Una sera dopo l’altra, lo spettacolo di quei quattro uominiscimmia ben pasciuti si ripeté, fino a divenire una causa di affascinata esasperazione, che contribuiva ad accrescere l’eterna, tormentosa fame di GuardalaLuna. Quanto vedevano i suoi occhi non sarebbe bastato a causare questo effetto; occorreva un appoggio psicologico. Vi furono vuoti, a questo punto, nella vita di GuardalaLuna che egli non avrebbe mai ricordato, in cui gli atomi stessi del suo semplice cervello venivano costretti a nuove aggregazioni.
Se egli fosse sopravvissuto, queste aggregazioni sarebbero diventate eterne, poiché i suoi geni le avrebbero trasmesse alle generazioni future.
Fu un processo lento e tedioso, ma il monolito di cristallo era paziente. Né esso, né i monoliti identici dispersi in una metà del globo, si aspettavano di riuscire con tutte le decine di gruppi interessati all’esperimento. Cento insuccessi non avrebbero avuto importanza, se un solo successo poteva mutare il destino del mondo.
Quando giunse la fase della successiva luna nuova, la tribù aveva assistito a una nascita e a due morti. Una di queste ultime era stata causata dalla fame; l’altra si era determinata durante il rito serale, quando un uomoscimmia era stramazzato, improvvisamente, tentando di battere due frammenti di pietra, delicatamente, l’uno contro l’altro. Subito il cristallo aveva perduto la propria luminosità, e la tribù era stata liberata dall’incantesimo. Ma l’uomoscimmia caduto non si era più mosso; e la mattina dopo, naturalmente, il cadavere era scomparso.
La sera seguente non accadde nulla; il cristallo stava ancora analizzando il proprio errore. La tribù gli sfilò accanto, nel crepuscolo che dilagava, ignorandone completamente la presenza. Ma, la sera dopo, il monolito era di nuovo pronto per loro.
I quattro uominiscimmia ben pasciuti tornarono, e questa volta fecero cose straordinarie. GuardalaLuna incominciò a tremare in modo incontrollabile: gli parve che il cervello stesse per scoppiargli e volle distogliere lo sguardo. Ma lo spietato dominio mentale non allentava la presa; fu costretto a seguire la lezione fino all’ultimo, anche se tutti i suoi istinti si ribellavano contro di essa.
Quegli istinti avevano ben servito i suoi progenitori, nei tempi delle tiepide piogge e di una lussureggiante fertilità, quando il cibo aspettava ovunque di essere raccolto. Ora i tempi erano cambiati, e la saggezza ereditata dal passato era diventata pura follia.
Gli uominiscimmia dovevano adattarsi a morire come i più grossi animali scomparsi prima di loro e le cui ossa giacevano ormai racchiuse nelle colline di arenaria.
Così GuardalaLuna fissava senza batter ciglio il monolito di cristallo, mentre il suo cervello restava aperto alle ancora incerte manipolazioni della nuova pietra. Spesso era assalito dalla nausea, ma sempre si sentiva affamato; e di tanto in tanto le mani di lui si stringevano inconsciamente nei gesti che avrebbero determinato il suo nuovo sistema di vita.
Mentre la fila di facoceri attraversava, annusando e grugnendo, la pista, GuardalaLuna si fermò di colpo. Facoceri e uominiscimmia si erano sempre ignorati a vicenda, in quanto non esisteva alcun contrasto di interessi tra loro. Come quasi tutti gli animali che non gareggiavano per lo stesso cibo, essi si limitavano a tenersi lontani gli uni dagli altri.
Eppure adesso GuardalaLuna rimase immobile a guardarli, titubando, avanzando e indietreggiando incerto, mentre veniva sferzato da impulsi che non riusciva a capire. Poi, come in sogno, cominciò a cercare al suolo… pur non essendo in grado di spiegare che cosa anche se fosse stato capace di esprimersi. Avrebbe riconosciuto la cosa non appena l’avesse veduta.
Era un sasso pesante, appuntito, lungo circa quindici centimetri, e, sebbene non si adattasse perfettamente alla sua mano, poteva andare. Facendo oscillare il braccio, interdetto dal peso improvvisamente accresciuto della mano, provò una sensazione piacevole di potenza e di autorevolezza. Incominciò a muoversi verso il facocero più vicino.
Era un animale giovane e stupido, anche in base all’esiguo metro dell’intelligenza dei facoceri. Pur avendo osservato GuardalaLuna con la coda dell’occhio, lo prese sul serio soltanto di gran lunga troppo tardi. Perché avrebbe dovuto sospettare quelle creature innocue d’una qualsiasi cattiva intenzione? Continuò a strappare erba fino a quando il sasso appuntito non lo privò del suo barlume di coscienza. Gli altri componenti del branco continuarono a pascolare senza allarmarsi, perché l’uccisione era stata fulminea e silenziosa.
Tutti gli altri uominiscimmia del gruppo si erano fermati a guardare, e ora si raccolsero intorno a GuardalaLuna e alla sua vittima con ammirato stupore. Di lì a poco uno di essi raccattò l’arma imbrattata di sangue e prese a vibrarla sul facocero morto. Gli altri lo imitarono con tutti i bastoni e i sassi che riuscirono a trovare, finché la loro preda non fu maciullata.