C’era un corridoio principale che attraversava gli alloggiamenti. I cinesi ne avevano rivestito una parte con tavole di sughero e l’avevano chiamato il Muro della Democrazia. Sostenevano che era necessario per la corretta espressione della volontà popolare.
Che cosa c’era di male nei computer? avevamo chiesto noialtri.
I computer isolavano le persone, ciascuna seduta di fronte al suo piccolo schermo. Il muro riuniva le persone. Potevano discutere di ciò che leggevano. Potevano guardarsi attorno e vedere come reagivano i loro vicini. Potevano distinguere chi stava ascoltando.
I computer accentuavano il pensiero lineare e la logica. Il muro, al pari dell’ideogramma cinese, usava modi lineari
Inoltre, era tradizionale. Gli esseri umani avevano sempre scritto e disegnato sui muri.
Era difficile mettere in discussione questo concetto, e il muro aveva un certo fascino disordinato. Non c’era modo di sapere che cosa vi avrebbero affisso le persone: un disegno ingegnoso, una stupida poesiola, una maschera di cartapesta: "Cercasi… un compagno per gli scacchi". E un sacco di ragionamenti politici. Era un modo di raggiungere quelle persone che non avrebbero mai pensato di partecipare a nessuna delle reti di discussione politica.
Eddie proseguì: — Lu Jiang, l’idraulica, ha una teoria, che ha affisso al muro. Dice quanto segue: se le informazioni che abbiamo ora sono esatte, tutte le società indigene sono ferme a uno stadio di sviluppo pre-urbano. Per quanto ne sappiamo, è impossibile sviluppare una tecnologia avanzata al di fuori delle città. Senza una tecnologia avanzata, non può esserci alcun proletariato, e senza proletariato, non può esserci alcuna rivoluzione socialista. Di conseguenza, sostiene, gli sventurati abitanti di questo pianeta non raggiungeranno mai una società socialista. Naturalmente è stata criticata per aver sottovalutato il ruolo dei contadini nella realizzazione del socialismo.
— Sembra splendido.
— È pericoloso, Lixia. C’è gente che incomincia a dire che, se Jiang ha ragione, allora forse dovremmo prendere contatti con le popolazioni autoctone del pianeta; contatti formali, dicendo loro chi siamo. Forse abbiamo da offrire loro la nostra tecnologia. Se non lo faremo, li condanneremo a un’esistenza senza possibilità di progresso. Resteranno per sempre come sono.
Mi massaggiai il naso.
Lui continuò. — Ciò che vedo verificarsi è un’alleanza fra gli altruisti e i tecnologi. Coloro che amano le persone e coloro che amano le macchine. Insieme decideranno che dobbiamo aprire il pianeta alla colonizzazione.
— Eddie, ti stai crucciando anzitempo.
— Ascoltami. Mio nonno era un uomo di medicina. Vedeva le cose prima degli altri. E ti assicuro, in questo momento ho la sua stessa capacità. Riesco a vederlo come in una visione: le miniere, le raffinerie e i proletari coperti di pelliccia, che timbrano il cartellino ogni mattina.
Decisi di mettere fine alla conversazione. Eddie si stava adirando e non volevo avere alcuna parte in nessuna delle sue collere.
— Adesso spengo questo aggeggio. Voglio fare la mia ginnastica.
— Okay. Di’ a Derek di chiamare. No. Ripensandoci, lascia perdere. Lui si ricorda sempre di farlo.
Spensi la radio e feci ginnastica. Dopo di che meditai, tenendo lo sguardo fisso sull’orizzonte orientale. Il cielo laggiù era di un azzurro intenso e limpido con una sfumatura di verde. Più in alto, dove l’azzurro si schiariva e si faceva un po’ più verde, brillava un punto luminoso. Un pianeta. Mi concentrai sulla respirazione. Dentro. Fuori.
Alle mie spalle sentii la voce di Derek. — Stai raggiungendo l’unità con l’universo?
Mi contrassi, poi mi guardai attorno. Era fermo a circa un metro di distanza. Mi era arrivato vicino senza fare il minimo rumore. Sorrideva. — Vuoi del peyote? Ne ho portato giù un po’.
— Mi sembrava che avessimo convenuto sull’esclusione di qualunque narcotico sulla superficie di questo pianeta. A meno che, naturalmente, non fossero stati forniti dai nativi.
— Per prima cosa, il peyote è un allucinogeno. E in secondo luogo, è necessario per la pratica della mia religione.
— Il comitato ti ha dato il consenso?
— Quale? La nave è piena di comitati.
Aprii la bocca per parlare, ma lui sollevò una mano. — Hai ragione. Non ho avuto il permesso.
— E questa che cosa sarebbe? Una specie di ribellione infantile?
— Mi sono stancato delle regole. Mi pare di capire che non vuoi del peyote.
— No.
— E del sesso che ne dici? Stavo notando che sei molto attraente quaggiù. Credo che dipenda dalla luce del sole. Non c’è niente che abbia un bell’aspetto sulla nave. Ma qui. — Fece un cenno della mano in direzione del cielo che si andava oscurando.
Ci pensai su un momento. — Okay.
Derek si sedette accanto a me e mi cinse con un braccio.