Cinquant’anni prima, sarebbe stato considerato uno specialista in astronomia applicata, cibernetica e sistemi propulsivi nello spazio… eppure egli tendeva a negare, con autentica indignazione, di essere qualcosa del genere. Gli era sempre stato impossibile accentrare il proprio interesse esclusivamente su un argomento; nonostante le tetre ammonizioni dei suoi insegnanti, aveva voluto a tutti i costi laurearsi in astronautica generale… una facoltà dal programma vago e nebuloso, destinata a coloro il cui quoziente di intelligenza era inferiore a 130 e che non avrebbero mai brillato nella loro professione.
La sua decisione era stata giusta; proprio quel rifiuto di specializzarsi lo aveva reso eccezionalmente idoneo al suo compito attuale. Press’a poco nello stesso modo, Frank Poole, che a volte, in modo spregiativo, si autodefiniva «tecnico generico di biologia spaziale», era stato una scelta ideale come suo vice. I due uomini, se necessario con l’aiuto della vasta riserva di informazioni di Hal, erano in grado di far fronte a qualsiasi difficoltà potesse probabilmente determinarsi durante il viaggio, finché avessero fatto in modo che le loro menti rimanessero all’erta e ricettive, rinfrescando continuamente le nozioni impresse nella memoria.
Così, per due ore, dalle 10.00 alle 12.00, Bowman si impegnava in un dialogo con un ripetitore elettronico, controllando la sua cultura generale, o assimilando nozioni specifiche per questa missione. Studiava senza posa i piani della nave spaziale, i diagrammi dei circuiti, le carte astronomiche relative al viaggio, oppure tentava di assimilare tutto ciò che si sapeva su Giove, Saturno e le loro vaste famiglie di lune.
A mezzogiorno si ritirava in cucina e affidava la nave spaziale ad Hal durante i preparativi del pranzo. Anche lì era sempre pienamente in contatto con gli eventi, poiché il minuscolo salotto con sala da pranzo conteneva un duplicato del Quadro Indicatore Situazione, e Hal poteva chiamarlo con un solo attimo di preavviso. Poole gli faceva compagnia durante questo pasto, prima di concedersi il suo periodo di sei ore di sonno, e di solito seguivano uno dei normali programmi televisivi trasmessi loro dalla Terra.
I loro menus erano stati studiati con tanta cura quanto ogni altro aspetto della missione. Il cibo, quasi tutto congelato ed essiccato, era invariabilmente ottimo e prescelto tenendo presente la necessità di incomodarli il meno possibile. I pacchetti dovevano soltanto essere aperti e inseriti nella piccola cucina automatica, che emetteva un segnale sonoro ripetuto a cottura avvenuta. Assaporavano bevande e cibi che avevano lo stesso sapore e, fattore altrettanto importante, lo stesso aspetto del succo d’arancia, delle uova (cucinate in tutti i modi), delle bistecche, delle costate, degli arrosti, della verdura fresca, della frutta assortita, dei gelati, e persino del pane appena tolto dal forno.
Dopo pranzo, dalle 13.00 alle 16.00, Bowman faceva un giro lento e meticoloso della nave spaziale, o di quelle parti di essa che erano accessibili. La Discovery era lunga quasi centoventi metri da un’estremità all’altra, ma il piccolo universo occupato dal suo equipaggio era contenuto interamente nella sfera larga dodici metri del guscio a pressione.
Lì si trovavano tutte le apparecchiature per il mantenimento della vita, e lì era situato il ponte di controllo, il cuore operativo dell’astronave. Sotto di esso veniva un piccolo «garage spaziale» munito di tre camere d’equilibrio, attraverso le quali capsule motorizzate, grandi appena quanto bastava per contenere un uomo, potevano salpare nel vuoto se si presentava la necessità di un’attività extraveicolare.
La regione equatoriale della sfera a pressione (la sezione, per così dire, dal Capricorno al Cancro) racchiudeva un tamburo in lenta rotazione del diametro di undici metri e mezzo. Poiché compiva una rivoluzione ogni dieci secondi, questa giostra o centrifuga produceva una gravità artificiale pari a quella della Luna. Essa bastava a impedire l’atrofia fisica che sarebbe conseguita alla completa assenza di peso, e permetteva inoltre che le normali funzioni della vita si svolgessero in condizioni normali o quasi normali.
La giostra conteneva pertanto la cucina, la sala da pranzo e gli impianti igienici. Soltanto lì era prudente preparare e maneggiare bevande calde… pericolosissime nelle condizioni di assenza di peso, durante le quali si può essere gravemente ustionati da globuli galleggianti d’acqua bollente. Anche le difficoltà del radersi erano risolte: non potevano esservi peli senza peso sparsi nell’aria, con il pericolo di danneggiare l’equipaggiamento elettrico e di minacciare la salute.