Читаем Morire dentro полностью

Gli anni migliori erano stati quelli tra i quattordici e i venticinque. Prima di allora era ancora troppo ingenuo, troppo disinformato, per trarre soddisfazione dai dati che ricavava. Poi, fattosi più vecchio, il suo crescente senso di amarezza, l’aspro senso di isolamento, avevano spento la sua capacità di gioirne. Dai quattordici ai venticinque, dunque. Gli anni d’oro. Ah!

Era tutto straordinariamente più vivido allora. La vita era come un sognare da svegli. Non c’erano barriere al mondo; poteva andare dove voleva e vedere tutto quello che voleva. L’intenso aroma dell’esistenza. Immerso nei forti succhi della percezione. Selig non si era reso conto, non prima di aver passato i quaranta, di quanto aveva perduto, negli anni, la sua capacità di mettere a fuoco la sua profondità di campo. Il potere non aveva cominciato a diminuire in maniera sensibile prima che lui fosse già nella trentina inoltrata, ma ovviamente doveva essersi spento per tappe graduali negli anni della sua maturità, deperendo così gradatamente da lasciarlo ignaro della perdita complessiva. Anche in un giorno di quelli buoni, adesso, la ricettività non riusciva più ad avvicinarsi all’intensità dei giorni che lui ricordava nella sua adolescenza. In quegli anni remoti il potere gli aveva portato non soltanto frammenti di conversazione sub-cranica e brandelli separati di anima, come adesso, ma anche uno sfarzoso universo di colori, trame, odori, spessori: il mondo visto attraverso un’infinità di altri agganci sensoriali, il mondo catturato e goduto per la sua gioia nel limpido raggiante sferico riparo dentro la sua mente.


Per esempio. Lui è appoggiato contro un pungente mucchio di fieno — è agosto — in un infuocato paesaggio alla Brueghel; è appena dopo mezzogiorno. È il 1950 e lui è lì, sospeso, tutto tranquillo, tra il quindicesimo e il sedicesimo anno di vita. Qualche effetto sonoro, maestro: la sesta di Beethoven, che zampilla su piano piano, morbidi flauti e giocosi ottavini. Il sole ciondola in un cielo senza nubi. Un leggero venticello agita i salici attorno al campo di grano. Il frumento giovane trema. Il ruscello gorgoglia. Uno storno gli gira sopra la testa. Sente i grilli. Ode il ronzio di una zanzara, e osserva con calma come sparisce sul suo petto nudo, privo di peli, lucido di sudore. Anche i suoi piedi sono nudi; indossa soltanto un paio di blue-jeans attillati, scoloriti. Il ragazzo di città che si immerge nella campagna.

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