Controllò la posta, fece una serie di telefonate rimandate da tempo e infine portò in laboratorio il contenitore coi vermi. Si trattava di policheti, senza dubbio. Appartenevano al tipo degli anellidi, come le sanguisughe, e in fondo non erano una forma di vita particolarmente complessa. Il motivo per cui affascinavano gli zoologi era di tutt'altra natura. I policheti erano una delle più antiche forme di vita conosciute; i ritrovamenti fossili dimostravano che esistevano in una forma pressoché invariata già dal Medio Cambriano, cioè da circa cinquecento milioni di anni. Abitavano negli abissi marini, ne smuovevano i sedimenti ed erano il nutrimento per pesci e granchi. La maggior parte degli uomini ne era disgustata, soprattutto perché gli esemplari conservati nell'alcol perdevano i loro splendidi colori. Johanson, invece, vedeva in loro i sopravvissuti di un mondo sommerso e gli sembravano di una bellezza unica.
Guardò per qualche istante i corpi rosa con le escrescenze tentacolari e i bianchi ciuffi setolosi. Poi innaffiò entrambi i vermi con una soluzione di cloruro di magnesio, per distenderli. C'erano diversi modi per uccidere un verme. Il più comune era metterli nell'alcol, nella vodka o nell'acquavite. Per l'uomo si sarebbe trattato di una morte in stato di ebbrezza… non il modo peggiore per crepare, insomma. I vermi la vedevano in modo diverso e, se prima non li si distendeva, nella lotta contro la morte essi si trasformavano in un duro groviglio. Col cloruro di magnesio, invece, i muscoli degli animali si distendevano, potendo così operare in piena libertà.
Per precauzione, Johanson congelò uno dei due vermi. Era sempre bene tenere un esemplare di riserva nel caso si volessero fare analisi genetiche o determinare il numero degli isotopi stabili. Immerse nell'alcol il secondo verme, lo osservò ancora un po', lo distese sul piano di lavoro e lo misurò. Era quasi diciassette centimetri. Poi lo tagliò per il lungo ed emise un leggero fischio. «Ragazzo mio, hai proprio dei bei dentini», borbottò.
Anche all'interno, il verme mostrava la caratteristica struttura degli anellidi. La proboscide, che i policheti potevano estrarre velocissimamente per catturare una preda, era ritratta nell'involucro protettivo. Il verme era inoltre dotato di mascella chitinosa, con diverse file di minuscoli denti. Johanson aveva già esaminato molte creature simili, ma quella mascella superava per dimensioni tutte quelle che conosceva. Più osservava quel verme, più s'insinuava in lui il sospetto che quella specie non fosse ancora stata classificata.
Non ne era ancora sicuro, così consultò intranet e frugò per un po' nella giungla dei dati. In effetti era sorprendente: quel verme c'era e, nel contempo, non c'era. Pian piano Johanson fu preso dalla curiosità. Era così affascinato dal suo lavoro che quasi si dimenticò del motivo per cui stava facendo quegli esami. Infatti fu costretto a precipitarsi verso la caffetteria dell'università, lungo i viali con le coperture di vetro, perché era in ritardo di un quarto d'ora. Entrò di corsa e, a un tavolo nell'angolo, vide Tina, che gli stava facendo un cenno. La raggiunse. «Mi dispiace… È tanto che aspetti?» chiese.
«Ore e ore. Sto morendo di fame.»
«Possiamo prendere lo spezzatino di tacchino. La settimana scorsa era ottimo», consigliò lui.
Tina annuì. Chi conosceva Johanson, sapeva che in fatto di gusti era più che affidabile. Lei ordinò una Coca-Cola e lui si concesse un bicchiere di Chardonnay. Mentre Tina si agitava sulla sedia, Sigur, impassibile, continuava ad annusare il bicchiere per sentire se il vino aveva odore di tappo.
«Allora?» chiese lei.
Sigur bevve un sorso e schioccò le labbra. «Come deve essere: fresco e intenso.»
Tina lo guardò senza capire. Poi strabuzzò gli occhi.
«Molto buono.» Johanson posò il bicchiere e accavallò le gambe. In un certo senso, si divertiva a mettere alla prova la pazienza di Tina. Se la meritava, quella tortura, visto che aveva avuto la faccia tosta di presentarsi da lui il lunedì mattina con del lavoro da fare. «Anellidi, classe dei policheti… Ma questo lo sapevamo già. Non ti aspetti mica un rapporto completo, vero? Richiederebbe settimane o mesi. Per il momento, potrei classificare i tuoi due esemplari come mutazione o nuova specie. Oppure entrambe le cose.»
«Non sei molto preciso.»
«Perdonami. Dove li avete trovati, esattamente?»
Tina gli descrisse il luogo. Si trovava a una notevole distanza dalla terraferma, là dove lo zoccolo continentale norvegese scendeva a strapiombo nelle profondità marine.
Johanson ascoltava, pensieroso. «Posso chiedere che cosa ci fate da quelle parti?» domandò.
«Analizziamo i merluzzi.»
«Oh! Ce ne sono ancora? Mi fa piacere.»
«Che spiritoso. Sai bene quali sono i problemi che s'incontrano nell'estrazione del petrolio. Non vogliamo essere accusati di aver trascurato qualche dettaglio.»