Forse fu grazie ai suoi sensi sempre vigili, o forse fu solo un caso, ma a un tratto si svegliò e guardò in alto. Un’ombra nera passava rapida sul disco argenteo della luna. Fu solo un istante e le ci volle un po’ per rendersi conto di che cosa fosse. La consapevolezza arrivò insieme all’urlo della sentinella: «Siamo attaccati!». Il grido finì in un rantolo.
Nihal divelse la spada da terra e si lanciò verso le scuderie. Quello che aveva visto era un drago! Li attaccavano dal cielo! Incrociò i volti tesi dei guerrieri che uscivano dai loro alloggi, gli scudieri che avevano già iniziato a bardare i draghi, i fanti che correvano da una parte all’altra. E poi giunsero i fammin. Sembravano spuntati dal nulla, si lanciavano sulle tende a fare strage di chi si attardava. All’improvviso una luce squarciò la notte e si levò un vento caldo, insopportabile. Parte dell’accampamento divampò in un incendio, mentre in alto sopra di loro volavano gli uccelli sputafiamme. Non c’era tempo, né per Oarf né per l’armatura.
Nihal si dispose in posizione d’attacco solo con la spada e confidò nel buio per non essere riconosciuta. Il suo cuore rallentò, le sue percezioni si fecero più fini e fu pronta per combattere. Si lanciò sui fammin decisa e sicura.
Il campo non riuscì a reagire all’offensiva con prontezza. I più erano intontiti dalle fiamme, dal fumo e dal caldo. Ancora una volta, l’esercito del Tiranno si era mosso con astuzia e abilità.
Nihal vide avanzare Ido. Aveva in mano la spada ed era perfettamente in sé. Si fece largo con la solita calma, sgominando chiunque gli si parasse innanzi, e la affiancò.
«Ce n’è uno in groppa a un drago. È lui che incendia le tende. Va’ a prendere Oarf!» le urlò.
«Non c’è tempo, Ido!»
«Ti copro io! Tu pensa solo a correre» disse lo gnomo, poi con un balzo si fiondò sul fammin che insidiava la ragazza.
Nihal si lanciò di corsa verso la scuderia. Vide nuovamente l’ombra oscurare la luna e incombere minacciosa sul terreno. Fu allora che ebbe una strana sensazione.
Sulle prime le parve un semplice capogiro, ma era qualcosa di diverso. Accelerò la corsa. Abbatté due nemici che le si pararono di fronte e raggiunse il drago, che l’attendeva scalpitante. Infilò un elmo che trovò a terra: era più prudente coprirsi il volto. Non ebbe bisogno di dire nulla, saltò in groppa a Oarf e si alzarono in volo un attimo prima che le fiamme attecchissero anche sulle scuderie.
Dall’alto la situazione apparve in tutta la sua gravità: metà campo era invaso dal fuoco e numerosi cadaveri punteggiavano il terreno; nell’altra metà la battaglia infuriava, ma i fammin erano in superiorità schiacciante. Con le zampe irte di artigli brandivano spade diverse dalle solite, che mandavano strani bagliori rossastri. Nihal planò sul campo, Oarf afferrò un paio di quelle creature al volo e le uccise. Poi scese ancora e raccolse Laio, che correva alla ricerca di un riparo.
«Aggrappati a me e non mi lasciare per nessun motivo» gli ordinò Nihal.
Continuò a mietere vittime col suo drago in mezzo alle file nemiche, sforzandosi di restare calma, di non perdere la concentrazione. Ma era difficile: lo spettacolo era orrido e scoraggiante. Sentiva l’amico stringerla; doveva portarlo da qualche parte, al sicuro. Vide una radura sgombra di nemici e pensò che fosse il luogo ideale.
«Ti porto giù» urlò. «Tu tieniti stretto la spada e se arriva qualcuno ammazzalo, d’accordo?» Sentì il viso di Laio annuire contro la sua schiena.
Dopo che lo ebbe depositato, si alzò di nuovo in volo, per poi scendere in picchiata sulla mischia.
Era costretta a combattere a un pelo da terra e percepiva lo sforzo che facevano le immense ali di Oarf, ma non c’era scelta. Tutto il campo era in fiamme. Non restava che cercare di vendere cara la pelle.
Non sapeva da quanto tempo combatteva, quando a un tratto si sentì assalita da una sensazione di oppressione e un coro di voci gementi le riempì la testa. Quell’urlo disperato le rimbalzò nel cervello. Si dimenticò dov’era e quel che stava facendo. Era la stessa sensazione che aveva provato il giorno della caduta di Salazar. Fu allora che, circondata dal crepitio delle fiamme, con le tempie che le pulsavano e la vista annebbiata, alzò lo sguardo e lo vide.
Era proprio sopra di lei, illuminato dalla luce funerea della luna. Sembrava immenso: un drago, ancora più nero del cielo notturno in cui si librava. Con le enormi ali membranose spalancate, si reggeva a mezz’aria e la guardava fisso, con uno sguardo lucido, senza odio, che le gelò il sangue nelle vene. I suoi occhi erano accesi di sangue, rossi come tizzoni ardenti che covano sotto la brace, e brillavano di una luce sinistra. Un uomo sedeva sull’animale. Un uomo indefinito nei contorni, immobile. Sembrava smisurato ed era nero, come il suo animale. Oarf, il drago possente e forte, che non temeva nulla di quanto vi era in cielo e in terra, tremò.