Non osò affidarsi alle operazioni di frenaggio automatico, quando finalmente il veicolo raggiunse il punto d'arrivo. Per fortuna lo avevano istruito alla perfezione e riconobbe tutti i segnali visivi, per cui riuscì a fermarsi a pochi centimetri dal dispositivo d'agganciamento. Le due camere di equilibrio vennero collegate a velocità frenetica, e nel tubo di connessione vennero lanciate le provviste e gli equipaggiamenti…
…e vi venne lanciato anche il professor Sessui, grazie agli sforzi combinati del pilota, dell'assistente tecnico e dello steward, quando tentò di tornare indietro a salvare i suoi preziosi strumenti. I portelli della camera di equilibrio si richiusero pochi secondi prima che la paratia della sala motori della capsula cedesse.
Dopo di che, i superstiti non potevano fare altro che attendere in quella stanza nuda di quindici metri quadrati, non dotata nemmeno delle attrezzature di una normale cella di prigione, e sperare che il fuoco si spegnesse. Forse, per la tranquillità dei passeggeri, era bene che solo Chang e l'assistente tecnico fossero in grado di valutare una statistica d'importanza vitale: le batterie a piena carica contenevano la stessa energia di una grande bomba chimica, che in quel momento ticchettava all'estremità inferiore della Torre.
Dieci minuti dopo la frettolosa evacuazione, la bomba scoppiò. Ci fu un'esplosione in sordina, che fece vibrare solo leggermente la Torre, seguita dal rumore del metallo che si lacerava. Quei suoni non erano troppo impressionanti, ma raggelarono i cuori delle persone che li udirono: l'unico mezzo di trasporto di cui disponevano stava andando in pezzi, e loro si trovavano prigionieri a venticinquemila chilometri dalla salvezza. Ci fu un'altra esplosione, più lunga, poi silenzio. Immaginarono che il veicolo fosse precipitato già dalla Torre. Ancora scossi, cominciarono tutti a controllare di quali risorse disponessero; e, poco per volta, cominciarono a capire che la loro miracolosa fuga poteva essere assolutamente inutile.
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Grotta nel cielo
Nel cuore della montagna, fra gli strumenti di rilevazione e comunicazione del centro operativo terrestre, Morgan e il suo staff di tecnici erano radunati attorno all'ologramma della sezione inferiore della Torre, in scala uno a dieci. Era perfetto in ogni dettaglio, persino nei quattro sottilissimi nastri di guida che si stendevano lungo ogni facciata. Svanivano nel nulla appena sopra il pavimento, ed era difficile credere che, anche su quella scala minuscola, dovevano allungarsi ancora di seicento chilometri, sino a forare la crosta della superficie terrestre.
— Dacci la visuale in sezione — disse Morgan — e porta le fondamenta a livello d'occhio.
La Torre perse la sua apparente solidità e divenne un fantasma luminoso: una scatola quadrata, lunga, dalle pareti sottili, vuota, a parte i cavi a superconduttività dell'alimentazione elettrica. La parte inferiore ("fondamenta" era un nome più che adatto, anche se sorgeva cento volte più in alto dell'altezza della Montagna) ora formava un'unica stanza quadrata di quindici metri per lato.
— Punti d'ingresso? — chiese Morgan.
Due parti dell'immagine si accesero d'un colore più vivo. Chiaramente stagliati sulla facciata nord e sud, tra le scanalature di guida, si trovavano i portelli esterni delle due coppie di camere di equilibrio, separate fra loro da tutta la distanza possibile, secondo i canoni di sicurezza comuni a ogni costruzione spaziale.
— Sono entrati dal portello sud, ovviamente — spiegò l'ufficiale di servizio. — Non sappiamo se l'esplosione lo abbia danneggiato.
"Comunque ci sono altri tre punti d'accesso" pensò Morgan, ed erano i due più in basso che gli interessavano. Si era trattato di un ripensamento, aggiunto al progetto originario già in fase di lavori avanzati. Anzi, l'intera base era un ripensamento: all'inizio non si giudicava indispensabile costruire un rifugio lì, nella sezione della Torre che avrebbe finito coll'entrare a far parte del Capolinea Terrestre.
— Avvicinami la parte inferiore — ordinò Morgan.
La Torre si mosse in un grande arco di luce e si fermò a mezz'aria, con l'estremità inferiore rivolta verso Morgan. Adesso l'ingegnere vedeva tutti i particolari di quel pavimento di venti metri quadrati; o forse era un soffitto, considerandolo dal punto di vista di chi stava costruendo in orbita.
Vicino agli orli nord e sud si trovavano i portelli che immettevano nelle due camere d'equilibrio indipendenti e che permettevano di entrarvi dal basso. L'unico problema era arrivarci, visto che si trovavano sospesi in cielo a seicento chilometri.
— Sistemi di sopravvivenza?
Gli sportelli vennero riassorbiti nella struttura. L'ologramma mise in rilievo un armadietto al centro della stanza.