Читаем Il quinto giorno полностью

«Di batteri che si nutrono di metano», la corresse lui. «Un sistema simbiotico particolarmente complicato che ti possono spiegare meglio persone più esperte di me. Ma ciò vale per il verme che credo sia imparentato col tuo. Non posso dire nulla di più.»

«Se è più grande di quello del golfo del Messico, allora ha anche più appetito», borbottò Tina.

«Sicuramente più di te», osservò Johanson, guardando il piatto davanti alla donna. «Comunque mi sarebbe d'aiuto se potessi fornirmi altri esemplari della specie.»

«Non mancano di certo.»

«Ne avete altri?»

Tina annuì, con una singolare espressione negli occhi. Poi iniziò a mangiare. «Una dozzina. Ma sulla scarpata ce ne sono molti di più», rispose.

«Molti?»

«Approssimativamente…» Fece una pausa, quindi concluse: «Be', direi qualche milione».

12 marzo

Vancouver Island, Canada

I giorni passavano, ma la pioggia non cessava.

Leon Anawak non riusciva a ricordare l'ultima volta che aveva piovuto così tanto. Guardò fuori, verso l'oceano piatto e uniforme. L'orizzonte era come una linea di argento vivo tra la superficie dell'acqua e le incombenti masse nuvolose. Laggiù sembrava profilarsi una pausa dopo giorni di scrosci ininterrotti, ma di più non si sapeva. Poteva anche scendere la nebbia. L'oceano Pacifico mandava quello che voleva, in genere senza preavviso.

Senza perdere di vista la linea dell'orizzonte, Anawak accelerò la velocità del Blue Shark e avanzò. Lo zodiac — così erano chiamati i grandi gommoni dotati di potenti motori — era completamente occupato: dodici persone in tuta antipioggia, armate di binocoli e videocamere. E quella gente si stava ormai perdendo d'animo. Da oltre un'ora e mezzo era in attesa delle balene grigie e delle megattere che in febbraio avevano lasciato la Bassa California e le acque calde intorno alle Hawaii per spostarsi in massa nella zona estiva di nutrimento: l'Artico. Ogni volta percorrevano sedicimila chilometri. Il loro viaggio le portava dal Pacifico, attraverso il mare di Bering, al mare dei Ciukci fino al limite del pack, il paese della cuccagna, dove si riempivano la pancia di granchi e gamberetti. Quando le giornate tornavano ad accorciarsi, riprendevano a ritroso il lungo viaggio verso il Messico. Lì, protette dalle orche, i loro peggiori nemici, mettevano al mondo i piccoli. Due volte all'anno, i branchi degli enormi mammiferi marini passavano dalla British Columbia e dalle acque prospicienti Vancouver Island; erano mesi in cui nelle stazioni di osservazione delle balene, in località come Tofino, Ucluelet e Victoria, si registrava il tutto esaurito.

Quell'anno non era così.

Già da tempo gli esemplari delle due specie avrebbero dovuto mostrare la testa o la coda per le foto d'obbligo. In quel periodo, la possibilità di vedere le balene era così elevata che la Davies Whaling Station garantiva un secondo viaggio gratis nel caso non se ne fossero viste. Ma due ore senza avvistamenti erano indice di un giorno proprio sfortunato. Una settimana poteva offrire qualche motivo di preoccupazione, però una cosa simile non era mai capitata: sembrava che le balene si fossero perse da qualche parte tra la California e il Canada. Anche per quel giorno, insomma, niente di niente. Le videocamere erano riposte e a casa non ci sarebbe stato nulla da raccontare, se non la navigazione nei pressi di una magnifica costa rocciosa… peccato che fosse nascosta da una cortina di pioggia.

Abituato a fornire spiegazioni durante gli avvistamenti, Anawak si sentiva la lingua incollata al palato. Nel corso dell'ultima ora e mezzo aveva raccontato la storia della regione e gli aneddoti migliori nel tentativo di non deprimere ulteriormente i turisti. Ma ormai sembrava che nessuno volesse più saperne di cetacei e orsi bruni. Le sue manovre diversive di riserva erano terminate e lui si chiedeva dove diavolo fossero finite le balene. In realtà si sarebbe dovuto preoccupare dei turisti che avevano pagato, ma al momento non poteva far nulla per loro.

«Torniamo indietro», decise.

Silenzio di delusione. Il viaggio di ritorno attraverso il Clayoquot Sound richiedeva almeno tre quarti d'ora e tutti erano bagnati fin nelle ossa. Ma lo zodiac disponeva di due potenti motori che, spinti al massimo, garantivano un viaggio adrenalinico e l'unica cosa che Anawak ormai poteva offrire ai clienti era il brivido della velocità.

Smise di piovere non appena comparvero le case di Tofino e il molo della Davies Whaling Station. Le colline e le sagome delle montagne sembravano ritagliate nel cartone grigio, le cime erano avvolte dalla foschia e dalle nuvole. Prima di ormeggiare lo zodiac, Anawak aiutò i passeggeri a scendere, perché la scaletta che conduceva al molo era scivolosa. Sulla terrazza dell'edificio della stazione si era già radunato il gruppo successivo, in attesa di un'avventura che non ci sarebbe stata. Ma Anawak non se ne curava più. Era stanco di preoccuparsi degli altri.

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