Protagonista del romanzo è l'ingegnere Morgan, creatore del Ponte di Gibilterra. Grazie alla rivoluzionaria tecnologia del cavo cristallino monomolecolare (citato a più riprese anche da William Gibson), per la prima volta diventa tecnicamente possibile costruire un "ascensore spaziale", ovvero una torre che connetta la superficie terrestre ad un satellite geostazionario, e che renda obsoleti i razzi vettori. Il romanzo narra gli sforzi e la lotta di Morgan per realizzare il suo sogno, a dispetto di un esercito di oppositori: politici, concorrenti, grandi compagnie, banche, e persino monaci buddisti. Ma il colpo di scena del romanzo è l'arrivo di Stellaplano, una sonda aliena automatica che visita il Sistema Solare sconvolgendo con la sua sola comparsa la vita, la società, la filosofia, l'etica e le religioni terrestri. Dopo la visita di Stellaplano, niente più sul nostro pianeta sarà come prima.Altra caratteristica notevole di Le fontane del Paradiso, il fatto che la maggior parte della storia si svolga a Sri Lanka. Clarke riesce in questo romanzo ad omaggiare lo straordinario passato della sua patria d'adozione, e nel contempo ad offrirci una panoramica sulle bellezze e sulle meraviglie dell'isola indiana.
Научная Фантастика18+Arthur C. Clarke
Le fontane del Paradiso
Nota introduttiva
* Dal Paradiso a Taprobane ci sono quaranta leghe. Là si può udire il suono delle Fontane del Paradiso.
Lo scrittore di romanzi storici ha una particolare responsabilità nei confronti dei suoi lettori, specialmente se parla di epoche e posti poco familiari. Non dovrebbe distorcere fatti o avvenimenti, quando essi siano conosciuti; e quando li inventa, com'è spesso costretto a fare, ha il dovere di precisare la linea di demarcazione fra immaginazione e realtà.
Lo scrittore di fantascienza ha la stessa responsabilità elevata al quadrato. Spero che queste note serviranno ad assolvere i miei obblighi, e ad aumentare il divertimento dei lettori.
Il paese di Taprobane non ha riscontro esatto nella realtà, ma coincide al novanta per cento — per così dire — con l'isola di Ceylon, che oggi si chiama ufficialmente Sri Lanka.
Per ragioni narrative, d'altra parte, ho dovuto fare qualche piccola modifica alla stessa geografia di Ceylon. Ho spostato l'isola ottocento chilometri più a sud, in modo che si trovi sull'equatore, dove si trovava venti milioni di anni fa e dove potrebbe, un giorno, trovarsi di nuovo. Al momento sta fra i sei e i dieci gradi a nord dell'equatore.
Inoltre ho raddoppiato l'altezza della Montagna Sacra e l'ho portata più vicino a Yakkagala. Entrambi i posti esistono, molto simili a come li ho descritti.
Sri Pada, ovvero la Cima d'Adamo, è una stupefacente montagna a forma di cono, sacra ai buddisti, ai musulmani, agli indù e ai cristiani, sulla cui cima si trova un piccolo tempio. Nel tempio c'è una lastra di pietra con una depressione lunga due metri; comunque si crede che sia l'impronta del piede del Buddha.
Ogni anno, da molti secoli, migliaia di pellegrini compiono la salita fino alla cima alta 2240 metri. La salita non è più pericolosa, perché esistono due scalinate (che certo devono essere le più lunghe del mondo) che conducono fino alla cima. Una volta vi sono salito anch'io, e per parecchi giorni le mie gambe sono rimaste paralizzate. Ma ne valeva la pena, perché ho avuto la fortuna di vedere il magnifico, stupefacente spettacolo dell'ombra della montagna all'alba: un cono perfettamente simmetrico visibile solo per i primi minuti dopo l'alba, che si estende quasi sino all'orizzonte al di sopra delle nubi molto più basse.
In seguito ho esplorato la montagna, con uno sforzo notevolmente inferiore, su un elicottero della Sri Lanka Air Force, e sono giunto abbastanza vicino al tempio per osservare le espressioni rassegnate sulle facce dei monaci, ormai abituati a queste intrusioni rumorose.
La fortezza di Yakkagala in realtà si chiama Sigiriya (o Sigiri, «La Montagna del Leone»): una realtà talmente sorprendente che non ho avuto bisogno di cambiare niente. Le libertà che mi sono preso sono unicamente di ordine cronologico, perché il palazzo sulla cima della montagna (secondo la Cronaca di Ceylon, il «Culavamsa») è stato costruito sotto il regno del re parricida Kasyapa I (478-495 d.C). Però è poco probabile che un'impresa di tali dimensioni sia stata portata a compimento in soli diciotto anni, da un usurpatore che poteva aspettarsi da un momento all'altro di essere sfidato, e la vera storia di Sigiriya potrebbe risalire a molti secoli prima.
Il carattere, le idee e l'effettivo destino di Kasyapa hanno scatenato molte ipotesi, tornate d'attualità negli ultimi anni in seguito alla pubblicazione di «The Story of Sigiri» (La storia di Sigiri, Colombo, 1972) del professor Senerat Paranavitana. Gli sono inoltre grato per il suo studio monumentale, in due volumi, delle iscrizioni sulla Parete a Specchio, «Sigiri Graffiti» (Oxford, 1956). Alcuni dei versi che cito sono veri; altri sono parzialmente inventati.
Gli affreschi che costituiscono là maggiore gloria di Sigiriya sono perfettamente riprodotti nel volume "Ceylon: Paintings from Temple, Shrine and Rock" (Ceylon: dipinti del tempio, del reliquiario e della montagna, New York, 1957). La quinta tavola mostra il dipinto più interessante, quello che, purtroppo, è stato distrutto negli anni Sessanta da ignoti vandali. La schiava, chiaramente, sta "ascoltando" la scatoletta misteriosa che stringe nella destra; l'oggetto non è ancora stato identificato, visto che gli archeologi locali si rifiutano di prendere sul serio la mia ipotesi che si tratti di un'antica radio a transistor.
La leggenda di Sigiriya è stata ultimamente trasferita sullo schermo da Dimitri de Grunwald, nel film "The God King" (Il Re-Dio), con Leigh Lawson.