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La sala era il centro di quattro corridoi, compreso quello da cui erano sbucati loro, che dividevano Tronjheim in quattro parti. I corridoi erano identici, tranne quello di fronte a loro. A destra e a sinistra di quel corridoio c'erano alti archi che si aprivano su scale discendenti, identiche. Il soffitto era sormontato da uno zaffiro stellato, roseo come un'alba, di dimensioni straordinarie. La gemma era larga venti iarde e altrettanto spessa. Era stata intagliata a forma di rosa, e così perfetta era stata l'opera che il fiore sembrava quasi vero. Un'ampia cinta di lanterne orlava i bordi dello zaffiro, che proiettava fasci striati di luce rossastra tutto intorno. I raggi lampeggianti della stella all'interno della gemma le conferivano l'aspetto di un gigantesco occhio indagatore. Eragon rimase a bocca aperta per lo stupore. Nulla lo aveva preparato a tutto questo. Gli sembrava impossibile che Tronjheim fosse stata costruita da esseri mortali. La città-montagna faceva impallidire ogni altra città che avesse visto nell'Impero. Eragon dubitava che Urù'baen potesse mai competere con lo splendore e la magnificenza di quel luogo. Tronjheim era uno straordinario monumento al potere e alla perseveranza dei nani.

L'uomo calvo si mise davanti a Saphira e disse: «Da qui in poi dovrete procedere a piedi.» La sua voce fu accolta da una scarica di fischi. Un nano prese in consegna Tornac e Fiammabianca. Eragon smontò da Saphira, ma rimase al suo fianco, mentre l'uomo calvo li conduceva sul pavimento di corniola verso il corridoio a destra.

Lo seguirono per centinaia di piedi, poi entrarono in un piccolo passaggio. Dopo quattro brusche svolte, arrivarono davanti a una massiccia porta di cedro che il tempo aveva macchiato di nero. L'uomo calvo la aprì con una spinta e fece entrare tutti, tranne le guardie.

AJIHAD

E

ragon si fece avanti in un'elegante biblioteca a due piani, gremita di scaffali di legno di cedro. Una scala a chiocciola di ferro battuto risaliva verso un piccolo ballatoio, arredato con due sedie e un tavolo da lettura. Lungo le pareti e sul soffitto erano appese lanterne

bianche per dare la possibilità di leggere in qualsiasi punto della stanza. E pavimento di pietra era coperto da un tappeto ovale, dal disegno intricato. In fondo alla stanza c'era una grande scrivania di noce, e dietro di essa un uomo, in piedi,

La sua pelle riluceva del colore dell'ebano oliato. Il cranio era rasato, ma una corta, curata barba nera gli copriva il mento e il labbro di sopra. Sul volto dai lineamenti decisi spiccavano occhi severi e intelligenti. Le spalle larghe e possenti erano enfatizzate da una lunga veste rossa ricamata con fili d'oro, abbottonata sopra un'elegante camicia viola. Il suo portamento fiero ed eretto emanava un'im mensa autorità,

Quando parlò, la sua voce suonò calda e sicura: «Benvenuti a Tronjheim, Eragon e Saphira. Io sono Ajihad. Venite e mettetevi comodi.»

Eragon si sedette su una poltrona accanto a Murtagh, mentre Saphira si accucciava dietro di loro con aria protettiva. Orik rimase in piedi lì accanto, Ajihad alzò una mano e schioccò due dita. Da dietro la scala a chiocciola uscì un uomo. Era identico all'uomo calvo vicino a lui. Eragon li guardò entrambi con grande sorpresa, e Murtagh si irrigidì. «La vostra confusione è comprensibile. Sono gemelli» disse Ajihad con un breve sorriso. «Vi direi i loro nomi, ma non ne possiedono.» Saphira emise un sibilo ostile. Ajihad la guardò per un istante, poi prese posto su una sedia dall'alto schienale, dietro la scrivania. I Gemelli si ritirarono dietro le scale e rimasero impassibili l'uno accanto all'altro. Ajihad congiunse le punte delle dita e fissò Eragon e Murtagh, studiandoli in silenzio per diversi minuti.

Eragon cambiò più volte posizione nella poltrona; si sentiva a disagio. Infine Ajihad abbassò le mani e fece un cenno ai Gemelli. Uno di loro gli si avvicinò sollecito. Ajihad gli sussurrò qualcosa all'orecchio. L'uomo calvo impallidì all'improvviso e scosse il capo con energia. Ajihad aggrottò la fronte, poi annuì come se avesse avuto conferma di qualcosa.

Posò il suo sguardo su Murtagh. «Mi hai messo in una posizione difficile, rifiutandoti di farti esaminare. Ti è stato concesso di entrare nel Farthen Dùr perché i Gemelli mi hanno assicurato di poterti controllare, e anche per merito delle tue azioni verso Eragon e Arya. Capisco che ci sono molte cose che vuoi mantenere segrete nella tua mente, ma finché lo farai, non potremo fidarci di te.»

«Non vi fidereste di me comunque» disse Murtagh in tono di sfida.

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