"Fai con calma" le aveva detto Tolland. "Dobbiamo sapere tutto."
Xavia parlò in tono distaccato. «Nel documentario, hai sostenuto che quelle piccole inclusioni metalliche presenti nella roccia possono formarsi
Tolland avvertì un brivido di apprensione. "I condri si formano solo nello spazio. È quello che mi ha detto la NASA."
«Ma secondo queste note» spiegò Xavia, sollevando i fogli «non è del tutto vero.»
Corky si inalberò. «Certo che è vero!»
Xavia, infastidita, sventolò gli appunti. «L'anno scorso, un giovane geologo di nome Lee Pollock, laureatosi alla Drew University, stava usando una nuova specie di robot marino per prelevare campioni di crosta sottomarina nel Pacifico, nella fossa delle Marianne, e tirò su una pietra non attaccata al fondale che conteneva formazioni geologiche mai viste prima. Assomigliavano molto a condri. Le chiamò "inclusioni plagioclasiche da pressione", piccole bolle metalliche che dovevano essersi riomogeneizzate durante episodi caratterizzati da elevate pressioni nelle profondità dell'oceano. Pollock rimase sbalordito nello scoprire bolle metalliche in una pietra oceanica, e formulò una teoria singolare per spiegarne la presenza.»
«Non stento a crederlo» borbottò Corky.
Xavia lo ignorò. «Secondo il dottor Pollock, la roccia si era formata in ambiente oceanico ultraprofondo dove la pressione estrema aveva modificato per metamorfismo una pietra preesistente, determinando la fusione di alcuni dei diversi metalli presenti.»
Tolland considerò l'ipotesi. La fossa delle Marianne aveva una profondità di più di undicimila metri, una delle ultime regioni inesplorate del pianeta. Soltanto pochissime sonde teleguidate si erano avventurate in quelle profondità, e per la maggior parte si erano distrutte prima di raggiungere il fondo. La pressione dell'acqua era enorme, addirittura milleduecento chili per centimetro quadrato, in confronto a un solo chilo per centimetro quadrato sulla superficie del mare. Gli oceanografi avevano ancora una conoscenza molto relativa delle forze geologiche attive sul fondo degli abissi oceanici. «Quindi questo Pollock ritiene che nella fossa delle Marianne possano esistere pietre con formazioni simili a condri?»
«È una teoria estremamente oscura. In effetti, non è mai stata pubblicata ufficialmente. Mi sono imbattuta per caso negli appunti personali di Pollock sul web il mese scorso, quando studiavo le interazioni rocce-fluidi per l'imminente show del nostro megapennacchio; altrimenti, non ne avrei mai sentito parlare.»
«La teoria non è mai stata pubblicata per il semplice motivo che è assurda» commentò Corky. «Per la formazione dei condri è necessario il
«La pressione» lo investì Xavia di rimando «è in assoluto la maggiore responsabile delle trasformazioni geologiche che avvengono sul nostro pianeta. Ha presente quella che si chiama roccia
Corky aggrottò le sopracciglia.
Tolland comprese che Xavia meritava di essere ascoltata. Anche se il calore svolgeva effettivamente un ruolo fondamentale nella formazione di alcune rocce metamorfiche, la maggior parte di esse era creata da pressioni estremamente elevate. Per quanto potesse apparire incredibile, le rocce sepolte sotto la crosta terrestre subivano una pressione talmente forte che si comportavano più come melassa spessa che come roccia solida, visto che diventavano elastiche e subivano tutti quei cambiamenti chimici. Ciononostante, la teoria di Pollock sembrava alquanto azzardata.
«Xavia» disse Tolland «non ho mai saputo che la pressione dell'acqua da sola possa cambiare la struttura chimica di una pietra. Sei tu la geologa: che ne dici?»
Lei scartabellò tra gli appunti. «Be', pare che la pressione dell'acqua non sia l'unico fattore.» Trovò un passaggio di Pollock e lo lesse ad alta voce. «"La crosta oceanica nella fossa delle Marianne, normalmente soggetta a un'enorme pressione idrostatica, può trovarsi ulteriormente compressa dalle forze tettoniche delle zone di subduzione della regione."»
"Ovvio" pensò Tolland. La fossa delle Marianne, oltre a essere schiacciata sotto undicimila metri d'acqua, era una zona di subduzione, la linea di compressione in cui la placca del Pacìfico e quella indiana si muovevano l'una verso l'altra e collidevano. Le pressioni combinate nella fossa potevano essere enormi e, poiché l'area era tanto remota e pericolosa da studiare, erano minime le probabilità che qualcuno fosse a conoscenza dell'eventuale presenza di condri.
Xavia continuò a leggere. «"La combinazione di pressioni idrostatiche e tettoniche potrebbe potenzialmente indurre nella crosta uno stato elastico o semiliquido, permettendo agli elementi più leggeri di fondersi in strutture simili a condri, che fino a oggi si ritenevano tipici solo delle rocce di origine spaziale."»
Corky alzò gli occhi al cielo. «Impossibile.»