmente sentirsi riscattato?


Durante il viaggio di ritorno, Nihal di tanto in tanto si girava e sbirciava il suo maestro, che fu cupo per tutto il tragitto. Ido aveva insistito per ripartire presto e quando finalmente avevano preso il volo si era chiuso in se stesso. Quel volto teso e imbronciato non era da lui, ma la ragazza non si preoccupò. Quando Ido era pensieroso, era meglio lasciarlo stare.

E poi lei era di ottimo umore e niente e nessuno glielo avrebbero guastato. «Reggiti forte» disse a Laio, mentre spronava Oarf. «Mettiamo un po’ di pepe a questo viaggio!»

Era contenta, sì.


Giunsero alla base a notte fonda. Sull’accampamento regnava un silenzio perfetto e si avviarono al passo verso le scuderie. Laio era appisolato sulla schiena di Oarf, che lo tollerava di buon grado, e Nihal sentiva che l’eccitazione cominciava a cedere il posto alla stanchezza. Non vedeva l’ora di infilarsi nel proprio letto. Avrebbe passato la sua prima notte da Cavaliere di Drago sotto le coperte, a pensare con calma a quello che era successo.

Mentre si avvicinavano alle scuderie, però, iniziarono a sentire un frastuono sempre più forte, fino a diventare un baccano infernale.

«Che cosa sta succedendo?» chiese Nihal a poche braccia dal portone.

Ido scese da Vesa e si diresse all’ingresso. «Ho un sospetto...» disse con un sorriso furbo. Poi spalancò la porta.

Dentro era una bolgia. Decine di fiaccole illuminavano le scuderie a giorno, l’aria era densa di fumo e risuonava una musica allegra. Tutti gli abitanti della base sembravano essersi pigiati là dentro e non ce n’era uno che non avesse in mano un boccale o un bicchiere.

«Eccoli!» urlò una voce, non appena Ido e Nihal, attoniti, misero piede nelle scuderie. Decine di teste si voltarono all’unisono verso di loro.

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