— Supponiamo che sia davvero economico spedire l’iridio o il platino. Chi lo estrarrà? E chi lo raffinerà? Dovremo prendere in considerazione la possibilità di una colonia di discrete dimensioni. Forse i nativi ci aiuteranno. Forse insegneremo loro la nostra tecnologia.
"Ci sono persone che sostengono che è una follia pensare di trasportare materie prime, anche materie prime che siano state almeno parzialmente lavorate, come lingotti di metallo. Costoro dicono: ’Perché non costruire qui le fabbriche e ottenere il prodotto finito? Per esempio, perché non costruire navi? Potremmo riempirle di belle cose, di vita e arte, e rimandarle sulla Terra. O altrimenti potremmo proseguire da qui e trovare altri pianeti in altri sistemi’.
"Come potrai immaginare, questo progetto richiederebbe una colonia veramente grande. E un notevole aiuto da parte dei nativi. Dovremmo farli entrare nell’era industriale." Spinse da parte il piatto. "E questo ci porta alla compagna Lu Jiang. Ti ricordi di lei?"
Feci il gesto dell’indecisione, poi aggiunsi: — Non ne sono sicura.
— È la donna che pensa che i nativi siano imprigionati nella loro presente fase storica. Le donne hanno bisogno degli uomini durante la stagione degli accoppiamenti e forse in altri periodi. Nella maggior parte delle società che abbiamo studiato, gli uomini sono importanti economicamente. Almeno fino a un certo punto. — Fece una pausa e aggrottò la fronte mentre cercava evidentemente di riordinare le proprie idee.
"Non è probabile che loro sviluppino il genere di commercio e produzione che porta al capitalismo industriale. Senza capitalismo industriale, non può esserci nessuna rivoluzione. Questi individui saranno per sempre tribali. Se non li aiuteremo, non potranno mai costruire una società socialista.
"Secondo la compagna Jiang, è nostro dovere aiutarli."
— Mi sta venendo mal di testa — dissi.
— Io ce l’ho da giorni. — Si alzò in piedi. — Andiamo.
Portammo i nostri piatti al tavolo riciclante e li accatastammo, poi uscimmo e ci dirigemmo verso il lago. La spiaggia era di ghaia. Sulla spiaggia correvano piccoli uccelli, fermandosi di quando in quando a beccare. Che cosa trovavano, se trovavano qualcosa? Piccoli animaletti? Frammenti di detriti?
— Capisci perché sono convinto che fosse pericoloso venire giù, anche per trovarvi?
— Credo di sì.
— L’ho detto alla riunione. Se l’avessimo fatto questa volta, se fossimo venuti a cercarvi, l’avremmo fatto di nuovo. Ci sarebbe stata un’altra buona ragione e un’altra ancora.
"Ho detto che dovevamo tracciare una linea di demarcazione. Dovevamo stabilire una norma invalicabile."
Naturalmente, ero furiosa con Eddie. Chiunque lo sarebbe stato. Sarebbe stato disposto a lasciarci morire in nome di una teoria, per difendere un mucchio di persone che non conosceva da un pericolo che poteva essere immaginario. Era troppo maledettamente astratto per me. Pensai a me sull’isola e a Derek sul suo banco di sabbia. Potevamo morire. Con tutta probabilità.
— L’assemblea non ti ha ascoltato.
— No. Erano bramosi, e hanno sentito la Ivanova fare il suo discorso sul Codice dello Spazio.
— Perché hai partecipato a questa spedizione se non volevi incontrare degli alieni?
— Speravo che sarebbero stati così maledettamente diversi che non ci saremmo potuti danneggiare a vicenda. Ho pensato che se ci fossero state delle persone qui e fossero state vulnerabili, doveva esserci qualcuno sulla nave con una buona memoria. Qualcuno che fosse pronto a difenderli. — Guardò verso il lago scintillante. — Eddie l’Eroe Galattico. L’uomo che ha cercato di salvare il suo popolo… 400 anni dopo e a più di 18 anni luce da casa. — Mi lanciò un’occhiata. I suoi occhiali erano stati trasparenti nella sala da pranzo, ora erano nuovamente come metallo lucidato.
Restai in silenzio.
— Mi sono infuriato. Credo che farò una passeggiata.
— Okay.
S’incamminò lungo la spiaggia. Io andai in cerca della cupola numero uno.
Era deserta: nessun altro acquirente e nessun consulente di moda volontario, niente all’infuori di un computer su un tavolo accanto alla porta. Schiacciai un tasto per la richiesta di indumenti e il computer rispose con una mappa. CORRIDOIO NUMERO DUE, SCAFFALI DALL’UNO AL NOVE. — PREGASI RICORDARE DI INSERIRE LE VOSTRE SCELTE — aggiunse in gialle lettere luminose. — SENZA QUESTA INFORMAZIONE NON POTREMO ADDEBITARE IL VOSTRO CONTO.
Presi i miei vestiti e tornai nella mia stanza. Il mio letto era rifatto. C’era un biglietto di Derek sul cuscino.
RICORDA SEMPRE: L’ORDINE E QUASI ZELO RIVOLUZIONARIO.
Accartocciai il biglietto e lo gettai nel bidone riciclante, poi indossai un paio di jeans, una camicia di un rosa vivace, alti stivali, una cintura di pelle di lucertola. Mi serviva qualche gioiello. Il computer non ne aveva, il che non era affatto sorprendente. Se volevo dei gioielli sulla nave, non schiacciavo il tasto del reparto approvvigionamenti, ma quello relativo ad arti e manufatti, oppure mi rivolgevo agli scambi personali.