Anawak aprì la sacca sportiva. C'era tutto. Non aveva escluso la possibilità di doversi immergere. Se la
Era perfetto!
Si liberò dei jeans e del resto del vestiario, prese la maschera, le piane, la torcia elettrica e un contenitore che si fissò ai fianchi. La custodia del coltello, legata a una gamba, completava l'attrezzatura. Non avrebbe avuto bisogno dell'ossigeno. Nascose la sacca sotto un blocco per gli ormeggi. Con l'equipaggiamento stretto sotto il braccio, si affrettò lungo il bacino, finché non raggiunse una scaletta che conduceva verso il basso. Lanciò un'ultima occhiata al molo. Le finestre della baracca erano sempre illuminate. Non si vedeva nessuno. Veloce e silenzioso, scese la scaletta, s'infilò maschera e pinne e si lasciò scivolare in acqua.
Un freddo tagliente gli arrivò fin nelle ossa. Senza la tuta di neoprene doveva fare in fretta; a ogni buon conto, non aveva intenzione di restare a lungo sott'acqua. Con potenti colpi di pinna s'immerse e, con la torcia accesa, si diresse verso la carena. L'acqua era un po' meno torbida rispetto alla precedente immersione nel bacino del porto e lui vedeva chiaramente davanti a sé lo scafo d'acciaio. La luce della lampada faceva risplendere la vernice rossa. Passò le dita sulla superficie, si bloccò per un attimo, si staccò e riprese a nuotare.
Solo pochi metri più avanti, la parete spariva sotto una spessa incrostazione di cozze.
Affascinato, continuò a nuotare. La carena era incrostata esattamente come prima. Dopo aver percorso circa la metà della distanza dalla prua, gli sembrò addirittura che le incrostazioni fossero aumentate. Allora non le avevano staccate! Avevano studiato il materiale e quello che poteva nascondersi dentro direttamente sulla nave. Ecco perché la
Improvvisamente Anawak comprese anche il motivo dei veicoli militari. Se Nanaimo, come istituto civile, era stato tagliato fuori, ciò significava una cosa sola. L'esercito aveva avocato a sé le ricerche. Tutto il resto procedeva a porte chiuse.
Anawak esitò, di nuovo assalito dai dubbi. Era ancora in tempo per lasciar perdere. Poi scacciò quel pensiero. Non gli sarebbe servito molto tempo. Estrasse velocemente il coltello e cominciò a staccare alcune cozze. Faceva attenzione a non danneggiarle: toglieva gli animali passando con cautela la lama sotto il bisso filamentoso e li staccava con un colpo deciso. Concentrato e sistematico. Nel suo contenitore, finivano un mitilo dopo l'altro. Bene. Sue gli avrebbe gettato le braccia al collo.
Il bisogno di respirare divenne opprimente. Anawak rinfoderò il coltello e riemerse per prendere fiato. Nei suoi polmoni penetrò il freddo. Sopra di lui si levava lo scafo, ritto e scuro. Respirò diverse volte profondamente. Doveva cercare un punto simile a quello da cui si era scagliata contro di lui quella cosa lampeggiante. Forse quell'essere si nascondeva ancora tra le incrostazioni. Stavolta sarebbe stato pronto.
Mentre si stava preparando a immergersi, sentì alcuni passi leggeri.
Si voltò, sbirciando oltre il bordo del bacino. Due figure lo stavano percorrendo ed erano a metà strada tra due lampioni.
Guardavano in basso.
Senza far rumore, si lasciò sprofondare sotto la superficie dell'acqua. Probabilmente erano guardiani. O lavoratori che avevano fatto tardi. Sicuramente c'erano molte persone con un buon motivo per passare di lì a quell'ora. Avrebbe dovuto fare molta attenzione nel lasciare il bacino.
Poi gli venne in mente che, sebbene lui fosse sott'acqua, la luce della torcia rimaneva visibile.
La spense. Fu circondato dall'oscurità.
All'altezza dell'ancora, si lasciò di nuovo sprofondare e toccò prudentemente la parete. Anche lì i mitili formavano bizzarre incrostazioni. Cercava una fessura o una grande cavità, ma non trovò nulla del genere. L'ideale sarebbe stato prenderne altri e poi sparire velocemente. A causa della fretta, staccò gli animali con minor cura. Le mani gli tremavano. Si rese conto che il suo era un piano da dilettante. Aveva un freddo terribile e la punta delle dita era quasi insensibile.
La punta delle dita…