Johanson sorrise. Tina Lund lavorava per la Statoil ed era impegnata nei centri di ricerca della Sintef. La fondazione Sintef era una delle più grandi strutture di ricerca indipendenti d'Europa e le industrie norvegesi offshore dovevano proprio alla Sintef il loro sviluppo nei settori più all'avanguardia. Era principalmente grazie alla stretta collaborazione tra la Sintef e l'NTNU che Trondheim si era guadagnata la fama di centro per le tecnologie sperimentali. Gli impianti della Sintef erano distribuiti in tutta la zona. E Tina Lund, che nel corso di una breve e rapida carriera era diventata vice capo progetto per la scoperta di nuovi giacimenti petroliferi, da alcune settimane aveva piantato le tende al Marintek, l'Istituto di tecnologie marine, di fatto una succursale della Sintef.
Mentre si levava il cappotto, Johanson osservò la figura alta e slanciata della donna. Tina gli piaceva. Alcuni anni prima tra loro era sbocciato l'amore, ma solo per poco: si erano resi subito conto che sarebbe stato meglio lasciar perdere e mantenere soltanto una buona amicizia. Da allora, si scambiavano informazioni sul lavoro e ogni tanto andavano a mangiare insieme.
«Gli uomini anziani devono farsi delle belle dormite», ribatté Johanson. «Vuoi un caffè?»
«Se c'è.»
Guardò nell'ufficio della segreteria e ne trovò una caffettiera piena. La sua segretaria non c'era.
«Solo latte», gridò Tina.
«Lo so.» Sigur Johanson versò il caffè in due grandi tazze e in una aggiunse il latte, poi tornò nel suo ufficio. «So tutto di te. Te ne sei dimenticata?»
«Non sei arrivato al punto di conoscermi così a fondo.»
«No, grazie al cielo. Siediti. Come mai sei qui?»
Tina prese il caffè e ne bevve un sorso, ma non fece neppure il gesto di sedersi. «Per un verme, credo.»
Johanson aggrottò le sopracciglia e la osservò. Tina ricambiò lo sguardo come se si aspettasse una presa di posizione ancor prima di sentire la domanda. Aveva un temperamento impaziente.
Lui bevve un sorso. «Credi?»
Invece di rispondere, lei prese dal davanzale della finestra un contenitore di acciaio smerigliato e lo appoggiò sulla scrivania davanti a Johanson. «Guarda dentro.»
Lui sbloccò la chiusura e sollevò il coperchio. Il contenitore era per metà pieno d'acqua, nella quale si attorcigliava qualcosa di lungo e peloso. Lo osservò con attenzione.
«Hai idea di cosa sia?» chiese Tina.
Lui scrollò le spalle. «Vermi. Due esemplari. Davvero magnifici.»
«Anche noi siamo della stessa opinione. È la specie che ci fa impazzire.»
«Voi non siete biologi. Sono policheti.»
«Lo so, che sono policheti.» Tina esitò. «Li puoi esaminare e classificare? Ci servirebbero dei dati il prima possibile.»
«Certo.» Johanson si chinò sul piccolo contenitore. «Come ho già detto, sono senza dubbio policheti. E anche belli. Tutti colorati. Il fondale marino è abitato da animaletti simili. Ma non ho idea di che specie siano. Perché vi preoccupano?»
«Se solo lo sapessimo…»
«Non lo sapete?»
«Arrivano dal margine continentale. Da settecento metri di profondità.»
Johanson si grattò il mento. Gli animali nel contenitore guizzavano e si attorcigliavano. Volevano mangiare, pensò lui, però lì non c'era niente. Trovava singolare che fossero ancora vivi. La maggior parte degli organismi soffriva quando veniva portata in superficie da una simile profondità. Sollevò lo sguardo. «Posso provarci. Domani va bene?»
«Sarebbe l'ideale.» Tina fece una pausa, poi riprese: «Hai notato qualcosa, vero? Ti si legge negli occhi».
«Forse.»
«Che cosa?»
«Non posso dirlo con sicurezza. Non sono un classificatore di specie, non sono un tassonomo. Ci sono policheti di tutti i colori e di tutte le forme possibili. Non ne conosco tutta la gamma, però ne conosco una buona quantità. Questi qui mi sembrano… Non lo so, appunto, non lo so.»
«Peccato.» Il viso di Tina si rabbuiò, ma subito dopo lei sorrise. «Perché non li esamini subito e a pranzo mi dici il tuo parere?»
«Così in fretta? Credi che non abbia niente da fare?»
«Se penso a che ora sei arrivato, non posso credere che tu sia sommerso di lavoro.»
Sfortunatamente aveva ragione. «Va bene», sospirò Johanson. «Possiamo trovarci all'una nella caffetteria. Dovrei tagliarne dei pezzettini… Posso farlo oppure avevi intenzione di stringere amicizia con loro?»
«Fa' come credi. A dopo, Sigur.» Tina uscì in fretta. Johanson la seguì con lo sguardo e si chiese se una storia con lei non sarebbe stata divertente. Ma Tina viveva di corsa. Troppo frenetica per uno come lui che amava la tranquillità e odiava rincorrere gli altri.