Tolland si mise lentamente a sedere. Stava per parlare, quando Rachel lo zittì con un cenno deciso del capo. "Non qui. Non ora." Era più che sicura che lui e Corky avrebbero voluto raccontare subito del meteorite e dell'aggressione, ma non erano argomenti da trattare davanti all'equipaggio di un sottomarino militare. Nel mondo dell'intelligence, a prescindere da quale fosse il problema del momento, valeva sempre il livello di "autorizzazione all'accesso di informazioni riservate". La storia del meteorite era per il momento top secret.
«Devo parlare con il direttore dell'NRO, William Pickering» disse lei. «In privato, e immediatamente.»
Il comandante si mostrò perplesso, chiaramente non abituato a ricevere ordini a bordo della sua nave.
«Ho bisogno di comunicargli dati riservati» insistette Rachel.
Brown la studiò per qualche momento. «Lasciamo che il suo corpo riacquisti la temperatura normale, poi la metterò in contatto con il direttore dell'NRO.»
«È urgente, signore. Io…» Rachel si interruppe. Aveva appena visto l'orologio sulla parete sopra l'armadio dei medicinali. 19:51.
Batté gli occhi, stupita. «Funziona quell'orologio?»
«Lei si trova su una nave della marina americana, signora. I nostri orologi sono sempre esatti.»
«E quello è… regolato sul fuso orario della costa orientale?»
«Certo, 19:52, fuso orientale. Siamo al largo di Norfolk.»
"Dio mio! Sono solo le otto meno dieci?" Aveva l'impressione di essere rimasta svenuta per ore, e invece non erano neppure le venti. "Il presidente non ha ancora annunciato ufficialmente la scoperta del meteorite. Forse riesco a fermarlo!" Scivolò giù dal lettino, stringendosi nella coperta, malferma sulle gambe. «Devo parlare immediatamente con il presidente.»
Il comandante parve confuso. «Il presidente di che?»
«Degli Stati Uniti!»
«Avevo capito che volesse William Pickering.»
«Non c'è tempo. Ho bisogno del presidente.»
Il comandante le bloccò la strada con l'imponente corporatura. «A quel che so, il presidente sta per iniziare un'importante conferenza stampa, che verrà trasmessa in diretta. Dubito che accetti telefonate personali.»
Rachel si drizzò in tutta la sua altezza e fissò gli occhi in quelli scuri del comandante. «Signore, lei non ha l'autorizzazione per il tipo di informazioni di cui dispongo, ma sappia che il presidente sta per compiere un errore madornale. Devo assolutamente comunicargli una cosa. Subito. Si fidi di me.»
Il comandante la squadrò a lungo, poi, aggrottando la fronte, controllò di nuovo l'ora. «In nove minuti? Non posso stabilire un collegamento sicuro con la Casa Bianca in così poco tempo. La sola cosa che sono in grado di offrirle è un radiotelefono. Non sicuro. E inoltre dobbiamo raggiungere la quota periscopio, che richiede…»
«Lo faccia! E subito!»
67
Il centralino della Casa Bianca era situato al piano terra dell'ala Est. Vi erano sempre tre operatori in servizio. Al momento, soltanto due erano seduti davanti alla console, la terza stava correndo a perdifiato verso la sala stampa con un cordless in mano. Aveva cercato di passare la telefonata nello Studio Ovale, ma il presidente era già uscito, allora aveva chiamato i cellulari dei suoi assistenti, ma erano staccati, come sempre prima dei messaggi televisivi.
Portare un cordless direttamente al presidente in un momento del genere sembrava quanto meno poco opportuno, ma quando la referente dell'NRO presso la Casa Bianca le aveva detto che si trattava di un'informazione che il presidente doveva assolutamente avere prima di andare in onda, la centralinista era partita in quarta. Il problema, a quel punto, era arrivare in tempo.
Nella piccola infermeria a bordo del
«Ma cosa aspettano?» disse Tolland, angosciato. «Sono le sette e cinquantasei!»
Rachel non capiva. Era riuscita a contattare una centralinista della Casa Bianca, si era presentata e le aveva spiegato che si trattava di un'emergenza. Era parsa comprendere, l'aveva messa in attesa e, in quel momento, presumibilmente stava facendo il possibile per metterla in comunicazione con il presidente.
"Quattro minuti! Sbrigati!"