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«Oh, forse non ne sei capace», tagliò corto Kate. «Io ci provo da secoli e tutto quello che sono riuscita a ottenere è una specie di corrente a fior di pelle».

La fissai, sconcertata.

«Kate possiede un’abilità offensiva», spiegò Edward. «Un po’ come Jane».

Distolsi automaticamente lo sguardo da Kate, battendo le palpebre, e lei rise.

«Però non sono così sadica», mi rassicurò. «È solo una cosa che torna utile in battaglia».

Stavo cominciando a digerire le parole di Kate, a creare collegamenti. Fare scudo a qualcun altro oltre a te. Come se esistesse un modo per portare un’altra persona al riparo della bizzarra barriera mentale che rendeva muti i miei pensieri.

Rividi Edward accasciarsi sulle pietre antiche della torre dei Volturi. Era un ricordo umano, ma più vivido e intenso degli altri, come fosse impresso a fuoco nel tessuto cerebrale.

E se fossi stata in grado di impedire che accadesse di nuovo? Se avessi potuto proteggere Edward? E Renesmee? Ci fosse stata anche solo una vaghissima possibilità...

«Devi insegnarmi come fare!», esclamai, afferrando il braccio di Kate senza rendermene conto. «Devi farmi vedere!».

Kate trasalì. «Forse, se eviti di maciullarmi il radio...».

«Oh, scusami!», esclamai.

«Lo scudo è attivo, a quanto vedo», disse Kate. «La mia reazione avrebbe dovuto farti saltar via il braccio, ma non hai sentito niente, vero?».

«Non ce n’era bisogno, Kate. Non voleva farti male», mormorò Edward, ma noi due non gli prestavamo attenzione.

«No, niente. Hai scatenato la tua... corrente elettrica?».

«Sì. Mmm. Non ho mai incontrato nessuno che non la percepisse, mortale o immortale».

«Hai detto che la proietti? Sulla pelle?».

Kate annuì. «Prima l’avevo solo nel palmo delle mani. Come Aro».

«O Renesmee», puntualizzò Edward.

«Adesso, dopo una lunga pratica, riesco a irradiarla in tutto il corpo. È una buona difesa. Chiunque tenti di toccarmi cade a terra fulminato. Solo per pochi secondi, ma sono più che sufficienti».

L’ascoltavo solo con un orecchio, la mia mente stava già lavorando all’idea che, forse, se solo avessi imparato abbastanza alla svelta, sarei stata in grado di proteggere la mia piccola famiglia. Dentro di me speravo ardentemente di essere in grado di proiettare il mio scudo con la stessa abilità con cui riuscivo, per qualche misterioso motivo, a cavarmela alla grande come vampira. La mia vita da umana non mi aveva abituata a doti spontanee particolari e mi era difficile credere che questa mia abilità durasse.

Mi sembrava di non aver mai desiderato niente con tanta intensità, prima di allora: proteggere ciò che amavo.

Ero così immersa nei miei pensieri che mi accorsi della silenziosa comunicazione fra Edward ed Eleazar solo quando divenne aperta conversazione.

«Ricordi almeno un’eccezione?», chiese Edward.

Lo guardai per cercare di contestualizzare la sua domanda e mi resi conto che tutti gli altri li stavano già fissando. Chini l’uno sull’altro, erano concentratissimi, il volto di Edward un grumo di sospetto, quello di Eleazar una maschera d’infelicità e riluttanza.

«Non mi va di considerarle tali», disse Eleazar fra i denti. L’improvviso cambiamento d’atmosfera mi stupì.

«Se hai ragione...», riprese Eleazar.

Edward lo interruppe. «Era un pensiero tuo, non mio».

«Se ho ragione... non riesco nemmeno a concepirne la portata. Cambierebbe completamente il mondo che abbiamo creato. Il significato della mia vita. Ciò di cui finora ho fatto parte».

«Hai sempre agito con le migliori intenzioni, Eleazar».

«Avrebbe una qualche importanza ciò che ho fatto? Tutte le vite che...».

Tanya gli posò una mano sulla spalla in un gesto di conforto. «Cosa ci siamo persi, amico mio? Voglio saperlo per partecipare alla discussione. Non hai mai fatto nulla per cui tu debba punirti a questo modo».

«Davvero?», mormorò Eleazar. Poi sfilò la spalla da sotto la mano di Tanya e riprese a camminare avanti e indietro, ancora più furioso di prima.

Dopo averlo osservato per mezzo secondo, Tanya si rivolse a Edward. «Spiegaci».

Edward annuì, lo sguardo teso e fisso su Eleazar. «Cercava di capire perché i Volturi dovrebbero venire a punirci così numerosi. Non è nel loro stile. Certo, il nostro è il clan maturo più nutrito con cui abbiano avuto a che fare, ma in passato già altre congreghe si sono coalizzate a scopo difensivo e nonostante il numero non hanno mai rappresentato un problema. Noi siamo più uniti, questo sì, ma non tanto numerosi.

Per questo Eleazar si è messo a passare in rassegna le altre occasioni in cui qualche clan è stato punito, per un motivo o per l’altro, e ha scoperto un certo modus operandi, una costante che il resto della guardia non avrebbe mai notato, perché soltanto Eleazar riferiva personalmente ad Aro. La costante si ripete una volta ogni cent’anni, o giù di lì».

«E in cosa consisterebbe?», chiese Carmen, anche lei con lo sguardo fisso su Eleazar.

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