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Turbato dal tuffo nel passato, Breton si sforzò di aggrapparsi maggiormente al presente, ma Kate e i Palfrey erano ancora immersi nell’esame dello strano campione di scrittura automatica. Rimase ad ascoltarli per un momento mentre eseguivano il rituale per cercare di identificare l’autore, poi lasciò che la sua mente fluttuasse nella calda nebbia alcolica. In quella serata, cominciata in un’atmosfera di monotonia distillata, erano successe molte cose insolite. “Sarei dovuto restare in ufficio con Carl” pensò Breton. I sondaggi per la “Blundell Company” dovevano essere completati nel giro di qualche giorno, e lui se l’era presa comoda anche prima che saltasse fuori quell’assurda discrepanza di venti milligal nel rilevamento al gravimetro. Forse i gravimetri non erano stati messi a punto bene. Carl era un ottimo geologo, ma nelle misurazioni sulla gravità si dovevano tener presenti moltissimi fattori: la posizione del sole e della luna, i moti delle maree, la deformazione elastica della crosta terrestre, e via dicendo. Chiunque poteva commettere un errore, persino Carl. E chiunque poteva fare o ricevere una telefonata anonima. “Ero pazzo a volerci trovare tutti quei sottintesi… sono stato colto di sorpresa, ecco tutto. Quella telefonata è stato un trabocchetto psicologico, ecco tutto. Buona sera… e buono anche il whisky. Anche i Palfrey sono delle brave persone, a prenderli dal verso giusto, specie Miriam. Non è male. Peccato che si sia lasciata influenzare dal fatto di aver avuto in dono da madre natura quella faccia da sacerdotessa egiziana ‘made in Hollywood’. Se somigliasse a Elizabeth Taylor, potrebbe venir qui anche tutte le sere… Anche se somigliasse a Robert Taylor…”

Sentendosi invischiato in una nuvola di appiccicosa benevolenza, Breton riportò l’attenzione su gli altri. In quel momento Kate stava parlando di Oscar Wilde.

— Oh, no! — protestò, senza ombra di asprezza. — Basta, con Oscar Wilde.

Kate lo ignorò, e Miriam sorrise con quel suo sorriso da statua, ma Gordon Palfrey era disposto a parlare.

— Non dicevamo che sia stato proprio Oscar Wilde a comunicare queste parole, John. Però qualcuno lo ha fatto, e lo stile di qualche brano è lo stesso delle prime prose di Wilde…

— Le sue prime prose! — lo interruppe Breton. — Qui ti voglio. Vediamo un po’… Wilde è morto verso il millenovecento, no? E adesso siamo nel millenovecentottantuno. Dunque, in ottantun anni da che sta nell’Aldilà, o che ha varcato la cortina, o come diavolo dite voialtri, non solo non è riuscito a evolversi come scrittore, ma è anche regredito fino all’inizio della sua carriera di letterato.

— Sì, ma…

— E non può trattarsi neppure di mancanza di pratica, perché, a dar retta a quel che ho letto nei libri che mi ha dato Kate, è stato uno dei più assidui, dopo la morte, fra gli esperti di scrittura automatica. Credo che Wilde sia l’unico autore della storia, la cui produzione sia aumentata dopo la morte. — Breton rise, compiaciuto nel constatare che si trovava in quel piacevole stato di ebrezza in cui era sempre capace di pensare e di parlare con maggiore intensità e velocità di quando era sobrio.

— Secondo te, dunque, esisterebbe una corrispondenza individuale fra questo piano d’esistenza e un altro? — disse Palfrey. — Ma non è detto che sia così.

— Ma no, non volevo dir questo. Dai dati di cui disponete riguardo all’altro piano d’esistenza, si direbbe che esso sia popolato di scrittori privi di carta e penna, che trascorrono il tempo proiettando telepaticamente vaniloqui in questo piano. E, non si sa bene come, Oscar Wilde è lo stakanovista del gruppo… Forse è la punizione per aver scritto il De Profundis.

Palfrey sfoderò un sorriso paziente. — Ma noi non dicevamo che…

— Non perder tempo a discutere con lui — lo interruppe Kate. — È proprio quello che va cercando. John fa l’ateo di professione, e comunque parla troppo. — Gli lanciò un’occhiata sprezzante, ma esagerò troppo, al punto da sembrare, per un attimo, una bambina arrabbiata. “Che sentimento poco adatto per sembrare più giovane!” pensò Breton.

— Mia moglie ha ragione — disse. — Tutta la costruzione della mia fede è crollata quand’ero bambino… Il primo colpo di piccone l’ha dato la scoperta che F.T. Woolworth non era un uomo d’affari locale.

Kate accese una sigaretta. — Ha bevuto dieci whisky: quando ne ha bevuti dieci, tira sempre fuori questa battuta.

“E tu tiri sempre fuori quella dei dieci whisky” pensò Breton. “Sgualdrina priva di umorismo, che pretendi di farmi passare per un robot alimentato ad alcol.” Nonostante questo, continuò a mostrarsi loquace e gioviale, benché risentisse ancora del trauma provocato dal viaggio. Continuò a essere cordiale anche quando presero il caffè e le tartine, e seguì Kate sulla porta al momento dei commiati.

Era una frizzante sera d’ottobre, e le costellazioni invernali cominciavano a risalire sull’orizzonte, a est, quasi a ricordare che presto la neve avrebbe iniziato la sua marcia partendo dal Canada.

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