— Venti! Ma questo fa pensare che si tratti di una formazione rocciosa più leggera di quanto avessimo previsto. Potrebbe trattarsi di qualcosa come…
— Sale — concluse per lui Tougher. — Al tuo cliente interesserebbe una miniera di sale, invece di una costruzione in cemento?
Breton prese una sigaretta e l’accese, chiedendosi perché il mondo avesse scelto proprio quella sera per comportarsi in modo strano. — Senti, Carl. Queste discordanze possono essere interpretate in due modi. O, come dici tu, il calcare, e sappiamo che là sotto c’era calcare, si è trasformato di punto in bianco in sale, e, se me lo permetti, escluderei senz’altro questa ipotesi; oppure, chissà come, i nostri gravimetri vanno rettificati… giusto?
— Penso di si — ammise con voce stanca Tougher.
— Perciò domani prenderemo in affitto un altro paio di strumenti e rifaremo le prove.
— Immaginavo che avresti detto questo. Sai quante miglia ho fatto, John? Mi pare di aver attraversato a piedi tutto il Montana.
— La prossima volta verrò con te — promise Breton. — Ho bisogno di fare un po’ d’esercizio. Arrivederci a domattina, Carl.
— Sì, arrivederci. Oh, John… hai tralasciato la terza ipotesi.
— E cioè?
— Che da ieri sia diminuita la forza di gravità.
— Hai bisogno di riposo, Carl. Anche le tue battute risentono della stanchezza. — Breton riagganciò e sorrise, pensando con ammirazione al geologo che non si lasciava mai abbattere o deprimere. Uno squilibrato che avesse voluto giocargli uno scherzo telefonico avrebbe dovuto fare i conti col robusto schermo protettivo del suo buonsenso… Eppure, proprio in questo frangente, l’unica persona di cui lui avesse sospettato era proprio Tougher. I suoi scherzi, di solito, erano a livello di caserma, ma un paio d’anni prima Tougher non aveva esitato a spendere di tasca sua circa quindici dollari per portar in ufficio una latta di benzina per alcuni giorni e versarla di nascosto nel serbatoio della macchina del custode. In seguito, Tougher aveva spiegato con la massima naturalezza che lo aveva fatto per studiare le reazioni del custode di fronte alla scoperta che la sua macchina, invece di consumare benzina, ne produceva. Uno scherzo simile poteva stare alla pari con la frase: “Vivi con mia moglie da nove anni, quasi, ormai"? Breton non ne era sicuro. Percorse in tutta la sua lunghezza la moquette color mostarda dell’anticamera battendo automaticamente a ogni passo le nocche sulla parete per evitare la formazione di energia statica nell’aria secca.
Kate non lo guardò, quando rientrò in soggiorno, e Breton provò un leggero senso di colpa, ricordando la risposta sarcastica di poco prima.
— Era Carl — disse senza che lei glielo chiedesse. — Lavora fino a tardi.
Kate annui, senza interesse, e il senso di colpa si trasformò di punto in bianco in risentimento: nemmeno davanti agli amici, sua moglie fingeva di interessarsi al suo lavoro. “È fatta così” pensò irritato “si fa comodamente mantenere da me, ma, nello stesso tempo, si arroga il diritto di disprezzare il mio lavoro e tutto quanto lo riguarda da vicino.”
Breton fissò con aria rannuvolata sua moglie e i Palfrey, intenti a riesaminare tutto il materiale prodotto da Miriam, e d’un tratto si rese conto che barcollava un po’. Prese il bicchiere e lo vuotò d’un fiato, poi se ne riempì un altro. “Continuo a sopportare che mi tratti cosi!” I vecchi e ben noti motivi di risentimento riaffiorarono alla superficie della sua mente. “Ma fino a che punto può resistere un uomo? Ho una moglie che si lamenta giorno e notte perché sto troppo in ufficio, ma quando mi prendo una serata di libertà… ecco il bel risultato. Spiritismo da strapazzo e una dose massiccia della sua maledetta indifferenza. E pensare che ho pianto, sissignore, proprio pianto di sollievo, perché era salva la notte che la trovarono coi brandelli del cervello di Spiedel sparsi tra i capelli. Allora non lo sapevo, ma Spiedel stava per farmi un grosso favore. Adesso però lo so. Se soltanto potessi…”
Breton smise di pensare allarmato: si era accorto che stava preparandosi a un viaggio.
Ma ormai era troppo tardi.
Senza rimpicciolire, le luci arancione attenuate e la pietra bianca del camino cominciarono a indietreggiare a distanza planetaria, stellare, galattica. Breton cercò di parlare, ma la sovrastruttura trasparente del linguaggio stava mutando sulla superficie della realtà, privando le parole del loro significato, facendo asserzioni impossibili. Strane figure geometriche si sovrapposero alla prospettiva della stanza, trasportandolo con un senso di nausea da un polo a un altro polo sconosciuto. Una faccia si volse verso di lui, una forma pallida, anonima, senza significato. Uomo o donna, amico o nemico? Con passo deciso, ineluttabilmente, varchiamo il limite…