Il tono della Tench divenne gelido. «Signora Sexton, una sola parola di avvertimento. Per quanto riguarda il suo coinvolgimento nella campagna della Casa Bianca, se ci ha ripensato, avrebbe dovuto decidersi prima di assicurare personalmente al presidente che i dati sono corretti.»
«Cosa?» "Ma mi ascolta, almeno?"
«La sua uscita mi disgusta. Usare una linea telefonica non sicura è una trovata penosa. Lasciare intendere che i dati sul meteorite sono falsi! Ma quale agente dell'intelligence usa un radiotelefono per chiamare la Casa Bianca e dare informazioni riservate? Evidentemente lei
«Norah Mangor è stata uccisa per questa storia! E anche il dottor Ming è morto. Deve avvisare…»
«La smetta subito! Non so a che gioco stia giocando, ma ricordo a lei — e a chiunque stia intercettando questa telefonata — che la Casa Bianca possiede la registrazione delle dichiarazioni ufficiali dei migliori scienziati della NASA, di parecchi scienziati civili di chiara fama e anche le
Rachel fece per ribattere, ma non riuscì a spiccicare parola.
«Zach Herney è stato generoso con lei» la aggredì la Tench «e, francamente, questo mi puzza di meschina trovata pubblicitaria di Sexton. La pianti, oppure la denunciamo. Lo giuro.»
La comunicazione fu interrotta.
Rachel era ancora a bocca aperta quando il comandante bussò alla porta.
«Signora Sexton?» disse, facendo capolino dalla fessura. «Riceviamo un debole segnale dalla radio nazionale canadese. Il presidente Zach Herney ha appena iniziato la conferenza stampa.»
68
Zach Herney, salito sul podio, sentì su di sé il calore dei riflettori e capì che il mondo lo stava guardando. Il blitz mirato messo a segno dall'ufficio stampa della Casa Bianca aveva acceso l'interesse dei media. Chi non aveva saputo del messaggio presidenziale da televisione, radio, o notiziari online, invariabilmente ne aveva sentito parlare da vicini, colleghi o familiari. Alle otto in punto di sera, chiunque non vivesse in una grotta faceva illazioni sull'oggetto dell'imminente discorso del presidente. Nei bar e nei salotti, in ogni parte del pianeta, milioni di persone si protendevano verso il televisore in ansiosa aspettativa.
In momenti come quelli, quando affrontava il mondo intero, Zach Herney percepiva il peso della propria carica. Chi sostiene che il potere non crea dipendenza non l'ha mai sperimentato davvero. Peraltro, quando iniziò a parlare, provò una sensazione di disagio. Non era il tipo da lasciarsi intimorire dalla ribalta, e quindi lo stupì quel lieve senso di apprensione.
"È per la risonanza dell'evento" si disse, ma l'istinto gli suggeriva che c'era dell'altro. Qualcosa che aveva visto.
Una piccola cosa, eppure…
Si impose di non pensarci. Non era niente di importante, però continuava a tornargli in mente.
"Tench."
Pochi minuti prima, mentre si preparava a salire sul palco, l'aveva vista nel corridoio intenta a parlare al cordless. Era già strano di per sé, ma ancora più inconsueta era la presenza, accanto a lei, di una centralinista in stato di agitazione. Herney non aveva potuto udire la conversazione, ma aveva capito che la Tench era molto alterata. Discuteva con veemenza e una rabbia che raramente aveva riscontrato, perfino in lei. Herney catturò i suoi occhi e le rivolse uno sguardo interrogativo.
La Tench gli mostrò il pollice sollevato. Non le aveva mai visto fare quel gesto. Fu l'ultima immagine che si stampò nella mente del presidente prima che gli venisse data la battuta d'entrata.
Sul tappeto blu nell'area stampa all'interno dell'habisfera, sull'isola di Ellesmere, il direttore Lawrence Ekstrom e alcuni dei più eminenti ufficiali e scienziati della NASA sedevano al lungo tavolo da conferenze. Su un grande monitor seguivano in diretta il discorso di apertura del presidente. Il resto del personale si accalcava ecdtato intorno agli altri schermi quando il comandante in capo diede inizio alla conferenza stampa.
«Buonasera ai miei connazionali, e ai nostri amici di tutto il mondo…» stava dicendo Herney, in un tono insolitamente teso.