Avrei dovuto dare i documenti a Jacob prima che fosse troppo tardi. E gli avrei lasciato anche un biglietto per Charlie. E una lettera per Renesmee. Qualcosa che potesse leggere quando mi sarebbe stato impossibile ripeterle che l’amavo.
Mentre sbucavamo nel prato non notai niente di strano all’esterno di casa Cullen, ma percepii un vago brusio all’interno. Molte voci basse che mormoravano e ringhiavano. Era un suono forte e sembrava un litigio. Distinsi la voce di Carlisle e quella di Amun più frequenti delle altre.
Edward parcheggiò davanti alla casa, invece di fare il giro fino al garage. Ci scambiammo uno sguardo circospetto prima di scendere dall’auto.
Jacob cambiò atteggiamento: sul viso gli si dipinse un’espressione seria e attenta. Evidentemente era entrato nella modalità alfa. Di sicuro era successo qualcosa e intendeva procurarsi le informazioni di cui lui e Sam avevano bisogno.
«Alistair è sparito», mormorò Edward mentre ci precipitavamo su per i gradini.
Dentro il salone, i segni del dissidio in corso erano evidenti. Addossata alle pareti stava una folla di spettatori: tutti i vampiri che si erano uniti a noi, tranne Alistair e i tre coinvolti nel litigio. Esme, Kebi e Tia si mantenevano vicine ai tre vampiri al centro della stanza: Amun sibilava rivolto a Carlisle e Benjamin.
Edward serrò le mascelle e si precipitò a fianco di Esme, trascinandomi per mano. Strinsi forte Renesmee al petto.
«Amun, se vuoi andartene nessuno ti costringe a restare», disse calmo Carlisle.
«Mi stai rubando metà del mio clan, Carlisle!», gridò Amun, tormentando Benjamin con un dito. «Mi avete chiamato qui per questo? Per derubarmi?».
Carlisle sospirò e Benjamin alzò gli occhi al cielo.
«Sì, Carlisle ha litigato con i Volturi e ha messo in pericolo tutta la sua famiglia solo per attirarmi fin qui e uccidermi», disse sarcastico Benjamin. «Cerca di essere ragionevole, Amun. Mi sto solo impegnando a fare la cosa giusta, non sto entrando in un altro clan. Ma tu puoi fare quel che vuoi, naturalmente, come ti ha appena detto Carlisle».
«Non andrà a finire bene», ruggì Amun. «Alistair era l’unico che avesse un minimo di buonsenso qui. Dovremmo fuggire tutti quanti».
«Guarda un po’ a chi attribuisci del buonsenso», commentò Tia mormorando fra sé.
«Ci massacreranno tutti!».
«Non ci sarà nessuno scontro», disse Carlisle con voce ferma.
«Questo lo dici tu!».
«Ma, anche in quel caso, puoi sempre cambiare parte, Amun. Sono sicuro che i Volturi gradiranno moltissimo il tuo aiuto».
«Forse è questa la risposta giusta», lo schernì Amun.
La risposta di Carlisle fu dolce e sincera. «Non te ne farei una colpa, Amun. Siamo amici da tanto tempo, ma non ti chiederei mai di morire per me».
Ora anche Amun aveva una voce più controllata. «Però porti il mio Benjamin a morire con te».
Carlisle posò la mano sulla spalla ad Amun, che la scrollò via.
«Resterò, Carlisle, ma la cosa potrebbe volgersi a tuo sfavore. Se si tratterà di sopravvivere, non esiterò a unirmi a loro. Siete pazzi a credere di poter sfidare i Volturi». Si accigliò, poi sospirò, fissò me e Renesmee e aggiunse, in tono esasperato: «Testimonierò che la bambina è cresciuta. È la pura verità. Chiunque può confermarlo».
«Non abbiamo mai chiesto altro».
Amun storse la bocca: «Però rischiate di ottenere anche altro». Si girò verso Benjamin. «Io ti ho dato la vita e tu la stai sprecando».
Il viso di Benjamin era più freddo che mai, un’espressione in forte contrasto con i suoi tratti di adolescente. «Peccato che tu non sia riuscito a sostituire la mia volontà con la tua nel farlo: forse in quel caso saresti stato contento di me», rispose.
Amun socchiuse gli occhi. Fece un gesto brusco a Kebi, poi ci superò a grandi passi e usci dalla porta principale.
«Non se ne va», mi disse piano Edward, «però ora terrà ancor più le distanze. Non stava bluffando quando ha parlato di passare dalla parte dei Volturi».
«Perché Alistair se n’è andato?», domandai in un sussurro.