Da parte sua, era davvero strano che non mi chiedesse a cosa stessi pensando. Forse il nervosismo improvviso aveva colto anche lui.
Posò le valigie sotto la grande veranda e aprì le porte, che non erano chiuse a chiave.
Edward mi fissò e attese che lo guardassi prima di oltrepassare la soglia.
Mi trasportò in giro per casa, in silenzio come me, accendendo le luci una dopo l’altra. Avevo l’impressione che l’edificio fosse troppo grande per un’isola così piccola, e stranamente familiare. Mi ero abituata alle tonalità chiare predilette dai Cullen; mi sentivo
Poi Edward si fermò e accese l’ultima luce.
La stanza era grande e bianca, chiusa da una vetrata: l’arredamento standard dei miei vampiri. All’esterno, la luna brillava sulla sabbia bianca e, a pochi metri dalla casa, scintillava sulle onde. Ma le notai a malapena. Ad attirare la mia attenzione era il letto bianco e assolutamente
Edward mi lasciò scendere.
«Vado... a prendere le valigie».
La stanza era troppo calda, l’aria più stagnante rispetto alla notte tropicale. Sentii un velo di sudore addensarsi dietro al collo. Lentamente avanzai fino a toccare quel soffice baldacchino. Chissà perché, avevo il bisogno di assicurarmi che fosse tutto vero.
Non udii tornare Edward. All’improvviso, il suo dito gelido mi sfiorò la nuca e spazzò via il velo di sudore.
«Fa un po’ caldo qui», si scusò. «Pensavo... fosse meglio così».
«Pignolo», mormorai sottovoce e lui ridacchiò. Fu un suono nervoso, raro in Edward.
«Mi sono sforzato di rendere tutto... più facile», confessò.
Deglutii rumorosamente, ma non osavo guardarlo. C’era mai stata una luna di miele come la nostra?
Conoscevo la risposta. No. Certo che no.
«Mi chiedevo», disse Edward piano, «se... prima... ti andasse un bagno di mezzanotte con me?». Fece un sospiro e quando riprese a parlare sembrava più a suo agio. «L’acqua è molto calda. Questo è il genere di spiaggia che ti piace».
«Bell’idea». La mia voce si ruppe.
«Immagino che ti servano un paio di minuti da umana... il viaggio è stato lungo».
Annuii rigida. Faticavo a sentirmi umana; forse qualche minuto di solitudine mi avrebbe fatto comodo.
Le sue labbra mi sfiorarono il collo, appena sotto l’orecchio. Ridacchiò e il suo respiro freddo scatenò un brivido sulla mia pelle surriscaldata. «Non metterci
Ebbi un fremito al suono del mio nuovo nome.
Le labbra scesero lungo il collo, fino alla punta della spalla. «Ti aspetto in acqua».
Mi oltrepassò diretto alla portafinestra che dava sulla spiaggia, si scrollò di dosso la camicia che cadde sul pavimento e uscì nella notte illuminata dalla luna. Dietro di lui, l’aria salata e afosa turbinò nella stanza.
La mia pelle aveva preso fuoco? Guardai bene per controllare. No, non bruciava nulla. Nulla di visibile, se non altro.
Mi ricordai di respirare e arrancai verso la gigantesca valigia che Edward aveva posato e aperto su una cassettiera bianca. Doveva essere la mia, perché sopra c’era una borsa di cosmetici, ma era piena di indumenti troppo rosa che non riconobbi. Mentre frugavo fra le pile ben ordinate in cerca di qualcosa di comodo e familiare, magari un paio di pantaloni da ginnastica, mi accorsi di avere fra le mani un’assurda quantità di pizzi trasparenti e raso striminzito. Lingerie. Lingerie molto
Non sapevo né come né quando, ma un giorno Alice me l’avrebbe pagata.
Rassegnata, andai in bagno e sbirciai dai finestroni che si affacciavano sulla stessa spiaggia delle portefinestre. Non lo vidi: probabilmente era sott’acqua e non si preoccupava di tornare a riprendere aria. La luna era quasi piena e la sabbia brillava sotto la sua luce. Un piccolo movimento attirò la mia attenzione: appesi al tronco curvo di una delle palme che delimitavano la spiaggia, i vestiti di Edward ciondolavano alla brezza leggera.
Sulla pelle sentii un’altra ondata di calore.
Assaporai profondamente l’aria e mi avvicinai agli specchi, sopra il lungo mobile del bagno. Avevo proprio la faccia di una che aveva passato la giornata a dormire sull’aereo. Trovai la spazzola e l’affondai senza pietà nella mia chioma aggrovigliata fino a sciogliere tutti i nodi, a costo di riempire le setole di capelli. Mi lavai i denti con cura, due volte. Poi passai al viso e alla nuca, che spruzzai d’acqua perché sembrava febbricitante. La sensazione piacevole mi convinse a rinfrescarmi anche le braccia e infine ad arrendermi alla doccia. Sapevo che era ridicolo farsene una prima di un tuffo, ma avevo bisogno di calmarmi e l’acqua calda faceva al caso mio.
Anche depilarmi un’altra volta le gambe pareva un’ottima idea.
Appena finito, presi un grosso asciugamano bianco dal piano e mi ci avvolsi.