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— Per amor del cielo! — esclamò Breton, battendosi la mano sulla fronte con aria disgustata. — Sono pazzo quasi quanto lui.

Aprì la porta e rientrò nel soggiorno. Mentre era via, Kate aveva spento quasi tutte le luci, e aveva accostato un tavolino da caffè alla poltrona dov’era seduta Miriam Palfrey. Sul tavolino erano pronti un blocco di carta bianca e una matita, e su questi oggetti le dita tozze e grassocce di Miriam stavano già facendo dei gesti vaghi e fluttuanti. Breton mugugnò tra sé: evidentemente avevano intenzione di fare una seduta. I Palfrey erano tornati di recente da un viaggio di tre mesi in Europa, e, per tutta la serata, non avevano fatto altro che parlarne, tanto da fargli sperare che quella sera non ci sarebbe stata seduta. E proprio questa speranza gli aveva dato la forza di ascoltare educatamente le loro chiacchiere di turisti.

— Chi era al telefono, caro?

— Non lo so. — Breton non aveva voglia di parlarne.

— Avevano sbagliato numero?

— Sì.

Kate lo scrutò sospettosamente. — Ma sei stato via tanto. E mi pareva di sentirti gridare.

— Diciamo allora che il numero era giusto, ma era sbagliata la persona — disse Breton con impazienza.

Gordon Palfrey sbuffò divertito, e negli occhi di Kate l’interesse si tramutò in fredda delusione, come se Breton avesse spento due minuscoli televisori. Ecco un altro argomento per le loro discussioni notturne, quando tutta la gente normale dormiva, e perfino le tende della loro camera respiravano regolarmente alla brezza della notte. “Perché” si domandò con un senso di colpa “offendo Kate davanti ai suoi amici? Ma, se la mettiamo in questo modo, perché lei urta me in continuazione, non dimostrando il minimo interesse per il mio lavoro, e sottoponendomi a un ‘terzo grado’ in pubblico, solo per una stupida telefonata?” Si sedette pesantemente e allungò macchinalmente la destra verso il bicchiere di whisky, mentre si guardava intorno, elargendo ai Palfrey un sorriso benevolo.

Gordon Palfrey stava gingillandosi col quadrato di velluto nero a stelle d’argento che serviva a coprire la faccia di sua moglie nel corso delle sedute, ma aveva voglia di continuare a parlare dell’Europa. Attaccò uno sproloquio senza lasciarsi intimorire dalle occhiate sarcastiche che Breton non risparmiava tutte le volte che sentiva affermazioni tipo: “I francesi hanno un eccellente senso del colore". Tema dello sproloquio era l’arredamento delle ville europee, che rivelavano invariabilmente un gusto superiore a quello dei migliori arredatori americani. Lasciandosi sprofondare nella noia, Breton si dimenò sulla poltrona domandandosi come avrebbe fatto a sopportare ancora quella serata, sapendo per di più che sarebbe dovuto andare in ufficio ad aiutare Carl Tougher a risolvere il problema delle fondamenta da gettare. Con la naturalezza e l’impercettibile mutamento di tono che sono le caratteristiche dello scocciatore nato, Palfrey passò a parlare di un vecchio contadino scozzese che, cieco, tesseva a mano; ma Miriam cominciava a dar segno di quell’irrequietezza che precedeva lo stato di trance.

— Di cosa stai parlando, Gordon? — Miriam Palfrey si appoggiò allo schienale della poltrona, mentre la sua mano destra, posata sul blocco, si agitava come un aquilone al vento.

— Stavo raccontando a Kate e John del vecchio Hamish.

— Oh, sì… ci siamo proprio divertiti col vecchio Hamish. — La voce di Miriam era ridotta a un mormorio monotono, che suonava alle orecchie di Breton come un’imitazione incredibilmente banale di un vecchio film di Bela Lugosi. Notando l’espressione tesa e rapita di Kate, decise di lanciarsi in una accanita difesa del buonsenso, senza risparmiare colpi.

— Ah, così vi siete divertiti col vecchio Hamish — disse in tono di forzata allegria, e a voce molto alta. — Che quadretto! Mi par di vederlo, il vecchio Hamish, rintanato in un angolo della sua casupola, vecchio e rinsecchito, che fa divertire i Palfrey.

Ma Kate gli impose il silenzio con un cenno della mano, e Gordon Palfrey, che aveva spiegato il quadrato di velluto, lo drappeggiò sulla faccia di Miriam, sollevata verso l’alto. Immediatamente, la mano paffuta afferrò la penna e cominciò a volare sulla carta, tracciando righe su righe di nitida scrittura. Gordon si inginocchiò vicino al tavolinetto per tener fermo il blocco, mentre Kate staccava i fogli man mano che venivano riempiti. Li maneggiava con una deferenza che, per Breton, rappresentava l’aspetto più irritante di tutta quella ridicola faccenda. Se a sua moglie piaceva interessarsi alla cosiddetta scrittura automatica, non avrebbe potuto farlo con un po’ più di raziocinio? Lui stesso sarebbe stato disposto a parlarne, a esaminare il fenomeno, se Kate non avesse messo ogni riga nella categoria generica dei Messaggi dall’Aldilà.

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