Con un certo tremito, allungò la mano verso la manopola della radio, ma poi ricordò che fra lui e la Base Tre intercorreva troppa massa lunare, per rendere possibile il contatto. Al di là del parabrezza, un altro pallone soffice e vaporoso si sollevò per un attimo, sfacciatamente, a pochi passi, poi ricadde e sparì. Larmour esitò solo un momento prima di staccare il tubo di rifornimento dell’ossigeno, chiudere a tenuta stagna la tuta pressurizzata e fare tutti i preparativi necessari a un essere umano per mettere piede sulla Luna. Pochi minuti dopo, vincendo un senso d’irrealtà, lasciò il mezzo cingolato e si mosse a passi incerti verso il punto dove aveva visto sollevarsi l’ultimo oggetto. Camminando, teneva gli occhi bene aperti per poter scorgere l’equivalente lunare di un foro d’ingresso alla tana di un roditore, ma la coltre di polvere, vecchia di milioni di millenni, era interrotta solo dalle impronte dei suoi passi.
Poi, d’improvviso, a una cinquantina di passi, numerosi palloni si sollevarono, togliendogli il fiato. Tornato padrone di sé, mantenne lo sguardo fisso sul punto dove s’era verificata la materializzazione più vicina. Vi si diresse e lo raggiunse a fatica non essendo abituato a camminare in quelle condizioni di gravità ridotta. Le sue folte sopracciglia s’incrociarono quando scopri che non esistevano fori entro cui potessero essersi nascosti i fantomatici roditori,
Allora s’inginocchiò per alterare la direzione dei raggi luminosi riflessi dalla polvere, e gli parve di scorgere una depressione poco profonda, larga quanto un piatto, con un incavo al centro. Sempre più perplesso, Larmour spazzò adagio la polvere con la mano finché non mise allo scoperto la nuda roccia, a una decina di centimetri di profondità. Qui trovò un foro dai contorni netti, di circa un paio di centimetri di diametro, che pareva fatto col trapano. Infilò un dito nel foro, ma lo ritrasse subito: il calore era cosi forte da penetrare attraverso il guanto isolante. Tutta la roccia intorno era bollente.
Larmour rimase accoccolato sui calcagni, fissando il cerchietto nero con crescente perplessità.
Cercò invano di trovare la soluzione a quel problema, e nello stesso istante un’altra soffice palla si sollevò a pochi metri di distanza. Questa volta Larmour senti la terra tremare, e allora indovinò subito la soluzione… La soluzione spaventosa, terribile.
Sulla Luna, non essendoci un’atmosfera che ne disperda le particelle, una nube di polvere resta piccola e compatta e ricade scomparendo in un batter d’occhio. E la cosa capace di sollevare una nuvola di polvere in quella desolata solitudine non poteva essere che una: l’impatto di una meteorite!
Larmour era sceso dal veicolo dove si trovava al riparo e si era incamminato allo scoperto sotto una pioggia di meteoriti, senza protezione, esponendosi agli stessi rischi che se si fosse trovato sotto una sventagliata di proiettili. Imprecando contro la propria idiozia, e la mancanza di esperienza, si rialzò e corse goffamente, barcollando, verso il mezzo cingolato.
Un quadrimotore antiquato stava pazientemente avanzando attraverso i cieli bui della Groenlandia settentrionale. Nel tambureggiante ventre cilindrico dell’aereo, Denis Soderman era intento a maneggiare il suo apparecchio di registrazione regolando qua e là una manopola, in modo da mantenere nella più perfetta efficienza i sensori di ricerca, automatici e a vastissimo raggio, dell’aeroplano. Lavorava con l’astratta capacità dell’uomo che conosce l’importanza del suo lavoro, ma che è convinto di restare escluso da compiti più elevati.
Poco più oltre, l’"anziano", il dottor Cosgrove, sedeva davanti a un banco improvvisato, e faceva scorrere tra le dita un rotolo di nastro di carta grigia, col gesto di un sarto che prende le misure per un abito. Il suo viso ancora giovane aveva un aspetto invecchiato e stanco, alla luce clinica del tubo fluorescente inserito nel soffitto.
— Non ci occorre aspettare il responso del calcolatore, per valutare questa roba, Denis — disse Cosgrove. — Il flusso dei corpuscoli solari è il doppio del normale. Non ho mai visto registrazioni simili, anche nei momenti di massima attività solare. La fascia di Van Allen deve assorbirli come una spugna, e con i rapporti relativi a una fluttuazione nella costante solare che ci ha mandato oggi il MIT, pare…