— Lo so cosa state pensando, signor Carewe — disse Willis. — Ma qui abbiamo a che fare con individui che hanno rifiutato tutti i valori della nostra civiltà. È un loro privilegio, naturalmente. Non è che noi vogliamo costringere nessuno all’immortalità. Però è altrettanto giusto che non permettiamo loro di uccidere altri esseri umani.
— Non è né il momento né il posto per un indottrinamento — intervenne, secco, Storch. — Vi avevo consigliato di tornare al campo a riposare, signor Carewe. Se non siete pronto per il lavoro, state solo sprecando il tempo vostro e quello di tutti gli altri. Quindi, avete intenzione di somministrare il biostatico in modo che io possa avanzare nel villaggio, oppure devo fermarmi qui e pensarci da solo?
— Faccio io — mormorò Carewe, e aprì la borsa. — Mi spiace. Forse sono un po’ scosso.
— Tutto a posto. — Storch fece un segnale, e quattro uomini lo raggiunsero. Assieme, ripartirono di corsa tra le capanne.
— Cominciate con questi tre. — Willis gli indicò gli indigeni tenuti fermi dagli uomini della squadra. Due si immobilizzarono immediatamente, ma il terzo raddoppiò gli sforzi per liberarsi. Era sui vent’anni, con braccia robustissime. Le vene varicose che sporgevano all’altezza dei bicipiti lasciavano intuire lunghe ore di lavoro duro. I due uomini che lo tenevano fermo volarono quasi via: scivolarono sul fango, in una specie di danza grottesca. Carewe si protese in avanti, pistola ipodermica alla mano. L’indigeno, con una smorfia di terrore e di odio, si ritrasse così violentemente che i due uomini caddero a terra con lui.
— Cosa stai aspettando? — urlò uno dei due, disgustato.
— Scusate. — Carewe girò attorno ai due, giunse alle spalle del primitivo, gli sparò il liquido nel collo. L’indigeno si afflosciò. Dopo qualche secondo, i due uomini delle Nazioniunì lo lasciarono andare e si alzarono. Carewe si avvicinò agli altri due indigeni, che per fortuna erano completamente sottomessi e gli presentarono i polsi senza la minima resistenza. Eppure, quella loro arrendevolezza gli parve ripugnante. Continuò a tenere d’occhio il primo selvaggio a cui aveva somministrato il biostatico. Lo vide incamminarsi debolmente verso la soglia di una capanna, dove una ragazza alta lo strinse fra le braccia. La ragazza tolse dalla pettorina dell’uomo, l’unica cosa che gli coprisse il petto, qualche schizzo di fango, come una madre che si prendesse cura del figlio. Gli dal tetto di foglie, si aprirono e si chiusero lentamente. Fu come se due eliografi inviassero a Carewe messaggi dal contenuto enigmatico. “Ho rinunciato troppo in fretta ad Athene.” Quel pensiero esplose nella sua testa come una granata. “Dovrei tornare da lei.”
— Li abbiamo sistemati tutti — disse uno degli uomini in uniforme da combattimento, pulendosi la faccia dal sudore e dalla pioggia. — Andiamocene.
La mente di Carewe era sommersa da immagini di Athene. — E le donne?
— A loro non dobbiamo pensarci. Di solito si presentano spontaneamente a uno dei centri delle Nazioniunì. Sta a loro decidere.
— Oh. — Carewe rimise nella borsa la pistola ipodermica. — Le donne non contano.
— Nessuno ha detto che non contano. E solo che non se ne vanno in giro ad ammazzare gente, ecco tutto.
— Che signorilità — commentò Carewe. Gli altri si stavano preparando a incamminarsi nella direzione presa da Storche dai suoi quattro uomini. — Un attimo, per favore. Vorrei parlare col primo uomo a cui ho fatto l’iniezione.
— Io non te lo consiglierei, amico.
Nemmeno Carewe pensava che fosse una mossa intelligente; però, nella sua immaginazione, il primitivo che si era ribellato così a lungo rappresentava lui stesso. Anche se nel sangue e nei tessuti del Carewe nero non era entrato l’E-80, per cui Carewe aveva tutti i vantaggi. Si avviò nella radura al centro delle capanne, sotto lo sguardo di uomini e bambini; raggiunse la capanna sulla cui soglia era ancora fermo, a testa china, l’indigeno sporco di fango. Al suo avvicinarsi, la ragazza si ritrasse fra le tenebre dell’interno.
— Parli inglese? — chiese, incerto.
L’uomo alzò la testa. I suoi occhi trafissero come spilli lo sguardo di Carewe, in una manifestazione silenziosa ma eloquente di ostilità; poi il primitivo voltò la faccia verso la parete della capanna.
— Mi dispiace — disse Carewe, anche se capiva che era troppo poco. Stava tornando dagli uomini delle Nazioniunì, quando la ragazza uscì dalla capanna a una velocità spaventosa. Gli saltò addosso, ci fu uno scintillio metallico nella sua mano, poi la donna si tirò indietro. Carewe fissò la sua faccia trionfante per un lungo momento, prima di abbassare gli occhi a guardare il coltello che gli usciva dal petto.
Quando gli uomini delle Nazioniunì tornarono a prenderlo, lui era in ginocchio nel fango e continuava a scuotere la testa, incredulo.
9
— Era un coltello molto vecchio — commentò Dewery Storch. — È questo che vi ha salvato.
Carewe fissò sobriamente il tettuccio della roulotte in cui lo avevano coricato. — Come sto?
— Sopravviverete.