L’uomo protese la mano, e Carewe si lasciò cadere la pastiglia nel palmo. Un secondo dopo, il corpo vestito di bianco gli si precipitò addosso. Una mano robusta gli premette sulla bocca, schiacciandogli la pastiglia contro i denti. Mortalmente certo che per lui sarebbe stata la fine se avesse ingoiato la pastiglia, Carewe tentò di scrollarsi di dosso l’avversario; ma le sue ginocchia erano intrappolate dalle coperte. La mano dell’altro gli chiuse le narici, privandolo dell’aria, il che significava che poteva resistere solo per pochi secondi. Carewe cominciò a vedere rosso; poi si accorse di avere qualcosa nella sinistra: il bicchiere d’acqua. Stringendolo senza esitare, lo scagliò verso quella faccia in ombra. Il vetro si frantumò, l’acqua gli scese giù per il braccio, e d’improvviso lui riuscì di nuovo a respirare. Lo sconosciuto saltò indietro, con un gemito. Si portò la sinistra sulla guancia ferita, e nella destra apparve un coltello. Carewe, freneticamente, buttò via le coperte, rotolò giù dal letto, saltò a terra e si mise a correre verso la porta, inseguito a poca distanza dal suono di altri passi. All’interno del suo petto, qualcosa ballonzolava. Una cosa umida, molliccia. Una parte del suo cervello, disgustato, capì che si trattava del polmone disattivato; ma tutta la sua attenzione era concentrata nella fuga. Non voleva ritrovarsi con un coltello nella schiena. Superò con un salto la porta, ne vide un’altra che portava a un ufficio, scattò avanti. L’ufficio era deserto. Prese da una scrivania una statuetta di legno e si girò per difendersi, ma lo sconosciuto era svanito. L’unico rumore che si udiva era lo sbattere irregolare delle porte stile saloon. Si avventurò verso il corridoio, e proprio in quel momento, nel rettangolo buio della soglia, apparve una figura vestita di bianco. Carewe alzò la sua clava improvvisata, ma si trattava soltanto dell’infermiera che conosceva già.
— Non dovreste alzarvi da letto, signor Carewe — disse la donna, scrutando sospettosa la statuetta di legno. — Cosa succede?
— Qualcuno ha tentato di uccidermi — rispose lui, affranto.
— Avete avuto un incubo. Ora tornate a letto.
— Ero perfettamente sveglio. — Le tese la statuetta. — Non avete visto nessuno uscire di corsa, un minuto fa? E poi, perché non eravate qui?
— Non ho visto correre nessuno… E se proprio volete saperlo, non ero qui perché mi hanno telefonato che c’era stato un incidente in sala comunicazioni.
— Ed era vero?
— No.
— Una prova perfetta. — Carewe era trionfante.
— Una prova di cosa?
— Che qualcuno vi ha fatta allontanare per potermi uccidere tranquillamente.
— Signor Carewe — disse l’infermiera, cominciando a spingerlo verso la corsia, — quella telefonata prova soltanto che Felix Parma o qualcuno degli altri si è ubriacato come al solito. Probabilmente se ne stanno nascosti qui fuori, al buio, a cercare di trovare il modo per disturbare gli altri. Adesso, volete tornare a letto?
— Va bene. — Carewe ebbe un’altra idea. — Date un’occhiata qui. — Le fece strada, si mise a frugare nel letto disfatto. La pastiglia azzurra era scomparsa, e sul bicchiere rotto non c’erano tracce di sangue. Esaminandosi la manica sinistra, scoprì una macchiolina rossa, purtroppo resa quasi invisibile dall’acqua che gli si era rovesciata sul braccio.
— C’è una macchia di sangue — disse, sicuro di sé.
— E lì ce n’è un’altra. — L’infermiera puntò l’indice sul fianco di Carewe: una chiazza scarlatta stava impregnando la stoffa del pigiama. — Avete riaperto la ferita. Adesso mi toccherà fare un’altra medicazione.
Carewe respirò a fondo; poi decise di risparmiare il fiato sino al mattino, quando avrebbe visto Kendy, il coordinatore delle Nazioniunì.
— Lo so che devo aver letto tutto nel vostro dossier, ma ho dimenticato i particolari — disse Kendy. — Signor Carewe, quanti anni avete, esattamente?
— Quaranta.
— Oh! Allora vi siete fatto disattivare da poco.
L’espressione “fatto disattivare” irritò Carewe. Fu quasi sul punto di dire a Kendy di non usarla; poi capì cosa l’altro avesse in mente. Era risaputo che i freddi più anziani, timorosi della morte ma stanchi della vita, a volte si lasciavano sopraffare dal desiderio di morire. Senza saperlo a livello conscio, diventavano altrettante zone disastrate: gli incidenti si succedevano agli incidenti, finché non capitava l’inevitabile fatalità.
— Da pochissimo — disse Carewe. — Comunque non ho tendenza agli incidenti, se è a questo che volete arrivare.
— Era solo un’idea. — Kendy studiò la piccola corsia con evidente disgusto. Doveva essere ansioso di andarsene, di occuparsi di questioni più importanti. La sua carnagione rosa era quasi luminosa, alla luce del giorno che entrava dalla finestra. — C’è stata la storia dell’interruttore nel vostro chalet, poi l’affondamento dell’anfibio, e…
— Non ho tendenza agli incidenti, e sono ben deciso a mantenermi in vita — lo interruppe Carewe.
— Come dicevo, era solo un’idea.