Obbedii. Vi sentii ridere, troppo sonoramente, coprivate il mormorio della conversazione. Mi allontanai per parlare con un’agile piccola scultrice giapponese il cui seno piatto, bronzeo spuntava poco attraente da una guaina nera scollata. Stava pensando in francese, e le avrebbe fatto piacere che io le chiedessi di venire a casa con me. Io, invece, tornai a casa con te, Kitty, che te ne stavi seduta imbronciata e sgraziata accanto a me nel metrò vuoto, e quando ti chiesi di che cosa tu e Nyquist avevate discusso, dicesti: — Oh! Stavamo soltanto prendendo in giro un po’ questo, un po’ quello. Stavamo soltanto divertendoci.
Circa due settimane più tardi, in un chiaro frizzante pomeriggio autunnale, il presidente Kennedy fu ucciso a Dallas. Il mercato di borsa chiuse prestissimo subito dopo quel terribile assassinio e Martinson tenne chiuso l’ufficio, buttandomi fuori, intontito, sulla strada. Non riuscivo con facilità ad accettare che fosse vera quella successione di eventi. Qualcuno ha sparato al presidente… Qualcuno ha sparato al presidente… Qualcuno ha sparato al presidente, alla testa… Il presidente è stato ferito; è gravissimo… Il presidente è stato trasportato di corsa al Parkland Hospital… Il presidente ha ricevuto gli ultimi sacramenti… Il presidente è morto.
Non sono mai stato un tipo particolarmente interessato alla politica, ma questa coltellata alla salute stessa della nazione mi buttò a terra. Kennedy era stato l’unico candidato alla presidenza per cui avevo votato che avesse vinto, e loro me lo ammazzavano: la storia della mia vita in una sintetica parabola di sangue. E adesso ci sarebbe stato come presidente quel Johnson. Sarei riuscito ad adattarmici? Io mi aggrappo con le unghie alle zone di stabilità. Quando avevo dieci anni e morì Roosevelt, Roosevelt che era stato presidente durante tutta la mia vita, assaggiai, sulla punta della lingua, quelle sillabe poco familiari: presidente Truman, e le sputai di colpo, dicendomi che avrei chiamato anche lui presidente Roosevelt, perché era così che io ero abituato a chiamare il presidente.Quel pomeriggio di novembre captai vibrazioni di terrore in tutti gli angoli, mentre, spaventato, me ne andavo verso casa. Paranoia generalizzata in tutti e dappertutto. La gente camminava di traverso guardandosi cautamente attorno, spalla contro spalla, pronta a darsela a gambe. Pallide facce di donna occhieggiavano da dietro le tendine appena scostate delle finestre di torreggianti condomini, alti sopra le strade silenti. I conducenti di automobili guardavano in ogni direzione agli incroci, come se si aspettassero di veder comparire i carri armati delle truppe d’assalto rombanti giù per Broadway (a quell’ora quasi tutti ritenevano che l’assassinio fosse il primo colpo di un tentativo rivoluzionario di estrema destra). Assolutamente nessuno indugiava all’aperto; tutti se la filavano verso i rifugi. Adesso tutto poteva succedere. Mute di volpi potevano irrompere fuori dal Riverside Drive. Patrioti impazziti potevano lanciarsi in un pogrom.
Dal mio appartamento — la porta chiusa a chiave, le finestre bloccate — tentai di telefonarti al centro computer, pensando che tu, per chissà quale motivo, potessi non aver saputo la notizia, o forse avevo bisogno di sentire la tua voce in quel momento traumatico. Le linee telefoniche erano fuori uso. Ripetei il tentativo venti minuti dopo. Poi, camminando avanti e indietro, senza motivo, dalla camera da letto al soggiorno, stringendo convulsamente la radiolina e facendo ruotare il selettore nel tentativo di trovare a tutti i costi una stazione radio il cui annunciatore mi dicesse che lui, dopo tutto, era ancora vivo, deviai verso la cucina, e lì, sul tavolo, scovai un bigliettino: diceva che tu mi lasciavi, che non ce la facevi più a restare con me. L’appunto indicava l’ora: le 10,30; prima dell’assassinio, in un’altra era. Mi precipitai nel gabinetto accanto alla camera da letto e vidi quello che fino ad allora non avevo ancora visto: le tue cose erano sparite. Quando le donne mi piantano, Kitty, mi piantano di colpo e di soppiatto; non mi danno nessun preavviso.