— Mi passi Sellors, della sicurezza — disse Walton nell'intercom.
Il viso mite di Sellors apparve sul quadro del visifono. L'uomo batté rapidamente le palpebre, alla vista di Walton e Walton si chiese per un istante fuggevole quanto fosse pauroso il suo aspetto; doveva avere l'aria di un indemoniato, malgrado la collaborazione del filtro "executive", il filtro che agiva sull'immagine trasmessa dal visifono e la mutava leggermente, per dare un aspetto migliore anche al più stanco degli affaticati dirigenti del tempo. Chissà in che condizioni era ridotto lui, Walton, se malgrado il filtro il suo aspetto appariva così disfatto.
— Sellors, desidero che lei mi proclami uno stato di allarme generale, non ufficiale, in tutte le sezioni della Sicurezza, per cercare un certo dottor Lamarre. Troverà la descrizione dell'uomo e le sue caratteristiche essenziali registrate nei nastri delle visite di oggi; è venuto a trovarmi verso mezzogiorno. Il nome è… ehm… Elliot. T. Elliot Lamarre, gerontologo. Non so dove abiti.
— Cosa devo fare quando l'avrò trovato, signore? — chiese il poliziotto.
— Lo porti qui senza indugio, e, se lo trova a casa, sigilli la porta. Potrebbe essere in possesso di certi documenti segreti di estrema importanza.
— Sissignore.
— E metta le mani sul fabbro che ha riparato la porta del mio ufficio. Voglio che la calibratura della combinazione venga immediatamente cambiata.
— Certo, signore.
Lo schermo impallidì. Walton tornò alla scrivania e si gettò come un disperato sul normale lavoro di routine, cercando di restare occupato per non pensare troppo alle altre cose.
Pochi minuti dopo lo schermo tornò a illuminarsi. Era Fred.
Walton fissò freddamente l'immagine del fratello.
— Be', cosa vuoi? Fred ridacchiò.
— Perché sei così pallido e smunto, fratellino mio? Delusioni d'amore?
— Cosa diavolo vuoi?
— Un'udienza da Sua Altezza il Direttore ad Interim, se così aggrada a Vostra Grazia. — Fred sorrise, e fu un sorriso odioso quant'altri mai. — Una, udienza, privata, se, non, vi, dispiace, mio, signore — disse, scandendo bene le parole.
— Bene. Vieni su.
Fred scosse il capo.
— Spiacente, non mi va. Ci sono troppi dannati impianti-spia nel tuo ufficio. Troviamoci da qualche altra parte, che ne dici?
— Dove?
— Il club al quale appartieni, per esempio. La Sala di Bronzo.
Walton balbettò.
— Ma non posso lasciare l'edificio in questo momento! Non c'è nessuno che…
— Immediatamente — disse Fred, seccato. — La Sala di Bronzo. È nella San Isidro, vero? Nel grattacielo Neville?
— Va bene — disse Walton, rassegnato. — C'è un fabbro che deve salire quassù per fare un certo lavoro. Lasciami il tempo di annullare l'ordine e sarò da te.
— Tu scenderai subito — disse Fred. — Io arriverò cinque minuti dopo di te. E non avrai bisogno di annullare l'ordine. Ero "io" il fabbro.
Neville Avenue, dove sorgeva il grattacielo Neville, era la strada più elegante di tutta New York, un'ampia striscia di ferrocemento che attraversava il West Side, tra l'Undicesima Avenue e la West Side Drive, tra la Quattordicesima e la Quindicesima Strada. Era fiancheggiata da enormi edifici ad appartamenti nei quali i grandi capitalisti dell'epoca potevano avere appartamenti di quattro e perfino cinque stanze; e proprio in fondo alla Avenue, di fronte al grattacielo Neville, c'era la poderosa San Isidro, una fortezza di splendente metallo e di pietra i cui sostegni di berillio e acciaio descrivevano archi possenti di centocinquanta metri e più.
Al centocinquantesimo piano della San Isidro si trovava la riservatissima Sala di Bronzo dalle cui finestre di quarzo si poteva vedere la distesa di Manhattan e la confusione frenetica di New Jersey, dall'altra parte del fiume.
Il jetcottero fece scendere Walton sul piano di atterraggio della Sala di Bronzo; diede una mancia troppo alta al conducente, ed entrò nell'edificio. Una porta di bronzo gli si parò dinnanzi. Toccò con la chiave la piastra segreta; la porta si aprì silenziosamente, e lo fece entrare.
Lo schema colorifico, quel giorno, era il grigio; luce grigia usciva dalle pareti luminescenti, tappeti grigi soffocavano i passi, tavoli grigi con piatti grigi si vedevano nella vasta distesa grigia e discreta. Un cameriere vestito di grigio, alto non più di un metro e trenta, si avvicinò silenziosamente a Walton.
— Lieto di rivederla, signore — mormorò. — Il signore non è venuto qui da tempo.
— No — disse Walton. — Sono stato troppo occupato, purtroppo.
— Terribile tragedia, la morte del signor FitzMaugham. Era uno dei nostri membri più famosi e degni. Il signore desidera la sua solita stanza?
Walton scosse il capo.
— Ho un ospite… mio fratello Fred. Avremo bisogno di una stanza per due. Fred si farà identificare, al suo arrivo.
— Naturalmente. Mi segua, prego.