Читаем Le fontane del Paradiso полностью

— Eccola! — gridò qualcuno. Fra due galeoni di nuvole che solcavano il cielo s'era accesa una stella brillante. Sembrava una meteora luminosissima che cadesse a terra. Per ironia, quasi a prendere in giro gli uomini che l'avevano progettato, il segnale luminoso installato sulla sonda per rendere più facili le ultime fasi del volo si era acceso automaticamente. Sarebbe ancora servito a qualcosa: avrebbe reso meno difficoltoso il recupero del missile.

Il Remoto di Maxine compì una lenta rivoluzione, in modo che lei potesse vedere quella stella luminosissima superare le montagne e scomparire a est. Maxine stimò che dovesse atterrare a meno di cinque chilometri di distanza. Poi disse: — Ridammi il dottor Morgan. Vorrei parlargli.

Voleva complimentarsi con lui, a voce abbastanza alta perché il banchiere marziano potesse sentirli, e dirgli che era sicura che la prossima volta il lancio avrebbe avuto un successo totale. Maxine stava ancora preparando quel piccolo discorso di congratulazioni quando, all'improvviso, le parole le uscirono di mente. Avrebbe rivisto gli avvenimenti dei trenta secondi successivi fino a conoscerli a memoria. Ma non sarebbe mai stata certa di averli capiti sino in fondo.

<p>30</p><p>Le legioni del re</p>

Vannevar Morgan aveva fatto il callo alle sconfitte, persino ai disastri, e sperava che quello fosse un disastro non troppo grande. La sua vera preoccupazione, mentre osservava il segnale luminoso che svaniva oltre il giogo della montagna, era che la Banca di Marte considerasse sprecati i suoi soldi. L'osservatore dagli occhi impassibili, seduto sulla sedia a rotelle, si era dimostrato estremamente chiuso. A quanto pareva, la gravità terrestre gli aveva paralizzato arti e lingua. Ma questa volta interpellò Morgan prima che l'ingegnere potesse rivolgergli la parola.

— Una sola domanda, dottor Morgan. So che questa tempesta è senza precedenti, eppure si è verificata. Per cui potrebbe verificarsi di nuovo. E se succedesse quando la Torre è già costruita?

Morgan pensò in fretta. Era impossibile così, su due piedi, formulare una risposta esatta, e ancora non riusciva a credere a quello che era successo.

— Nella peggiore delle ipotesi dovremo sospendere per un po' le operazioni. I binari potrebbero subire una lieve distorsione. La forza dei venti che in genere spirano a questa altezza non riuscirebbero a danneggiare la struttura della Torre. Anche la nostra fibra sperimentale non avrebbe subito danni, se fossimo riusciti ad ancorarla.

Sperava che fosse un'analisi esatta. Entro pochi minuti Warren Kingsley gli avrebbe fatto sapere se era vera o no. Per fortuna, apparentemente soddisfatto, il marziano replicò: — Grazie. Non desideravo sapere altro.

Morgan, però, era deciso ad andare sino in fondo.

— E su Mons Pavonis, naturalmente, un problema del genere non verrebbe mai a crearsi. Lì la densità atmosferica è meno di un centesimo…

Da decenni non udiva il suono che in quel momento irruppe nelle sue orecchie, eppure era un suono che nessuno avrebbe mai scordato. Il suo richiamo imperioso, più forte del ruggito della tempesta, trasportò Morgan lungo metà del globo. Non si trovava più su una montagna battuta dai venti; era sotto la cupola dell'Hagia Sophia, e i suoi occhi scrutavano, stupefatti e ammirati, il lavoro di uomini morti sedici secoli prima. E nelle sue orecchie risuonava il richiamo dell'immensa campana che un tempo aveva invitato i fedeli alla preghiera.

Il ricordo di Instanbul svanì. Si trovava nuovamente sulla montagna, più perplesso e confuso che mai.

Cosa gli aveva raccontato il monaco? Che il dono indesiderato di Kalidas era rimasto in silenzio per secoli, e poteva suonare solo in tempi di disastro? Ma non c'era stato nessun disastro; anzi, dal punto di vista del tempio era accaduto esattamente il contrario. Per un attimo, a Morgan venne in mente l'imbarazzante possibilità che la sonda fosse caduta all'interno del terreno del monastero. No, la cosa era fuori discussione: la sonda aveva evitato la cima di alcuni chilometri. E poi, in ogni caso, era un oggetto troppo piccolo per procurare danni seri anche se fosse precipitato, con scarsa forza, dal cielo.

Fissò il tempio. La voce della grande campana continuava a sfidare la tempesta. Tutte le tuniche arancioni erano svanite dai parapetti; non si vedeva nemmeno un monaco.

Qualcosa sfiorò dolcemente la guancia di Morgan, e lui l'allontanò soprappensiero. Era difficile persino pensare mentre quel suono doloroso riempiva l'aria e gli martellava il cervello. Forse era meglio raggiungere il monastero e chiedere cortesemente al Maha Thero cos'era successo.

Di nuovo quel tocco morbido, serico, sulla sua faccia, e questa volta Morgan vide con la coda dell'occhio un lampo giallo. I suoi riflessi erano sempre stati veloci: mosse la mano, e non sbagliò.

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Научная Фантастика
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