«No», mormorò Edward, «ma non ci sono mai riuscito. Nemmeno quand’era umana».
«Mai?». Eleazar batté le palpebre. «Interessante. Lascerebbe supporre un notevole talento invisibile, se si manifestava così chiaramente già prima della trasformazione. Non riesco a trovare un varco nello scudo per farmi un’idea più precisa. Eppure dev’essere ancora grezza, ha appena pochi mesi di vita come vampira». Lo sguardo che lanciò a Edward era quasi esasperato. «E a quanto pare non se ne rende affatto conto, è una cosa del tutto inconscia. Che ironia. Aro mi ha spedito ai quattro angoli del pianeta in cerca di gente che possedesse simili particolarità, mentre tu ti ci imbatti per caso e nemmeno te ne accorgi». Eleazar scosse la testa incredulo.
Mi rabbuiai. «Di cosa stai parlando? In che senso, sono uno scudo? Cosa significa?». Tutto quello che riuscivo a immaginare sentendo quel termine era un’assurda armatura medievale.
Eleazar inclinò la testa di lato e mi studiò. «Immagino che nella guardia fossimo un po’ troppo formali al proposito. In effetti, classificare talenti è una faccenda soggettiva e, tutto sommato, casuale. Ogni talento è unico e irripetibile, nel senso che non si presenta mai identico. Tu invece, Bella, sei facile da classificare: i talenti puramente difensivi, che tutelano alcuni aspetti di colui che li possiede, sono sempre definiti
Nonostante la velocità d’elaborazione del mio nuovo cervello, mi occorsero alcuni secondi per mettere insieme una risposta.
«Funziona solo per certe cose», dissi. «La mia mente è, come dire... privata. Però non impedisce a Jasper di influenzare il mio umore o ad Alice di vedere il mio futuro».
«Una difesa prettamente psichica». Eleazar annuì fra sé. «Limitata, ma efficace».
«Aro non riusciva a sentirla», intervenne Edward. «Sebbene fosse umana, quando si sono conosciuti».
Eleazar sgranò gli occhi.
«Jane ha cercato di colpirmi, ma non c’è riuscita», aggiunsi. «Secondo Edward, Demetri non può trovarmi, e nemmeno Alec può farmi alcunché. È un bene?».
Eleazar, ancora a bocca aperta, annuì. «Direi!».
«Uno scudo!», esclamò Edward, trasudando soddisfazione. «Non avevo mai considerato la cosa sotto questo punto di vista. L’unica che avevo conosciuto prima era Renata, ma lei era così diversa».
Eleazar intanto si era ripreso. «Appunto. Nessun talento si manifesta esattamente allo stesso modo, perché nessuno
«Chi è Renata? Cosa fa?», chiesi. Anche Renesmee, interessata, si era scostata da Carmen per guardare oltre Kate.
«Renata è la guardia del corpo di Aro», spiegò Eleazar. «Uno scudo molto pratico e anche molto forte».
Ricordavo vagamente un manipolo di vampiri, maschi e femmine, che non perdevano mai di vista Aro nella sua macabra torre, ma non riuscivo a far riemergere alcun viso femminile dall’inquietante nebbia della memoria. Fra loro, comunque, doveva esserci Renata.
«Chissà...», esordì Eleazar come se stesse riflettendo ad alta voce. «Renata è uno scudo potente contro gli attacchi fisici. Chiunque si avvicini a lei o ad Aro — ed è la stessa cosa, dato che lei è sempre al suo fianco nelle situazioni critiche — si trova improvvisamente... deviato. Il campo di forza che l’avvolge è quasi impercettibile: ci si accorge di colpo di muoversi in un’altra direzione, con la vaga consapevolezza che non è quella giusta, ma senza ricordarsi bene perché. Renata può proiettare lo scudo a diversi metri di distanza da sé: infatti, in caso di necessità, protegge anche Caius e Marcus. Però la sua priorità è Aro. Tuttavia, ciò che fa non è prettamente fisico. Come per la stragrande maggioranza dei doni, avviene tutto nella mente. Se cercasse di deviare te, per esempio, mi chiedo chi avrebbe la meglio...». Scosse la testa. «Non ho mai sentito di qualcuno che riuscisse a mettere fuori gioco Aro o Jane».
«Mamma, tu sei speciale», mi disse Renesmee, per nulla sorpresa, come se stesse commentando il colore del mio vestito.
Ero disorientata. Non conoscevo forse già il mio dono, il super-autocontrollo che mi aveva permesso di saltare a piè pari l’orribile primo anno da vampira? E i vampiri possedevano non più di una qualità extra, no?
A meno che Edward non avesse ragione sin dall’inizio: quando Carlisle aveva avanzato l’ipotesi che il mio autocontrollo potesse avere del soprannaturale, Edward aveva suggerito che la mia capacità di contenermi era solo frutto di una buona preparazione —
Chi dei due aveva ragione? Potevo fare
«Puoi proiettarlo?», chiese Kate interessata.
«Cioè?», chiesi.
«Estenderlo da te a qualcun altro».
«Non lo so. Non ho mai provato. Non immaginavo di averne bisogno».