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Fu quel sorrisetto insolente la goccia che fece traboccare il vaso. La mia ira raggiunse l’apice, superò la furiosa sete di sangue che avevo provato nel momento in cui i lupi si erano impegnati in questo scontro dall’esito tragico. Sulla lingua sentivo il sapore della furia: lo sentivo fluire in me come un’ondata. I muscoli contratti, agivo per automatismi. Scagliai il mio scudo con tutta la forza che avevo nella mente, lo gettai come un giavellotto al di là della distesa immensa del campo, una lunghezza impossibile, dieci volte la distanza migliore che avessi mai raggiunto. Il respiro mi uscì rapido, sbuffando, per lo sforzo.

Lo scudo fuoriuscì da me in una bolla di energia pura, un fungo atomico di acciaio liquido. Pulsava come una creatura vivente: lo sentivo alla perfezione, dalla sommità fino ai bordi.

Il tessuto elastico non subì alcun contraccolpo: in quell’istante di forza cruda, capii che il rinculo che vi era stato in altre occasioni era opera mia: mi ero aggrappata a quella parte invisibile di me per autodifesa, rifiutando di lasciarla libera nel mio inconscio. In quel momento la sprigionai tutta e lo scudo esplose a una cinquantina di metri da me senza alcuno sforzo, prendendosi solo una minima parte della mia capacità di concentrazione. Lo sentivo flettersi, un muscolo come tanti che obbediva alla mia volontà. Lo spinsi e gli diedi la forma di un lungo ovale appuntito. Improvvisamente tutto quello che si trovava sotto lo scudo di ferro flessibile era diventato parte di me: sentivo la forza vitale di tutto ciò che copriva sotto forma di punti di calore luminoso, scintille di luce abbagliante che mi circondavano. Scagliai lo scudo per tutta la lunghezza della radura e sospirai di sollievo quando avvertii la luce brillante di Edward all’interno della mia protezione. Restai lì, a contrarre quel nuovo muscolo in modo che circondasse Edward da vicino, formando un velo sottile ma infrangibile fra il suo corpo e i nostri nemici.

Era passato sì e no un secondo. Edward stava ancora camminando in direzione di Aro. Tutto era cambiato, ma nessuno si era accorto dell’esplosione, a parte me. Dalle labbra mi uscì una risatina sorpresa. Vidi gli altri che mi fissavano e un occhio nero di Jacob che mi guardava dall’alto come se fossi impazzita.

Edward si fermò a qualche passo di distanza da Aro e con un certo disappunto capii che, anche se sicuramente ne ero in grado, non dovevo assolutamente impedire lo svolgimento di quello scambio. Era il punto cruciale di tutti i nostri preparativi: far sì che Aro ascoltasse la nostra versione della storia. Fu un dolore quasi fisico, ma con riluttanza ritirai lo scudo e lasciai Edward di nuovo scoperto. L’umore ilare era svanito. Mi concentrai totalmente su di lui, pronta a riavvolgerlo con lo scudo all’istante, se qualcosa fosse andato storto.

Edward alzò il mento con arroganza e porse la mano ad Aro come se gli stesse concedendo un grande onore. Aro inizialmente parve divertito dalla sua grinta, ma ciò non valeva per tutti. Renata svolazzava nervosa all’ombra di Aro. E il cipiglio di Caius era talmente profondo da far sembrare la piega una ruga definitiva sulla pelle traslucida come pergamena. La piccola Jane mostrava i denti e al suo fianco Alec stringeva gli occhi per la concentrazione. Immagino che fosse preparato, come me, ad agire in capo a un secondo.

Aro coprì la distanza senza pause: dopo tutto, cosa aveva da temere? Le sagome massicce con i mantelli di un grigio più chiaro — i combattenti muscolosi, come Felix — erano a pochi metri di distanza. Jane e il suo dono incandescente avrebbero potuto scagliare a terra Edward, lasciandolo in preda a spasmi di sofferenza. Alec poteva accecarlo e assordarlo prima ancora che facesse un passo in direzione di Aro. Nessuno sapeva che avevo la forza di fermarli, nemmeno Edward.

Aro, con un sorriso imperturbabile, prese la mano di Edward. Chiuse gli occhi immediatamente, poi curvò le spalle sotto il peso di tante informazioni.

Tutti i pensieri segreti, tutte le strategie, tutte le intuizioni, tutto ciò che Edward aveva sentito nelle menti che aveva avuto intorno durante l’ultimo mese, ora appartenevano ad Aro. E persino fatti più vecchi: tutte le visioni di Alice, tutti i momenti di armonia con la nostra famiglia, tutte le immagini nella testa di Renesmee, tutti i baci e tutti i contatti fra Edward e me... anche tutto questo ormai apparteneva ad Aro.

Sibilai per l’irritazione e lo scudo ne fu infastidito, cambiò forma e si contrasse intorno alle nostre linee.

«Tranquilla, Bella», mi sussurrò Zafrina.

Strinsi forte i denti.

Aro continuò a concentrarsi sui ricordi di Edward. Anche Edward chinò il capo, i muscoli del collo contratti mentre rileggeva tutto quello che Aro gli aveva sottratto e la reazione che provocava in lui.

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