В предлагаемую книгу вошли избранные главы из трех частей «Божественной комедии» Данте Алигьери («Ад», «Чистилище» и «Рай»). Каждая глава сопровождается кратким итальянско-русским словарем, а также постраничными комментариями. Книга может быть рекомендована всем, кто продолжает изучать итальянский язык (Уровень 4 – для продолжающих верхней ступени).
Иностранные языки / Образование и наука18+Данте Алигьери. Божественная комедия / Dante Alighieri. La Divina Commedia
Inferno
Canto I
Nel mezzo del cammin di nostra vita
mi ritrovai per una selva oscura,
ch'e la diritta via era smarrita.
Ahi quanto a dir qual era `e cosa dura
esta selva selvaggia e aspra e forte
che nel pensier rinova la paura!
Tant’ `e amara che poco `e pi`u morte;
ma per trattar del ben ch’i’ vi trovai,
dir`o de l’altre cose ch’i’ v’ho scorte.
Io non so ben ridir com’ i’ v’intrai,
tant’ era pien di sonno a quel punto
che la verace via abbandonai.
Ma poi ch’i’ fui al pi`e[1] d’un colle giunto,
l`a dove terminava quella valle
che m’avea di paura il cor compunto,
guardai in alto e vidi le sue spalle
vestite gi`a de’ raggi del pianeta[2]
che mena dritto altrui per ogne calle.
Allor fu la paura un poco queta,
che nel lago del cor m’era durata
la notte ch’i’ passai con tanta pieta.
E come quei che con lena affannata,
uscito fuor del pelago a la riva,
si volge a l’acqua perigliosa e guata,
cos`i l’animo mio, ch’ancor fuggiva,
si volse a retro a rimirar lo passo
che non lasci`o gi`a mai persona viva.
Poi ch’`ei posato un poco il corpo lasso,
ripresi via per la piaggia diserta,
s`i che ‘l pi`e fermo sempre era ‘l pi`u basso.
Ed ecco, quasi al cominciar de l’erta,
una lonza leggiera e presta molto,
che di pel macolato era coverta;
e non mi si partia dinanzi al volto,
anzi ‘mpediva tanto il mio cammino,
ch’i’ fui per ritornar pi`u volte v`olto[3].
Temp’ era dal principio del mattino,
e ‘l sol montava ‘n s`u con quelle stelle
ch’eran con lui quando l’amor divino[4]
mosse di prima quelle cose belle;
s`i ch’a bene sperar m’era cagione
di quella fiera a la gaetta[5] pelle
l’ora del tempo e la dolce stagione;
ma non s`i che paura non mi desse
la vista che m’apparve d’un leone.
Questi parea che contra me venisse
con la test’ alta e con rabbiosa fame,
s`i che parea che l’aere ne tremesse.
Ed una lupa[6], che di tutte brame
sembiava[7] carca ne la sua magrezza,
e molte genti f'e gi`a viver grame,
questa mi porse tanto di gravezza
con la paura ch’uscia di sua vista,
ch’io perdei la speranza de l’altezza.
E qual `e quei che volontieri acquista,
e giugne ‘l tempo che perder lo face,
che ‘n tutti suoi pensier piange e s’attrista;
tal mi fece la bestia sanza[8] pace,
che, venendomi ‘ncontro, a poco a poco
mi ripigneva[9] l`a dove ‘l sol tace.
Mentre ch’i’ rovinava in basso loco[10],
dinanzi a li occhi mi si fu offerto
chi per lungo silenzio parea fioco.
Quando vidi costui nel gran diserto,
“
“qual che tu sii, od ombra od omo certo!”.
Rispuosemi: “Non omo, omo gi`a fui,
e li parenti[11] miei furon lombardi,
mantoani per patr"ia ambedui.
Nacqui
e vissi a Roma sotto ‘l buono Augusto
nel tempo de li d`ei falsi e bugiardi.
Poeta fui, e cantai di quel giusto
figliuol d’Anchise che venne di Troia,
poi che ‘l superbo Il"i'on fu combusto.
Ma tu perch'e ritorni a tanta noia?
perch'e non sali il dilettoso monte
ch’`e principio e cagion di tutta gioia?”.
“Or se’ tu quel Virgilio e quella fonte
che spandi di parlar s`i largo fiume?”,
rispuos’ io lui con vergognosa fronte.
“O de li altri poeti onore e lume,
vagliami ‘l lungo studio e ‘l grande amore
che m’ha fatto cercar lo tuo volume.
Tu se’ lo mio maestro e ‘l mio autore,
tu se’ solo colui da cu’ io tolsi
lo bello stilo che m’ha fatto onore.
Vedi la bestia per cu’ io mi volsi;
aiutami da lei, famoso saggio,
ch’ella mi fa tremar le vene e i polsi”.
“A te convien tenere altro v"iaggio”,
rispuose, poi che lagrimar[12] mi vide,
“se vuo’ campar d’esto[13] loco selvaggio;
ch'e questa bestia, per la qual tu gride,
non lascia altrui passar per la sua via,
ma tanto lo ‘mpedisce che l’uccide;
e ha natura s`i malvagia e ria,
che mai non empie la bramosa voglia,
e dopo ‘l pasto ha pi`u fame che pria[14].
Molti son li animali a cui s’ammoglia,
e pi`u saranno ancora, infin che ‘l veltro
verr`a, che la far`a morir con doglia.
Questi non ciber`a terra n'e peltro,
ma sap"ienza, amore e virtute[15],
e sua nazion sar`a tra feltro e feltro.
Di quella umile Italia fia salute
per cui mor`i la vergine Cammilla[16],
Eurialo e Turno e Niso di ferute[17].
Questi la caccer`a per ogne villa,
fin che l’avr`a rimessa ne lo ‘nferno,
l`a onde ‘nvidia prima dipartilla.
Ond’ io per lo tuo me’[18] penso e discerno
che tu mi segui, e io sar`o tua guida,
e trarrotti di qui per loco etterno;
ove udirai le disperate strida,
vedrai li antichi spiriti dolenti,
ch’a la seconda morte ciascun grida;
e vederai color che son contenti
nel foco, perch'e speran di venire
quando che sia a le beate genti.
A le quai poi se tu vorrai salire,
anima fia[19] a ci`o pi`u di me degna:
con lei ti lascer`o nel mio partire;
ch'e quello imperador[20] che l`a s`u regna,
perch’ i’ fu’ ribellante a la sua legge,
non vuol che ‘n sua citt`a per me si vegna[21].
In tutte parti impera e quivi regge;
quivi `e la sua citt`a e l’alto seggio:
oh felice colui cu’ ivi elegge!”.