Alcuni anni prima, la Statoil aveva creato un settore che doveva occuparsi della sperimentazione di nuove tecnologie. Stone si era reso immediatamente conto delle possibilità insite nell'imminente messa in opera di stazioni automatizzate per l'estrazione. Dopo aver sottoposto ai vertici dell'azienda una serie di proposte, gli era stata affidata la costruzione di una stazione, ideata dalla rinomata industria tecnologica FMC Kongsberg. In quel periodo, le stazioni sottomarine non erano una novità, ma il prototipo Kongsberg proponeva un sistema totalmente innovativo, economico e in grado di rivoluzionare le estrazioni offshore. Il governo ne era a conoscenza e approvava la costruzione, ma non in via ufficiale. E Stone sapeva che l'installazione era stata affrettata. Si temeva che associazioni come Greenpeace, se avessero saputo dell'esistenza di quella stazione, avrebbero richiesto una serie di test supplementari che si sarebbero protratti per mesi, se non per anni. La diffidenza era comprensibile; l'estrazione del petrolio era pur sempre ai primissimi posti nella statistica degli errori umani e delle scelte moralmente discutibili. Nessun groviglio d'interessi tra quelli che percorrevano il pianeta teneva gli ambientalisti col fiato sospeso quanto i cosiddetti interessi vitali dell'industria degli oli minerali. Così l'installazione era rimasta un segreto. Anche quando la Kongsberg aveva pubblicato il progetto su Internet, non aveva detto che la Statoil l'aveva già messo in attività. Laggiù negli abissi lavorava un fantasma che non toglieva il sonno ai suoi costruttori soltanto perché funzionava in automatico.
Stone non aspettava altro. Dopo infinite serie di test, si era convinto di aver escluso ogni rischio. A che cosa sarebbero serviti ulteriori esperimenti? I risultati ottenuti avrebbero soddisfatto anche la tipica insicurezza che lui credeva di scorgere nei colossi industriali a conduzione statale e che disprezzava. C'erano inoltre due fattori che escludevano ogni dilazione. Il primo era l'aumento delle possibilità di Stone di entrare, in quanto precursore tecnologico, negli spaziosi uffici del management board. Il secondo era che la guerra del petrolio, nonostante la strumentalizzazione della politica internazionale e gli attacchi armati per il controllo di Stati sovrani, minacciava di risolversi in una sconfitta per tutte le parti in gioco. In fondo, il problema non era prevedere quando sarebbe uscita l'ultima goccia di petrolio, ma quando l'estrazione non sarebbe più stata economicamente vantaggiosa. Il tipico sviluppo della resa di un giacimento seguiva le leggi della fisica. Dopo la prima perforazione, il petrolio veniva spinto fuori dalla pressione e spesso zampillava per decenni. Col tempo, però, la pressione si riduceva. Sembrava che la terra non volesse più dare il petrolio, che lo trattenesse in minuscoli pori con una pressione capillare. In tal modo, ciò che all'inizio usciva spontaneamente, ora doveva essere estratto con grande spesa. Costava un capitale. La quantità estratta diminuiva rapidamente molto prima che il giacimento fosse esaurito. Sottoterra poteva esserci ancora petrolio, ma, se estrarlo richiedeva più energia di quanta ne procurasse, allora era meglio lasciarlo dov'era.
Era quello il motivo per cui gli esperti dell'energia, alla fine del Secondo Millennio, si erano così clamorosamente sbagliati, affermando che le riserve fossili erano assicurate per decenni. In teoria avevano ragione. La terra era imbevuta di petrolio, ma o non si poteva raggiungere o non c'era proporzione tra le spese e i ricavi.
Questo dilemma, all'inizio del Terzo Millennio, aveva portato a una situazione inquietante. L'OPEC, che negli anni '80 era stata considerata morta e sepolta, festeggiava una rinascita da zombie. Non perché avesse sciolto il dilemma, ma semplicemente perché disponeva delle riserve maggiori. Ai Paesi del mare del Nord, che non volevano farsi imporre il prezzo dall'OPEC, restava solo la possibilità di abbassare drasticamente i costi, sfruttando gli abissi marini con stazioni totalmente automatizzate. L'interesse per le profondità abissali doveva però fare i conti con una serie di problemi, a partire dalle condizioni estreme di pressione e temperatura. Per chi fosse riuscito a risolverli, tuttavia, si sarebbero spalancate le porte di un secondo Eldorado. Non in eterno, è vero, ma sufficientemente a lungo per un settore che viveva grazie a un mondo disperatamente dipendente da petrolio e gas.