«Oh, non l'ho ancora conosciuta personalmente», rispose Ford. «È sempre in volo nella zona.»
«Non sapevo che gli Stati Uniti e il Canada avessero unificato le unità di crisi.»
«Non devi sapere tutto. Tu sei un biologo.»
«Ti ha intervistato qualcuno sugli attacchi delle balene?»
«Ci sono state delle proposte, ma poi si sono arenate. Hanno richiesto più volte la tua presenza in televisione.»
«Ah, sì? E perché nessuno…»
«Leon…» Ford sembrava ancora più stanco che al mattino. «Che ti devo dire? Judith Li ha bloccato tutto. Forse è meglio così. Se fai parte di una squadra sfatale o militare, ci si aspetta che tu tenga la bocca chiusa. Tutto quello che fai è vincolato al segreto.»
«E perché noi possiamo scambiarci informazioni liberamente?»
«Perché siamo sulla stessa barca.»
«Ma quella soldatessa racconta stronzate! Come per la
«Leon…» Ford sbadigliò. «
«Adesso non cominciare.»
«Non lo faccio. Sono convinto almeno quanto lo sei tu che le cose si siano svolte esattamente come ha detto il tuo Mister Roberts, quello della Inglewood. Tuttavia rifletti: un'invasione di mitili, strani animaletti mai descritti dalla scienza, una disgustosa sostanza viscida, una balena che salta su una gomena… Questo è ciò che esce dal tuo caso
Anawak rimase in silenzio. «Perché la Inglewood mi ha tagliato fuori?» chiese infine.
«Non ne ho idea.»
«Qualcosa dovresti saperlo. Tu sei il responsabile della raccolta dati.»
«Certo! E per questo sul mio tavolo sono impilati quintali di dossier. Accidenti, Leon, non lo so! Ci tengono a stecchetto.»
«Anche la Inglewood e l'unità di crisi sono sulla stessa barca.»
«Eccome. Potremo discuterne per ore, ma vorrei finire quei maledetti video e ci vorrà molto più tempo di quanto credessi. Uno dei nostri è ha letto col mal di pancia. E tanti saluti. Non potremo vederci prima di stanotte.»
«Dannazione», sibilò Anawak.
«Stammi bene. Ti chiamo io, okay? Oppure chiamo Alicia nel caso tu voglia fare un pisolino…»
«Sono raggiungibile.»
«A proposito, Alicia sta migliorando, non trovi?»
Certo che stava migliorando. S'impegnava molto più di quanto si potesse sperare. «Sì», borbottò Anawak. «Non è male. Posso fare qualcosa?»
«Riflettere. Potresti andare a fare una passeggiata o interpellare qualche capo tribù nootka.» Ford sorrise controvoglia. «Di certo gli indiani sanno qualcosa. Sarebbe fantastico se improvvisamente ti raccontassero che tutto questo è già successo millenni fa.»
Terminata la conversazione, Anawak fissò il televisore acceso.
Dopo qualche minuto, iniziò a camminare avanti e indietro per la stanza. Il ginocchio gli doleva, ma lui non si fermò, come se volesse punirsi per non essere perfettamente in forma.
Continuando così, sarebbe caduto in paranoia. Già era tormentato dal sospetto che qualcuno lo volesse tagliare fuori. Nessuno lo chiamava e, se non era lui a chiedere, nessuno gli diceva niente. Lo trattavano come un invalido. E poi non riusciva a camminare con scioltezza. Va bene, nell'ultimo periodo erano successe tante cose, forse un po' troppe. Prima era stato scaraventato fuori da una barca, poi da un idrovolante che stava precipitando, okay, okay…
Si sbagliava.
Si fermò davanti alle balene di plastica.
Nessuno stava cercando di tagliarlo fuori. Nessuno lo trattava come un invalido. Ford non gli poteva mostrare nulla finché non avesse finito di esaminare il materiale, e non voleva caricarlo di lavoro, chiamandolo all'acquario per dare una mano. Alicia stava cercando di aiutarlo. Erano premurosi, nulla di più e nulla di meno. Era lui che sì considerava un invalido e non riusciva a sopportarsi.
Che doveva fare?
Cosa poteva fare di straordinario?
Che cosa aveva detto Ford? Di rivolgersi a un capo tribù nootka.