Читаем 2001: Odissea nello spazio полностью

A notte alta, GuardalaLuna improvvisamente si destò. Esausto dopo le fatiche e i disastri della giornata, aveva dormito più profondamente del solito, eppure fu istantaneamente all’erta al primo fioco raschio giù nella valle.

Si drizzò a sedere nella fetida oscurità della caverna, tendendo i propri sensi verso l’esterno, verso la notte, e la paura si insinuò adagio nell’anima sua. Mai nel corso della sua esistenza, già due volte più lunga di quanto potessero aspettarsi quasi tutti gli appartenenti alla specie, aveva udito un suono come quello. I grandi felini si avvicinavano silenziosi e la sola cosa che li tradisse era un raro franare di terriccio, o lo schianto occasionale di un ramo. Ma questo era un suono scricchiolante e ininterrotto, che andava divenendo sempre più forte. Si sarebbe detto che qualche animale enorme si stesse muovendo nella notte, senza tentare in alcun modo di nascondersi, e ignorando tutti gli ostacoli. A un certo momento, GuardalaLuna udì il rumore inequivocabile di un cespuglio sradicato; gli elefanti e i dinoterii sradicavano abbastanza spesso cespugli, ma, a parte questo, si muovevano silenziosamente come i felini.

E poi vi fu un suono che GuardalaLuna non avrebbe potuto riconoscere, perché non era mai stato udito prima nella storia del mondo. Era un cozzare del metallo contro la pietra.

GuardalaLuna venne a trovarsi faccia a faccia con la Nuova Pietra quando guidò la tribù giù al fiume nella prima luce dell’alba. Aveva quasi dimenticato i terrori di quella notte, perché nulla era accaduto dopo lo strepito iniziale, per cui egli non associò neppure la strana cosa con il pericolo o la paura. Essa non aveva, in fin dei conti, alcunché di allarmante.

Si trattava di un monolito rettangolare, tre volte più alto di lui, ma stretto abbastanza perché potesse cingerlo con le braccia, ed era fatto di un materiale completamente trasparente; invero, non fu facile scorgerlo, tranne quando il sole nascente scintillò sui suoi spigoli. Poiché GuardalaLuna non aveva mai veduto il ghiaccio, e nemmeno acqua limpida come cristallo, non esistevano oggetti naturali ai quali egli potesse paragonare questa apparizione. Era senz’altro piuttosto allettante, e sebbene egli fosse prudentemente circospetto di fronte a quasi tutte le cose nuove, non esitò a lungo prima di avvicinarsi. Poiché non accadeva nulla, sporse una mano e tastò una superficie fredda e dura.

Dopo parecchi minuti di intense riflessioni, pervenne a una spiegazione brillante. Era una pietra, naturalmente, e doveva essere cresciuta durante la notte. Esistevano molte piante che facevano altrettanto… piante bianche, carnose, dalla forma di ciottoli, che sembravano crescere durante le ore di oscurità. Si trattava di piante piccole e rotonde, questo sì, mentre la pietra era grande e aveva orli affilati; ma filosofi più grandi e più tardi di GuardalaLuna sarebbero stati disposti a ignorare eccezioni altrettanto notevoli alle loro teorie.

Questo esempio davvero superbo di pensiero astratto condusse GuardalaLuna, dopo tre o quattro minuti appena, a una deduzione che egli mise immediatamente alla prova. Le pianteciottoli bianche e rotonde erano molto saporite (sebbene alcune di esse provocassero violenti malesseri); forse quest’altra, così alta…?

Alcune leccatine e alcuni morsi esitanti lo disillusero rapidamente. Non ci si poteva nutrire con la Nuova Pietra; e pertanto, da uomoscimmia ragionevole, egli proseguì il cammino fino al torrente e dimenticò ogni cosa del monolito cristallino durante la routine quotidiana degli strilli contro gli Altri.

La ricerca di foraggio quel giorno rese pochissimo, e la tribù dovette allontanarsi di parecchi chilometri dalle caverne per trovare un po’ di cibo. Durante la calura spietata del mezzogiorno, una delle femmine più deboli crollò, lontano da ogni possibile rifugio. Le compagne le si riunirono attorno, squittendo e gemendo comprensive, ma nessuno poteva far niente. Se gli uominiscimmia fossero stati meno spossati avrebbero potuto trasportarla con loro, ma non esistevano energie in eccesso per simili atti di bontà. La femmina dovette essere lasciata indietro a ristabilirsi, possibilmente, con le proprie risorse.

Tornando alle caverne, quella sera, passarono accanto allo stesso luogo; non si vedeva nemmeno più un osso.

Nell’ultima luce del giorno, guardandosi attorno ansiosamente, timorosi dei primi predatori, bevvero frettolosamente al torrente e incominciarono l’ascesa verso le caverne.

Si trovavano ancora a cento metri dalla Nuova Pietra quando il suono incominciò.

Era appena percettibile, eppure li indusse a immobilizzarsi, per cui rimasero come paralizzati sulla pista, con le mascelle pendule. Semplice vibrazione che si ripeteva in modo esasperante, il suono pulsava fuori dal cristallo, e ipnotizzava chiunque venisse a trovarsi entro il suo incantesimo. Per la prima volta, e l’ultima durante tre milioni di anni, il suono dei tamburi venne udito in Africa.

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