Читаем 2001: Odissea nello spazio полностью

Tra le creature della sua razza, GuardalaLuna era quasi un gigante, alto forse un metro e mezzo, e, sebbene assai denutrito, pesava più di cinquanta chili. Il suo corpo peloso e muscoloso era una via di mezzo tra la scimmia e l’uomo, ma la testa si avvicinava molto di più a quella dell’uomo che a quella della scimmia. La fronte era bassa, con sporgenze ossee sopra le orbite, eppure egli possedeva inequivocabilmente nei propri geni la promessa dell’umanità. Mentre contemplava, fuori dalla caverna, il mondo ostile del Pleistocene, v’era già qualcosa nel suo sguardo che trascendeva le capacità di qualsiasi scimmia. In quegli occhi scuri, profondamente infossati, si celava una nascente consapevolezza… i primi barlumi di un’intelligenza cui ancora per epoche non sarebbe stato possibile estrinsecarsi, e che presto si sarebbe potuta estinguere per sempre.

Non si vedeva alcun indizio di pericolo, e così GuardalaLuna incominciò a strisciare giù per il pendìo quasi verticale fuori dalla caverna, ostacolato soltanto in modo trascurabile dal suo fardello. Quasi avessero aspettato il suo segnale, gli altri della tribù sbucarono fuori dai loro rifugi, più in basso sulla parete rocciosa, e incominciarono ad affrettarsi verso le acque melmose del torrente per l’abbeverata mattutina.

GuardalaLuna spinse lo sguardo oltre la valle per vedere se gli Altri fossero visibili, ma non se ne scorgeva traccia. Forse non erano ancora usciti dalle loro caverne, oppure stavano già foraggiando più avanti, lungo il fianco della collina. Poiché rimanevano invisibili, GuardalaLuna li dimenticò; era incapace di crucciarsi per più di una cosa alla volta.

Anzitutto doveva sbarazzarsi del Vecchio, ma questo era un problema che richiedeva poca riflessione. Vi erano state molte morti in quella stagione, una di esse nella sua caverna; doveva soltanto lasciare il cadavere dove aveva abbandonato l’ultimo piccolo, all’ultimo quarto di luna, e le iene avrebbero fatto il resto.

Già erano in attesa, ove la valletta si apriva a ventaglio nella savana, quasi avessero saputo che lui stava arrivando. GuardalaLuna lasciò il cadavere sotto un piccolo cespuglio (tutte le ossa di prima erano già scomparse) e si affrettò a tornare indietro per raggiungere la tribù. Non doveva pensare mai più a suo padre.

Le sue due femmine, gli adulti delle altre caverne, e quasi tutti i giovani stavano foraggiando tra gli alberi resi stenti dalla siccità, più a monte nella valle, in cerca di bacche, di radici succulente e di foglie, nonché, occasionalmente, di inaspettati colpi di fortuna come piccole lucertole o roditori. Soltanto i piccoli e i più deboli tra i vecchi venivano lasciati nelle caverne; se al termine delle ricerche di un’intera giornata fosse avanzato del cibo, avrebbero potuto sfamarsi. Altrimenti, ben presto, le iene sarebbero state fortunate una volta di più.

Ma quel giorno era propizio, anche se, non serbando alcun vero ricordo del passato, GuardalaLuna non poteva paragonare un periodo di tempo con l’altro. Egli aveva trovato un alveare nel tronco di un albero morto, e si era così goduto la suprema ghiottoneria che il suo popolo potesse mai conoscere; seguitava a leccarsi le dita, di tanto in tanto, nel tardo pomeriggio, guidando il gruppo verso la caverna. Naturalmente, gli era toccato anche un bel numero di punture, ma quasi non ci aveva badato. Si trovava adesso tanto vicino al completo soddisfacimento quanto forse non lo sarebbe mai più stato; infatti, sebbene fosse ancora affamato, non era effettivamente indebolito dalla fame. Questo era il massimo cui un uomoscimmia potesse mai aspirare.

La sua contentezza svanì quando giunse al torrente. Gli Altri erano là. Vi si trovavano ogni giorno, ma non per questo la cosa sembrava meno esasperante.

Erano una trentina circa, e sarebbe stato impossibile distinguerli dagli appartenenti alla tribù di GuardalaLuna. Vedendolo sopraggiungere, incominciarono a danzare, ad agitare le braccia e a strillare, dal loro lato del torrente, e il popolo di GuardalaLuna rispose nello stesso modo.

Non accadde altro. Sebbene gli uominiscimmia si battessero e lottassero spesso gli uni con gli altri, le loro dispute davano luogo molto di rado a gravi ferite. Non possedendo artigli né denti canini per battersi, ed essendo ben protetti dal pelo, non potevano farsi un gran male a vicenda. In ogni caso, avevano ben poca energia in sovrappiù per un comportamento così improduttivo; ringhiare e minacciarsi era una maniera assai più efficiente per far valere i loro punti di vista.

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