Parma si grattò un attimo il naso rosso. — Mi piace come fai fuori una pinta, Willy, ma se non fosse per quello…
— Grazie, Felix. Dov’è la mia valigia? — Carewe strisciò nel retro del camioncino e si tolse il pigiama. La medicazione che aveva sul petto era piccola e fatta bene. Si vestì. Era appena tornato sul sedile passeggeri, quando il rombo di un motore a getto soffocò il ronzio discontinuo del camioncino. Un velivolo argenteo attraversò il cielo, puntò il muso verso l’alto e scomparve dietro gli alberi.
— Ecco qua la tua navicella. — È In anticipo — commentò Parma.
— Non credevo che facesse tanto rumore.
— Tutti gli apparecchi a decollo e atterraggio verticale sono rumorosi. E una caratteristica di costruzione, solo che in genere li senti salire o scendere in un campo tubolare. — Parma sbuffò forte. — E qui, nessuno si preoccupa di finezze del genere.
— E il pilota? Farà difficoltà?
— Non credo. — Parma guardò l’orologio. Era un vecchio modello a radio; però, Carewe fu costretto ad ammetterlo, funzionava in posti dove il suo tatuaggio restava inattivo. — Dovrebbe essere Colleen Bourgou. Quando vola su questa rotta, atterra sempre in anticipo per prendere il sole. La conosco molto bene.
— È la ragazza che mi ha portato qui?
— Già. Me n’ero dimenticato. — Parma gli tirò un colpetto al fianco. — L’hai notata, eh?
— Sì. — Carewe tornò indietro col pensiero, rivide la bionda che, con la massima indifferenza, si era tolta la camicetta di fronte a lui. Allora, Carewe aveva provato un misto di eccitazione e senso di colpa; ma non era niente, a paragone del desiderio scatenato che l’immagine del suo petto nudo accendeva in lui adesso. “Avevano proprio ragione sull’E-ottanta” si disse. “Non mi sono affatto disattivato.” Pochi minuti dopo, il camioncino emerse nel chiarore della radura d’atterraggio. La ragazza, che se ne stava già seduta sugli scalini, s’infilò di corsa la camicetta, con l’agilità di un animale della giungla. I due uomini colsero solo il bagliore vago della sua pelle abbronzata.
— Guardala là — sussurrò Parma e, per la prima volta, fece un accenno diretto al fatto che Carewe fosse un freddo. — Te la sei spassata per trenta o quarant’anni, Willy. Non hai rimpianti?
— Qualcuno — rispose Carewe, — ma forse non del tipo che pensi tu.
10
— Buongiorno, Colleen — urlò Parma. — Non smettere di prendere il sole per me.
La ragazza scrutò l’interno della cabina del camioncino, socchiudendo gli occhi alla luce fortissima. — Smetto per me. Prima ti farai disattivare, meglio sarà per tutti, Felix.
— Ma che gentilezza — disse Parma, offeso. — E questo il modo di ringraziarmi perché mi mantengo pronto all’uso?
— Perché ti sei messo in salamoia, vuoi dire?
— Stamattina sei troppo acida per i miei gusti. — Parma saltò a terra, e Carewe lo seguì. — Conosci già Will Carewe, no?
— Sì. — La ragazza guardò Carewe. Lui si accorse che le pupille dei suoi occhi, riflettendo la luce del sole, splendevano come monete d’oro.
— Vorrei che gli dessi un passaggio fino a Kinshasa. Deve tornarsene a casa a tutta birra.
— Davvero? Si è fermato poco.
— Si è preso una pugnalata in petto da un primitivo — si affrettò a spiegare Parma. — Non dovrebbe nemmeno essere in piedi, ma, ripeto, ha buone ragioni per andarsene subito.
La ragazza osservò Carewe con maggior interesse, ma la sua voce era dubbiosa. — Se me lo chiedi tu, posso anche falsificare la bolla di consegna, però non è che io piloti un’ambulanza. Se stesse male durante il volo?
— Un tipo robusto come Willy? Adesso ti racconterò qualcosa, Colleen. Questo ragazzo…
— È capacissimo di parlare da sé — intervenne Carewe. — Vi assicuro che non starò male, non sverrò o non commetterò altre stupidaggini in volo. Mi prendete a bordo o no?
— Calma, calma. — Colleen guardò di nuovo Carewe, e a lui parve di notare nella sua espressione un’ombra di sorpresa. — Va bene. Saltate su appena siete pronto.