Lui la fissò, orripilato. C’era qualcosa di terribilmente storto nelle monete d’oro che erano i suoi occhi… No, non negli occhi: nella loro distanza. Si era verificato un capovolgimento mostruoso, e ora gli occhi di Colleen erano separati tra loro dalla circonferenza dell’universo meno l’ampiezza del suo setto nasale. Erano sempre sulla sua faccia, ma separati da miliardi di anni luce…
— Non lentamente — urlò lei. — Irrespira!
— I tuoi occhi… La simultaneità non einsteiniana delle tue pupille che sbattono…
Le mani di Colleen erano uccelli stupefatti. Non ci turba un su negativo.
Venti bianchi che ululavano, la gravità che schiacciava… Schiacciava? Carewe strizzò gli occhi, mise a fuoco gli altri sedili. Stavano cambiando posizione l’uno rispetto all’altro, però quello era un fenomeno vero. Braccia di metallo gli cingevano il corpo. Il suo unico polmone batteva forte come un cuore. Guardò in basso, verso gli alberi che danzavano, poi di nuovo in alto. La navicella, nel cui ventre era apparso un foro rettangolare, volava via da sola, sempre più lontana al di sopra di lui. Tutt’attorno, gli altri sedili salivano e scendevano a seconda delle correnti d’aria, oppure giravano lentamente su se stessi, lasciando penzolare le cinghie inutili. L’aria fredda, gelida, gli batteva sulle narici.
— Non temere — urlò Colleen, e lui vide avvicinarsi il suo sedile, più grande degli altri, circondato da manicotti, fili e pulsanti. — Il mondo è a forma di pera. La rotazione lo riporterà sotto di noi.
— Cos’è… cos’è successo? — gridò lui, aggrappandosi ai braccioli del sedile. A occidente, un fiume scorreva calmo. Gli parve di vedere una nuvola di fumo sulla riva più vicina. Le cime degli alberi erano vicinissime, crescevano sotto di lui a velocità vertiginosa. — Cosa ci ha preso?
— Calcolo uguale caos — rispose Colleen, mentre la sua voce quasi si disperdeva nel turbinio dell’aria.
— Attenta — l’avvertì lui, — stiamo atterrando. — Studiando il bracciolo del sedile, scoprì una minuscola cloche verticale in un incavo. Gli tornarono in mente le migliaia di volte in cui, con la massima attenzione, aveva letto il manuale di volo per passeggeri. Portando la cloche all’indietro, sarebbe aumentata la porosità del campo di forza invisibile che sorreggeva il sedile, e sarebbe aumentata la velocità di discesa. Spostandola in avanti, il campo si sarebbe intensificato; muovendola di lato, il campo si sarebbe distorto di continuo, e il sedile avrebbe seguito la traiettoria indicata dagli spostamenti.
Carewe si raggomitolò su se stesso: aveva oltrepassato le cime degli alberi più alti, stava piombando su una vallata dai contorni irregolari. Udì vagamente i rumori prodotti da altri sedili che si stavano fracassando tra le foglie; ma tutta la sua attenzione era concentrata sui movimenti minimi, apparentemente di nessuna importanza, del pollice sulla cloche, movimenti che avrebbero dovuto garantirgli la salvezza. Gli si parò davanti un albero basso. Spinse la cloche verso destra, in direzione di una radura, ma il sedile non rispose subito al comando. Piombò tra le fronde. Il sedile sussultò, tremò, rallentò, mentre i rami gli graffiavano la faccia; poi lui si trovò a terra, miracolosamente seduto. Il rumore degli altri sedili che precipitavano sugli alberi era forte. Carewe premette un pulsante. Le braccia metalliche del sedile rientrarono, lasciandolo libero.
— Ehi, ciao!
Alzò la testa. Il sedile di Colleen era appeso, di traverso, fra i rami più bassi di un albero enorme. La ragazza era sospesa a circa otto metri dal suolo, ma sorrideva.
— Tieni duro — le urlò. — Salgo a prenderti.
— Tutto a posto. Niente calcoli, niente caos. — Colleen si liberò dal sedile e si lanciò in aria. Scese a peso morto, i capelli scompigliati, le gambe che si agitavano, e atterrò in un cespuglio.
Carewe corse avanti sul terreno irregolare, aprì un varco nel cespuglio con mani tremanti. Colleen era svenuta. Un rivoletto di sangue, rosso e lucido come lacca, le solcava la fronte. Lui le sollevò la palpebra, le sfiorò il bulbo oculare. L’occhio non reagì. Stando alle nozioni di medicina di Carewe, molto limitate, la cosa significava che la ragazza era in stato d’incoscienza completa. Forse c’era di mezzo anche una commozione cerebrale. Esplorò il suo corpo con le mani, non scoprì ossa rotte. La tirò fuori dal cespuglio e la depositò sul terreno erboso.