«L'oggetto davanti al quale si trovava in posa l'uomo con la tuta spaziale era una lastra verticale di materiale nerissimo, alta circa tre metri e larga un metro e mezzo […] Perfettamente simmetrica e con spigoli geometrici, era così nera da dare l'impressione che assorbisse la luce dalla quale veniva illuminata; non esisteva assolutamente alcun particolare superficiale.»Un misterioso monolito, un'astronave diretta verso Saturno e un calcolatore di inconcepibile capacità…Estesione del racconto «La sentinella», questo romanzo è stato portato al cinema da Stanley Kubrick nel 1968.Arthur C. Clarke è considerato fra i più grandi scrittori di fantascienza di tutti i tempi. Personalità straordinaria, non solo nel campo della narrativa, scrisse un articolo nel 1945 che portò all'invenzione della tecnologia satellitare. Si spegne il 19 marzo 2008 a Colombo, nello Sri Lanka che tanto amava e in cui viveva da decenni.
Arthur C. Clarke , Stanley Kubrick
Научная Фантастика18+Arthur C. Clarke
Stanley Kubrick
2001: Odissea nello spazio
INDICE
PREMESSA
PARTE I — NOTTE PRIMEVA
PARTE II — TMA-1
PARTE III — TRA I PIANETI
PARTE IV–L’ABISSO
PARTE V–LE LUNE DI SATURNO
PARTE VI — ATTRAVERSO LA PORTA DELLE STELLE
PREMESSA
Dietro ogni uomo oggi vivente stanno trenta spettri, poiché questo è il rapporto con il quale i morti superano il numero dei vivi. Dagli albori del tempo, grosso modo cento miliardi di esseri umani hanno camminato sul pianeta Terra.
Orbene, è questo un numero interessante, in quanto, per una coincidenza bizzarra, esistono approssimativamente cento miliardi di stelle nel nostro universo locale, la Via Lattea. Così, per ogni uomo che abbia vissuto, in questo universo splende una stella.
Ma ognuna di queste stelle è un astro, spesso di gran lunga più brillante e luminoso della piccola stella a noi vicina che chiamiamo il Sole. E molti, la maggior parte, forse, di questi astri estranei hanno pianeti che ruotano intorno ad essi. Così, quasi certamente, esistono abbastanza terre nel firmamento per offrire a ciascun componente della specie umana, tornando indietro nel tempo fino al primo uomoscimmia, il suo paradiso, o il suo inferno, personale, grande come il nostro mondo.
Non abbiamo alcun modo di supporre quanti di questi potenziali inferni e paradisi siano attualmente abitati, e da quale specie di creature; il più prossimo è un milione di volte più lontano di Marte o di Venere, le mete ancor remote della prossima generazione. Ma le barriere della distanza stanno crollando; un giorno incontreremo i nostri pari, o i nostri padroni, tra le stelle.
Gli uomini hanno tardato ad affrontare tale prospettiva; alcuni sperano ancora che possa non avverarsi mai. Ma altri, in numero sempre più grande, si stanno domandando: «Perché questi incontri non si sono già determinati, dato che noi stessi siamo sul punto di avventurarci nello spazio?»
Perché no, infatti? Ecco una possibile risposta a questo interrogativo ragionevolissimo. Ma, vi prego di ricordarlo: il libro è soltanto frutto dell’immaginazione.
La verità, come sempre, sarà di gran lunga più strana.
PARTE I
NOTTE PRIMEVA
1. LA VIA DELL’ESTINZIONE
La siccità si protraeva ormai da dieci milioni di anni, e il regno delle terribili lucertole era finito da molto tempo. Lì, sull’Equatore, nel continente che un giorno sarebbe stato chiamato Africa, la lotta per la vita aveva raggiunto un nuovo diapason di ferocia, e il vincitore ancora non si intravedeva. In quella terra sterile e arida soltanto le creature piccole o fulminee o feroci potevano prosperare, o appena sperare di sopravvivere.
Gli uominiscimmia del veldt non possedevano alcuna di queste caratteristiche e non stavano prosperando; si trovavano anzi già molto avanti sulla via dell’estinzione della razza. Una cinquantina di loro occupava un gruppo di caverne che dominavano una valletta riarsa, percorsa da un pigro torrente alimentato dalle nevi delle montagne trecentoventi chilometri più a nord. Nei tempi cattivi il torrente svaniva del tutto, e la tribù viveva all’ombra della sete.
Erano sempre affamati, gli uominiscimmia, e ora stavano morendo di fame. Quando il primo tenue chiarore dell’alba si insinuò nella caverna, GuardalaLuna vide che suo padre era morto durante la notte. Ignorava che il Vecchio fosse suo padre, poiché un simile rapporto di parentela era completamente al di là dalle sue capacità di comprensione, ma, mentre contemplava il corpo emaciato, provò un’inquietudine vaga, l’antenata della tristezza.
I due piccoli già uggiolavano chiedendo cibo, ma tacquero quando GuardalaLuna ringhiò contro di loro. Una delle madri, per difendere il poppante che non riusciva ad allattare a sufficienza, ringhiò a sua volta irosamente; a lui mancò la forza anche soltanto di percuoterla per la sua presunzione.
Ormai faceva abbastanza chiaro per andarsene. GuardalaLuna sollevò il cadavere avvizzito e lo trascinò dietro di sé, mentre si chinava sotto la bassa volta della caverna. Una volta fuori, si caricò il corpo sulle spalle e assunse una posizione eretta… l’unico animale in quel mondo che ne fosse capace.