Senza un'automobile, in quel luogo si era perduti. Anawak aveva dovuto chiedere ad alcune persone e per un bel pezzo aveva fatto domande vaghe, perché non riusciva a definire l'oggetto della sua ricerca. Gli avevano detto dove si trovavano i bacini galleggianti perché da lì doveva prendere le mosse per trovare quello che cercava. Nel porto di Vancouver c'erano bacini di tutte le dimensioni, compreso il secondo più grande bacino galleggiante del mondo, capace di sollevare oltre cinquantamila tonnellate. Ma, con sua grande sorpresa, quando le domande erano diventate più precise, Anawak era stato indirizzato al bacino di carenaggio, la darsena artificiale che veniva chiusa per mezzo di paratie prima che l'acqua fosse pompata fuori. Dopo aver sbagliato per due volte la strada, finalmente arrivò alla meta. Parcheggiò la macchina sotto un edificio molto alto, si mise in spalla la sacca sportiva strapiena e si mosse lungo la recinzione, finché non trovò una porta scorrevole leggermente aperta. Da lì scivolò all'interno.
Davanti a lui c'era un'area acciottolata, circondata da baracche. Subito dopo, sembrava che, dal terreno, salissero le sovrastrutture di una gigantesca nave. La
Mentre osservava attentamente lo spiazzo illuminato, Anawak si chiedeva se quello che si accingeva a fare non fosse inutile. La barca era in secca da settimane; probabilmente le incrostazioni erano state tolte e, con esse, tutto ciò che vi era nascosto dentro. Eventuali residui negli interstizi e nelle fessure dovevano essersi seccati ormai da tempo. Della cosa nascosta tra i mitili non era sicuramente rimasto nulla. In fondo, lui non sapeva cosa voleva ottenere dall'ispezione alla
La «cosa» dello scafo.
Era piccola, grande al massimo come una razza o una seppia. L'organismo aveva emesso una luce a lampi. Lo facevano molti abitanti del mare: cefalopodi, meduse, pesci degli abissi… Tuttavia Anawak era convinto di aver rivisto quel lampo quando aveva osservato con Ford le riprese dell'URA. La nuvola luminosa era molto più grande della «cosa», ma quello che era avvenuto al suo interno gli aveva ricordato in maniera sorprendente l'esperienza fatta sotto lo scafo della
Osservò lo spazio circostante con maggiore attenzione e, un po' in disparte, vide diversi fuoristrada parcheggiati davanti a una delle baracche. Le finestre erano illuminate. Rimase immobile. Erano veicoli militari. Che ci facevano lì i militari? Improvvisamente si rese conto che si trovava nel mezzo di uno spiazzo illuminato e si mise a correre, chino in avanti. Si fermò solo al bacino di carenaggio. Era così concentrato sulla presenza dei militari che, per qualche secondo, rimase a fissare il bacino senza rendersi conto di quello che vedeva. Poi spalancò gli occhi per la sorpresa. Dimenticò i veicoli e si avvicinò.
Il bacino era pieno.
La
Anawak si mise in ginocchio e fissò l'acqua nera.
Perché l'avevano riempito? Avevano finito di riparare il timone? Ma allora avrebbero potuto portare fuori la
Rifletté.
E improvvisamente comprese.
Per l'eccitazione, fece scivolare a terra la borsa così velocemente che provocò un gran rumore. Spaventato, guardò lungo il molo deserto. Il cielo si scuriva a vista d'occhio. Fasci luminosi rischiaravano il bacino con una fredda luce verdastra. Anawak si mise in ascolto, in attesa di sentire dei passi, ma udì solo i rumori della città, portati fin lì dal vento.
Poi, scrutando il bacino pieno, fu assalito dai dubbi. A spingerlo fin lì era stata la rabbia scatenata dalla reticenza dell'unità di crisi, ma chi era lui per mettere in discussione quelle decisioni? Stava facendo un'azione da Rambo, probabilmente troppo grande per lui. Prima non ci aveva pensato.
D'altra parte, ormai era lì. Cosa poteva mai succedere? Nel giro di venti minuti sarebbe sparito, portandosi appresso qualche informazione.